di Giorgio Bartolomucci
Nel 1967, cinque Paesi del Sud est asiatico decisero di iniziare un progetto di integrazione regionale che li avrebbe aiutati ad affrontare alcuni dei maggiori problemi di quegli anni. Fra le priorità chiave: la guerra del Vietnam, la guerra fredda, la diffusione del comunismo, il futuro del nuovo stato della Malesia, i rifugiati indo-cinesi, il genocidio in Cambogia e la sua invasione da parte del Vietnam, Gli obiettivi erano chiari e ambiziosi: favorire la stabilità tramite la crescita economica, il progresso sociale e lo sviluppo culturale. Ai giorni d’oggi, l'ASEAN - Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico, consta di dieci paesi membri (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) le cui popolazioni ammontano a quasi il 9% degli abitanti del pianeta. La cosiddetta ASEAN Way definisce un processo decisionale basato sul consenso attraverso una costante consultazione rafforzata; la non interferenza negli affari interni, il rispetto dell'indipendenza, della sovranità e dell’identità nazionale, l’integrità territoriale, la pari rappresentanza e, ultimi ma non meno importante, il riconoscimento della necessità di una risoluzione pacifica delle controversie, la rinuncia all'aggressione e all’uso della forza. Oggi questa parte del mondo è una delle più stabili ed economicamente vivace, ma l'intera regione è stata gravemente colpita dalla pandemia del Covid-19.
La ripresa economica rappresenta però una nuova sfida alla coesione e alla condivisione di "One Vision, One Identity, One Community". Un motto ambizioso per Paesi fra loro molto diversi, date le variazioni di popolazioni, redditi, sistemi politici e livelli di crescita. Cinquant'anni fa, lo sviluppo sostenibile non era all'ordine del giorno, né per i singoli stati, né per l'ASEAN come gruppo, ma pochi anni fa fu lanciata l'ASEAN Community Vision 2025, che sottolineava l’importanza attribuita alla protezione ambientale, ai cambiamenti climatici, alle tecnologie verdi, e tutti i dieci paesi sottoscrissero gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite. Tuttavia, secondo un report delle Nazioni Unite, nessuno sembra aver intrapreso un percorso virtuoso per raggiungerli entro il 2030. Secondo molti osservatori l’ostacolo principale per l'attuazione di programmi ambientali efficaci consisterebbe proprio nel principio di non interferenza nella sovranità altrui. Gli impegni presi a livello a livello nazionale all’interno dell'ASEAN non sono vincolanti e senza il consenso di tutti i membri, non è possibile intraprendere alcuna azione comune. In questo modo, nel complesso, questa forma di regionalismo non ha permesso, per esempio, di affrontare efficacemente questioni ambientali transfrontaliere. Le priorità nazionali spingono a concentrarsi sull'utilizzo della collettività a beneficio dei singoli stati membri. La regione, in maniera diversa, fa molto affidamento sull'agricoltura, le risorse naturali e la silvicoltura per il sostentamento di gran parte della popolazione e, nonostante molti di questi settori siano minacciati dall'aumento delle temperature, dalla diminuzione delle precipitazioni e dall'innalzamento del livello del mare, gli interessi nazionali sembrano prevalere. Troppo facile pensare che l'impegno dell'ASEAN per il raggiungimento degli SDG sia poco soltanto retorica perché in tal modo si trascura la complessità delle sfide spesso legate a disastri naturali, siccità, inondazioni e cicloni tropicali che stanno drammaticamente aumentando sia per intensità che frequenza, producendo un considerevole impatto negativo sulle economie dei paesi colpiti. Sarebbe altresì ingiusto non riconoscere che, per molti aspetti l'ASEAN Way è servita a mantenere la coesione e la cooperazione nonostante le ricordate diversità e una storia millenaria di conflitti locali. Oggi però, la natura transfrontaliera di molte delle principali sfide poste da uno sviluppo sostenibile, e gli impatti sociali ed economici della pandemia COVID-19, pongono i paesi dell'Asean a una scelta migliore perché la distruzione della natura e nuove ed emergenti minacce - cambiamenti climatici, instabilità economica e