Alcune famiglie hanno lasciato l’Italia che li ha salvati dai talebani. Perché?
di Elisabetta Trenta
L’accoglienza in Italia degli ex collaboratori Afghani sta rivelando tutti i limiti del sistema di italiano. Eppure una buona accoglienza è indispensabile per consentire l'integrazione. Per gli Afghani sarebbe stato preferibile varare un programma speciale.
Li abbiamo salvati dalla rabbia dei talebani, abbiamo avviato una missione militare, Aquila Omnia, per andare a prenderli in quei giorni tremendi di agosto. Dice il sito del Ministero: “La Difesa ha impiegato tutte le risorse disponibili per mettere in sicurezza più persone possibili. Sono state evacuate 5.011 persone di cui 4.890 cittadini afghani grazie ad Aquila Omnia, tra di loro 1.301 donne e 1.453 bambini.”
Abbiamo visto gli uomini delle nostre forze speciali che portavano in salvo bambini e intere famiglie facendoli salire su un aereo militare per portarli via da morte quasi sicura.
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di Franco Danieli
Il ruolo del Presidente della Repubblica ha avuto nel corso della storia nazionale una evidente evoluzione nel suo esercizio: dal dopoguerra fino alla crisi della cosiddetta “prima Repubblica” - con partiti di massa, forti e radicati - è stato, di fatto, un potere notarile garante degli equilibri decisi dalla politica. Dal 1992 in poi con la dissoluzione del blocco sovietico e con “tangentopoli” si è verificata la destrutturazione ideologica e materiale delle tradizionali forze politiche e l’affermazione di nuove e frammentate forme di aggregazione partitica e movimentistica, in questa situazione il Presidente della Repubblica ha assunto un nuovo protagonismo; non poteva più essere la figura super partes che osservava il frenetico cambio di governi pur nella stabilità della collocazione geopolitica filo-atlantica ed europeista, ma diventa un player attivo per orientare la soluzione di complesse crisi sistemiche.
Nei momenti di maggiore criticità, nel corso degli ultimi decenni, i Presidenti hanno fatto ricorso a figure estranee al mondo dei partiti e in grado di rassicurare prioritariamente partner internazionali e mercati finanziari.
Infatti alla debolezza della politica, in cerca di nuove identità e collocazioni, si sommavano le crisi economiche e la montagna del debito pubblico; lo spettro del default si è più volte manifestato, anche se, sotto l’effetto “Dunning-Kruger”, l’arroganza dell’ignoranza dei tanti leader incompetenti spargeva tranquillità sulla solvibilità dell’Italia sul presupposto “too big to fail”.
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di Giuseppe Morabito
Scrivere in queste ore e fare un’ipotesi su quello che potrebbe accadere al confine russo -ucraino è complesso ma escluderei da subito un conflitto armato.Nell'incontro di oggi, a Ginevra, tra il Segretario di Stato americano Blinken ed il suo omologo russo Lavrov, gli Usa e gli altri alleati occidentali hanno chiesto a Mosca di ritirare le truppe schierate sul confine, mentre la Russia chiede alcune garanzie di sicurezza e sia di fermare l’espansione ad est dell'Alleanza, compresa un’ulteriore assistenza militare americana all’Ucraina, sia il ritiro delle truppe NATO dalla Bulgaria e dalla Romania.
A partire da lunedì prossimo è attesa una comunicazione scritta da Washington nella quale si darà risposta alle richieste avanzate da Mosca per arrivare a una de-escalation. Oggi Lavrov ha dichiarato: “Vorrei ripetere ancora una volta alla fine dell’incontro che abbiamo concordato che la settimana prossima gli Stati Uniti presenteranno risposte scritte a tutte le nostre proposte” aggiungendo di essere “d’accordo sul fatto che un dialogo ragionevole sia necessario” affinché si “calmi la tensione” attorno all’Ucraina e che quelli di Ginevra “non sono la fine del nostro dialogo”.
Leggi tutto: Ucraina, non ci sarà la guerra ma serve tanta “Diplomazia”
Ma il rischio per il clima mondiale continua
di Giuseppe Morabito*
Focus sul principale “evento climatico” del Medio Oriente, con l’organizzazione della Settimana della sostenibilità 2022 di Abu Dhabi (ADSW). Nella regione al centro di produzione mondiale di idrocarburi, migliaia di delegati, sia di persona sia virtualmente, si riuniranno per discutere e esporre le ultime teorie, a livello mondiale, in merito a come risolvere il problema globale del cambiamento climatico, come promuovere al meglio l'innovazione verde e come migliorare le pratiche sostenibili dal punto di vista ambientale.
Eventi come questo, che si svolgerà dal 15 al 19 gennaio, consentono agli attori nei mondi degli affari, politica, diplomazia, di capire come si inserisce la loro specifica area di interessi in un quadro più ampio a livello internazionale. Per gli esperti e gli organizzatori c’è bisogno che tutte le aree della società siano orientate verso la sfida del cambiamento climatico e opportunità come questa siano di promozione alla condivisione delle conoscenze necessaria per rendere realtà la sfida stessa e non un miraggio la riduzione dell’utilizzo dell’inquinante fossile per produrre energia.
Leggi tutto: ADSW e COP. “Due sigle, una speranza"
di Sergio Bellucci
Con una metafora forse azzardata potremmo traslare la situazione kazaka da quella che precedette il 14 luglio del 1789. Dal “Maestà il popolo ha fame e non ha più pane”. “Se non hanno più pane che mangino le brioche” (il dialogo attribuito a Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena durante un tentativo di rivolta per mancanza di pane), al “Popolo ha fame, freddo e non ha il gas per fare il pieno all’auto”. “Allora dategli un wallet con dei Bitcoin!”.
Il mondo si interessa alla crisi del Kazakistan in maniera diversa di altre crisi di paesi fuori dalla “notiziabilità” classica. La ragione di questo interesse non è certo per un improvviso afflato di vicinanza con la sofferenza di un popolo (della situazione afgana, ad esempio, non si riempiono più le pagine dei giornali e i TG, anche se la crisi, in questi mesi, si sia solo aggravata dallo scorso agosto).
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