di Giorgio Bartolomucci
Nel 1967, cinque Paesi del Sud est asiatico decisero di iniziare un progetto di integrazione regionale che li avrebbe aiutati ad affrontare alcuni dei maggiori problemi di quegli anni. Fra le priorità chiave: la guerra del Vietnam, la guerra fredda, la diffusione del comunismo, il futuro del nuovo stato della Malesia, i rifugiati indo-cinesi, il genocidio in Cambogia e la sua invasione da parte del Vietnam, Gli obiettivi erano chiari e ambiziosi: favorire la stabilità tramite la crescita economica, il progresso sociale e lo sviluppo culturale. Ai giorni d’oggi, l'ASEAN - Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico, consta di dieci paesi membri (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) le cui popolazioni ammontano a quasi il 9% degli abitanti del pianeta. La cosiddetta ASEAN Way definisce un processo decisionale basato sul consenso attraverso una costante consultazione rafforzata; la non interferenza negli affari interni, il rispetto dell'indipendenza, della sovranità e dell’identità nazionale, l’integrità territoriale, la pari rappresentanza e, ultimi ma non meno importante, il riconoscimento della necessità di una risoluzione pacifica delle controversie, la rinuncia all'aggressione e all’uso della forza. Oggi questa parte del mondo è una delle più stabili ed economicamente vivace, ma l'intera regione è stata gravemente colpita dalla pandemia del Covid-19.
Leggi tutto: The ASEAN Way and a Sustainable Development
di Franco Danieli
Chiunque abbia frequentato i due Paesi e si sia correttamente informato, può agevolmente constatare come i valori - e le regole - posti a fondamento dell’Unione Europea siano regolarmente e grandemente violati; furbizia e corruzione, appalti pubblici non trasparenti, controllo dei mezzi d’informazione, giudici sottoposti all’esecutivo, limitazioni alla libertà di espressione e all’insegnamento, repressione del dissenso e così continuando, sono le caratteristiche principali dei due Stati ex “cortina di ferro”.
Ora nel momento in cui l’Unione e soprattutto il suo Parlamento decidono finalmente di condizionare i trasferimenti economici al rispetto dei comuni principii dello “stato di diritto” i governi dei due Paesi giocano d’azzardo, proclamando di “non accettare indebite intromissioni negli affari interni” e ponendo il veto al bilancio pluriennale, di cui sono tra l’altro tra i principali beneficiari.
Leggi tutto: L’azzardo europeo dei regimi di Polonia e Ungheria
di Giuseppe Morabito
Il 15 novembre è stato firmato, dopo otto anni di negoziati, senza una seppur minima copertura mediatica probabilmente in conseguenza del focalizzarsi di tutti i media sulle notizie concernenti la pandemia da Covid-19, un accordo che potrebbe potenzialmente cambiare il futuro economico e strategico dell’Europa e di tutto il mondo occidentale. E’, infatti, stato deciso di dare vita alla Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP).
Si tratta di un accordo economico-commerciale tra i dieci Paesi dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico) più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda. Quest’accordo storico, segna la costituzione del blocco commerciale e d’investimento più grande al mondo, in grado di rivoluzionare la geopolitica della regione e i rapporti tra gli Stati dell’Est asiatico.
Leggi tutto: La partnership asiatica. Un’opportunità per uscire dalla crisi?
La storia delle relazioni non cambia anche in tempi di pandemia.
di Giuseppe Morabito
Da moltissimi anni, cioè dalla separazione, di fatto, in due stati, i rapporti politici di Taiwan con la Cina restano quantomeno problematici in conseguenza della decisione del governo di Pechino di continuare a considerare l'isola come parte del suo territorio e non come un paese indipendente e democraticamente all’avanguardia. Una delle conseguenze di tale posizione sta nel fatto che la Cina ha ottenuto, nel tempo, l’esclusione quasi totale di Taiwan dalle organizzazioni e dai forum internazionali.
Fa eccezione forse solo la NATO che, ad esempio, permette a funzionari taiwanesi di partecipare ai corsi di formazione al NATO Defence College d Roma. Certamente se gli organizzatori dei forum e la maggior parte dei paesi partecipanti esprimessero almeno il loro sostegno a Taiwan nel senso di favore alla sua presenza nei forum internazionali stessi, questo potrebbe avere un ruolo fondamentale nel promuovere l'obiettivo perseguito dalla democratica Taiwan e quindi vedere i suoi rappresentanti prendere parte alle riunioni delle organizzazioni internazionali in modo pragmatico ed efficace.
Leggi tutto: Taiwan, Interpol e... la Cina
di Guido Lenzi
A trent’anni dalla caduta del Muro che aveva irrigidito i rapporti internazionali, contrariamente a quanto qualcuno aveva allora sostenuto, la Storia stenta a riprendere il suo corso. Le regole del gioco, i termini utilizzati, le stesse pubbliche percezioni si stanno alterando. Vi è chi, condonando il comportamento assertivo di Putin, Xi e, finora, di Trump, si rassegna all’apparente ritorno di un multipolarismo che contraddice l’auspicabile multilateralismo, ricostruendo macroscopicamente gli antichi, pericolosi e altrettanto precari, equilibri di potenza.
Leggi tutto: Il ritorno del multilateralismo?