finanziaria, resistenza agli antibiotici, reti criminali transnazionali e terrorismo, fragilità informatica, volatilità geopolitica e conflitti - incidono impetuosamente nelle politiche di sviluppo nazionali e comunitarie. I paesi Asean possono svolgere un ruolo nel centrale del cambiamento verso un futuro globale sostenibile in estremo oriente. I passi con cui procedere prevedono almeno tre transizioni maggiori, che possono invertire alcuni degli impatti ambientali e sociali negativi per la crescita. Il primo: più energia rinnovabile. Se è vero che COVID-19 ha provocato il caos socio-economico, la ripresa offrirà un'opportunità unica per accelerare la transizione verso la crescita verde. Il solare e l'eolico, la capacità di stoccaggio, sono ora più economici da costruire rispetto alle centrali a carbone e ad altre infrastrutture per i combustibili fossili. L'energia rinnovabile ridurrà la povertà energetica garantendo nuovi posti di lavoro e accesso a basso costo all'energia, riducendo così anche gli squilibri commerciali nelle nazioni più piccole alle prese con gli acquisti di combustibili fossili. Per ora i paesi del sud-est asiatico, al di là dell’esperienza del Vietnam che mostra come politiche efficaci possano favorire le industrie rinnovabili nazionali, sono in ritardo rispetto al resto del mondo. Ci sono ancora milioni di persone che non hanno accesso a un'energia affidabile. Eppure, altrove, le micro tecnologie come l'illuminazione solare, la ricarica dei telefoni solari e le microgrid su scala comunitaria stanno già aiutando le famiglie degli slum e delle comunità remote a uscire dalla povertà energetica. Per affrontare appieno la sfida climatica, tutti i paesi ASEAN dovranno affrettarsi a utilizzare energie rinnovabili per alimentare l'industria pesante, la produzione e i trasporti. In questo contesto, l'Italia fin da subito ha l’expertise e il potenziale per avviare partenariati per le energie rinnovabili, costruire centrali elettriche e fornire energia a basso costo alla regione. C'è un'enorme opportunità per creare nuove e vaste industrie manifatturiere onshore e per esportare istruzione e formazione specifiche. Nei prossimi anni, le principali economie di questa regione indirizzeranno miliardi di finanziamenti nazionali e internazionali verso infrastrutture e investimenti aziendali, nel tentativo di recuperare i livelli di crescita economica sperimentati nel recente passato attraverso tecnologie a basse emissioni di carbonio, i cui costi diminuiranno inevitabilmente, poiché la Cina molto investito nell'aumento della loro produzione. Tutti conocrdano che solo una energia pulita, accessibile, a basso costo e sicura, può aiutare gli Stati membri dell'ASEAN a raggiungere i loro obiettivi energetici e climatici, oltre a caratterizzarsi come una chiara opportunità per la diversificazione economica. La seconda opportunità si rivolge alle aziende che possono sfruttare l'innovazione intorno agli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite, migliorando le proprie performance industriali e senza compromettere i rendimenti finanziari. Ciò richiede una più ampia collaborazione tra governi, startup tecnologiche locali e società civile per accelerare le soluzioni tecnologiche globali attorno agli obioettivi sostenibili e il recente riconoscimento da parte ASEAN dell’Italia come Partner di sviluppo può sicuramente contribuire ad accelerare le capacità di innovazione in tutta la regione. L’ultimo passo consiste nel rilanciare la cooperazione internazionale e gli aiuti finanziari allo sviluppo che possono svolgere un ruolo fondamentale, specialmente se combinati con capitali privati e con l’innovazione per finanziare le prime due transizioni. L'Italia e l'Unione Europea, per cogliere efficacemente le opportunità e fare la differenza, devono impegnarsi a dare aiuti per contrastare i cambiamenti climatici, stringendo intese con importanti Enti regionali, oltre l'ASEAN, con la Banca Asiatica di Sviluppo e il Green Climate Fund. Questi investimenti aumenterebbero la prosperità e la stabilità regionali ma assicurerebbero che lo sviluppo sostenibile è realmente al centro di un rinnovato multilateralismo.
