di Alfredo Battisti
Il 4 novembre è entrata in vigore la legge costituzionale n.1/2021 recante «Modifica all'articolo 58 della Costituzione, in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica», che ha equiparato l’elettorato attivo per entrambi i rami del Parlamento.
La scarsa attenzione dei canali di informazione nella fase di iter legis ha trovato una lievissima attenuazione in concomitanza delle seconde votazioni (il 9 giugno scorso alla Camera; l’8 luglio al Senato) e ha riflettuto la pressoché totale assenza di dibattito politico e sociale. È necessario pertanto – almeno ora che il testo è legge dello Stato – riflettere e analizzare l’intervenuta modifica costituzionale.
L’oggetto della legge costituzionale e il suo iter
La legge costituzionale n.1/2021, nel suo unico articolo[1], si limita ad intervenire sull’art. 58 Cost. sopprimendo la seconda parte del primo comma, nel modo che segue:
«I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età».
di Laura Caldara
Una sola parola ‘Ricominciare’: una parola che invita a riflettere.
E’ fuor di dubbio che nel bel mezzo di una pandemia, senza precedenti, diventa prioritario rimboccarsi le maniche per trovare le giuste strategie e gli strumenti più efficaci ad una celere riorganizzazione del Paese. Scelte da adottare con criterio ed intelligenza, il cui percorso dipenderà in gran parte dal tipo di politiche che il Paese progetterà e implementerà.
Non si tratta di discutere il Recovery Plan avanzando un ennesimo contropiano ma di mettere a fuoco una cultura politica capace di condurre alle domande giuste, nella definizione di una nuova visione dell’Italia. Domande da non lasciare poi sospese nell’aria ma che spingano a ricercare anche le possibili risposte entrando, per quanto possibile, nel merito delle questioni. In questa prospettiva la parola chiave per un’evoluzione e cambio di rotta è: ‘nuova formazione e pensiero politico’.
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Conversazione con Roberto di Giavanpaolo, Direttore di Meridiana Lab
Alessandro Mauriello dialoga con Roberto di Giovanpaolo
Nel momento dell’ipercomlessità sociale( Piero Dominici), schiacciati nel dibattito pubblico verso il quotidiano è sempre più forte l’esigenza di un processo nelle agorà pubbliche di promozione di “cultura politica”, di contenuti che guardino alle prossime generazioni.
I quali costruiscano percorsi di rigenerazione e di nuova classe dirigente, impegnata verso il bene comune e la responsabilità civile, dando “nuova rappresentanza sociale” come afferma Gualtiero Bassetti presidente della Cei, alle istanze civili e civiche che caratterizzano i sistemi sociali attuali, la post pandemia, e i vari temi come sostenibilità ed amicizia sociale, veicolati dal Pontefice nella sua Enciclica “Fratelli tutti”.
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di Ernesto Preziosi
È sotto gli occhi di tutti la crisi che la pratica democratica sta vivendo. Una crisi che ha radici lontane e che oggi viene incorniciata dalla pandemia e dalla sua capacità di accelerare processi e svelare con duro realismo la fragilità di strutture e prassi. A fronte di una situazione di disagio e di un malessere diffuso, le difficoltà della democrazia rischiano di aprire la strada a derive populiste, ad una protesta demagogica e violenta, così come abbiamo visto nell’assalto a Capitol Hill: strade da cui non è facile tornare indietro.
Anche la crisi che si è aperta in queste ore nel nostro Paese, mostra i segni di una personalizzazione della politica, in un quadro deteriorato da molteplici fattori. Pesano sull’oggi il ritardo di riforme necessarie, a lungo attese e mai realizzate, le difficoltà di una maggioranza eterogenea costruita senza una convergenza programmatica e una visione comune. Un quadro nel quale resta ancora oggi senza risposta la domanda di fondo di buona politica, che non emerge da un processo di costruzione dell’azione di governo confuso e certo poco partecipato e tanto meno da una crisi della maggioranza parlamentare che manca di non solo di una ragione politica ma più ancora di una direzione.
Leggi tutto: La crisi della democrazia e la buona politica
Is it war? No, solo l’effetto della notizia dello svolgimento del Consiglio supremo di Difesa tra i cospirazionisti.
di Elisabetta Trenta
Da qualche giorno ricevo messaggi allarmati di amici e conoscenti, che si rivolgono a me in qualità di ex ministro della Difesa, perché temono che il nostro Paese stia per entrare in guerra.
Entrare in guerra? Cosa mi sono persa?
Scopro così che circolano dei video nei quali si riporta l’annuncio, comparso il 20 ottobre nella sezione “anticipazioni” del sito del Quirinale, che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha convocato il Consiglio Supremo di Difesa, al Palazzo del Quirinale, per martedì 27 ottobre 2020, alle ore 17.00.
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