di Giuseppe Morabito
Le crisi dei primi venti anni di questo millennio hanno chiarito, oltre ogni scetticismo, che la NATO, per proiettarsi nel prossimo decennio, necessiti di una nuova "architettura" di difesa per essere un’Alleanza Atlantica che modifica il suo piano di difesa europea rendendolo idoneo ad affrontare simultaneamente più minacce di alto livello. Ciò è necessario considerando il complesso panorama di pericoli esistenti , soprattutto dopo la “lezione appresa del virus pandemico”.
Per trovare l'equilibrio tra strategia, convenienza, capacità, rischi e costi condivisi sarà probabilmente necessaria una nuova “forza europea”.
La NATO European Future Force dovrebbe avere la capacita’ di agire come un “primo soccorritore europeo” in qualsiasi scenario di crisi. Il suo intervento sarebbe opportuno se e quando le forze militari americane fossero impegnate in “attività principali per la propria sicurezza” in altre aree strategiche del mondo. Dovrebbe inoltre essere una forza efficace nel dissuadere l'aggressione dall'est della NATO sia di sostenere le nazioni alleate in “prima linea” nel sud della NATO, con l’Italia “primo paese” sul confine del Mediterraneo.
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di Giuseppe Morabito
Il 2020 ha dimostrato che la sicurezza internazionale è in rapida evoluzione. La pandemia da virus cinese in parte ha fatto da lente d’ingrandimento per problematiche già in buona parte note e in continua evoluzione.
Le nuove sfide sono sempre più complesse, vanno dal cambiamento climatico alle connessioni tra sicurezza e salute, fino ad arrivare al tema dell’intelligenza artificiale. Ogni sfida sta influenzando sia la vita quotidiana sia i calcoli strategici delle potenze (fenomeni climatici, pandemie, veicoli autonomi civili e militari). La conferenza Game Changers 2020 vuole rendere chiara la discussione su questi punti di svolta, individuando i dettagli più importanti e usando in modo innovativo piattaforme virtuali ed esperti in studio durante due conversazioni e un dibattito.
Leggi tutto: GAME CHANGERS 2020: A Roma si discute del futuro della sicurezza internazionale.
di Federiga Bindi
Il nervosismo in America è palpabile, si trattiene il fiato aspettando i risultati del voto. Le città sono “boarded”, con le finestre coperte da grandi pannelli di legno. Ci si attendono violenza e combattimenti urbani. Intellettualmente si sapeva, e ne avevamo scritto, che avremmo avuto una situazione di attesa e stallo ma una cosa è saperlo a livello razionale, un’altra è viverlo.
In America ci sono tre modalità per votare: il voto in presenza il primo martedì di novembre, il voto anticipato in persona ed il voto per corrispondenza. Le modalità di questi voti cambiano da stato a stato. A sabato 1 Novembre, oltre il 60% dei votanti del 2016 avevano già votato, la più alta percentuale di voto anticipato della storia americana. Questi voti anticipati sono a netta maggioranza democratica – tanto che Trump ha continuato a ripetere che il voto anticipato equivale a frode – anche se così non è ed è addirittura possibile seguire l’iter del proprio voto e sapere quando è arrivato a destinazione e quando è stato contato.
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di Lucio Martino
Anche quest’anno, a decidere l’identità del prossimo inquilino della Casa Bianca saranno cinquanta distinte elezioni. Per vincere la presidenza, non basta vincere una maggioranza dei voti, occorre che tali voti siano distribuiti all’interno del territorio nazionale, in modo da vincere anche una maggioranza di stati. Non per niente, quattro anni fa, Donald Trump prese oltre due milioni di voti in meno ma vinse in trenta stati, mentre Hillary Clinton pur prendendo oltre due milioni di voti in più, vinse solo in venti stati.
Questo meccanismo elettorale complica di molto il lavoro dei sondaggisti d’opinione. Sempre quattro anni fa, quest’ultimi centrarono con una buona approssimazione le percentuali di voto che a livello nazionale sarebbero andate all’uno e all’altro candidato, ma fallirono miseramente le percentuali relative a quel gruppo di stati tradizionalmente in grado di votare tanto democratico quanto repubblicano. Negli ultimi trent’anni, sono venti gli stati votano stabilmente democratico e sono altri venti quelli che votano altrettanto stabilmente repubblicano, di fatto annullandosi reciprocamente. L’attenzione degli osservatori, e gli sforzi dei candidati, si concentrano così su stati teoricamente aperti a qualsiasi risultato quali Florida, Iowa, Michigan, North Carolina, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin.
Leggi tutto: Il punto sulla campagna elettorale americana alla vigilia del 3 novembre
di Salvatore Stanizzi
Ogni quattro anni i cittadini americani sono chiamati ad eleggere il Presidente. Il sistema elettorale statunitense è un sistema di elezione indiretto, nonché uno dei più complicati fra quelli attualmente esistenti.
Le modalità di elezione sono fissate dalla sezione I dell’articolo 2 della Costituzione degli Stati Uniti d’America. Il Presidente e il Vicepresidente vengono votati sulle schede elettorali dalla popolazione ma sono formalmente votati dai Grandi Elettori che sono a loro volta eletti dai cittadini di ogni singolo Stato. Per semplificare: il giorno delle elezioni i cittadini votano per uno dei candidati ma eleggono i Grandi Elettori che sono associati ai 50 Stati e al District of Columbia.
Leggi tutto: Il sistema elettorale degli Stati Uniti d’America