In 1967, five Southeast Asian countries decided to start a regional integration project that would help them tackle some of the major problems of those years. Among the key priorities: the Vietnam War, the Cold War, the spread of Communism, the future of the new state of Malaysia, the Indo-Chinese refugees, the genocide in Cambodia and its invasion by Vietnam. The original objectives were clear and ambitious: fostering stability through economic growth, social progress and cultural development. Nowadays, ASEAN - Association of Southeast Asian Nations, consists of ten member countries (Brunei, Cambodia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Philippines, Singapore, Thailand and Vietnam) whose populations amount to almost 9% of the inhabitants of the planet. The so-called ASEAN Way defines a consensus-based decision-making process through constant enhanced consultation, non-interference in internal affairs, respect for independence, sovereignty and national identity, territorial integrity, equal representation and, last but not least, recognition of the need for peaceful dispute resolution, renunciation aggression and the use of force. Today this part of the world is one of the most stable and economically vibrant, but the entire region has been severely affected by the Covid-19 pandemic. Furthermore, the economic recovery represents a new challenge to the cohesion and sharing of the initial "One Vision, One Identity, One Community". An ambitious motto for very different countries, given the variations in populations, incomes, political systems and levels of growth. Fifty years ago, Sustainable Development was not on the agenda, neither for individual states, nor for ASEAN as a group, but ASEAN Community Vision 2025 was launched a few years ago, highlighting the importance attached to environmental protection, climate change, green technologies, and all ten countries signed up to the United Nations Sustainable Development Goals (SDGs). However, according to a United Nations report, no one seems to have embarked on a virtuous path to reach them by 2030. According to many observers, the main obstacle to the implementation of effective environmental programs would consist precisely in the principle of non-interference in the sovereignty of others. Commitments made at national level within ASEAN are not binding and without the consent of all members, no joint action can be taken. In this way, on the whole, this form of regionalism has not allowed, for example, to effectively address cross-border environmental issues. National priorities push to focus on using the community for the benefit of individual member states. The region, in a different way, relies heavily on agriculture, natural resources and forestry for the sustenance of a large part of the population and, although many of these sectors are threatened by rising temperatures, decreasing rainfall and rising sea levels, national interests seem to prevail. Too easy to think that ASEAN's commitment to achieving the SDGs is little only rhetoric, the risk is to overlook the complexity of the challenges often linked to natural disasters, droughts, floods and tropical cyclones that are dramatically increasing in both intensity and frequency, producing a considerable negative impact on the economies of the affected countries. It would also be unfair not to recognize that, in many respects, the ASEAN Way has served to maintain cohesion and cooperation despite diversity and a millennial history of local conflicts. In any case, today, the cross-border nature of many of the major challenges posed by sustainable development, and the social and economic impacts of the COVID-19 pandemic, place Asean countries a better choice. The destruction of nature and new and emerging threats - climate change, economic and financial instability, resistance to antibiotics, transnational criminal networks and terrorism, cyber fragility, geopolitical volatility and conflicts - impact impetuously on national and community development policies. ASEAN countries can play a role in the change towards a sustainable global future in the Far East. The steps to take include at least three major transitions, which can reverse some of the negative environmental and social impacts on growth. The first: more renewable energy. While COVID-19 has caused socio-economic chaos, the recovery will offer a unique opportunity to accelerate the transition to green growth. Solar and wind, storage capacity, are now cheaper to build than coal-fired power plants and other fossil fuel infrastructure. Renewable energy will reduce energy poverty by providing new jobs and cheap access to energy, thereby also reducing trade imbalances in smaller nations grappling with fossil fuel purchases. For now, the countries of Southeast Asia, beyond the experience of Vietnam which shows how effective policies can favor national renewable industries, are lagging behind the rest of the world. There are still millions of people who do not have access to reliable energy. Yet elsewhere in the world, micro technologies such as solar lighting, solar phone charging and community-scale microgrids are already helping families in slums and remote communities out of energy poverty. To fully address the climate challenge, all ASEAN countries will need to rush to use renewable energy to power heavy industry, manufacturing and transportation. In this context, Italy has already the expertise and the potential to start partnerships for renewable energy, build power plants and supply low-cost energy to the region. There is a huge opportunity to create new and vast onshore manufacturing industries and to export specific education and training. In the coming years, the major economies of this region will direct billions of national and international funding towards corporate infrastructure and investments, in an attempt to recover the levels of economic growth experienced in the recent past, through low-carbon technologies, the costs of which will inevitably decrease since China heavily invested supporting their production. Everyone agrees that only clean, accessible, low-cost and safe energy can help ASEAN member states achieve their energy and climate goals, as well as being a clear opportunity for economic diversification. The second opportunity is aimed at companies that can leverage innovation around the United Nations Sustainable Development Goals (SDGs), improving their industrial performance and without compromising financial returns. This requires wider collaboration between governments, local tech startups and civil society to accelerate global technology solutions around sustainable goals, and ASEAN's recent recognition of Italy as a Development Partner can certainly help accelerate innovation capabilities across the region. Finally, the last step is to relaunch international cooperation and development financial aid which can play a fundamental role, especially when combined with private capital and innovation, to finance the first two transitions. Italy and the European Union, in order to effectively seize the opportunities and make a difference, must increase aids to combat climate change, entering into agreements with important regional institutions, beyond ASEAN, such as Asian Development Bank and Green Climate Fund. These investments would guarantee regional prosperity and stability and ensure that sustainable development is truly at the heart of a renewed multilateralism.