di Pietro Fiocchi
La Cina e il mondo o anche la Cina è il mondo: secondo i punti di vista. Certo è che oggi per ogni grande impresa, dalla cooperazione economica alla sicurezza internazionale e alle sfide come quella in cui ci troviamo in mezzo, è poco saggio non confrontarsi, non fare ogni sforzo per soluzioni condivise o non considerare serenamente e razionalmente progetti comuni con questo immenso paese, per popolazione, cultura e tradizioni, proposte innovative, che è la Cina.
A meno che davvero non ci si voglia limitare, più o meno autonomamente, nella crescita del sistema paese, l’Italia, che in un passato non lontano e con ben altri protagonisti della tribuna politica, ha avuto un ruolo internazionale di molto superiore a quello a cui è oggi relegata.
Da tempo in Italia non si fa altro che parlare di innovazione, pur facendo molto poco per andare in questa direzione, come sistema paese. E non si tratta solo della scarsità degli investimenti. È soprattutto un fatto di mentalità. Forse di paura e coercizione che restringono la visuale. Stesso discorso per la competitività, direttamente dipendente dall’innovazione.
Chi da vicino ha conosciuto la Cina e la sua gente in genere ne resta un po’ confuso ma affascinato: è un paese in corsa, al proprio ritmo. Ci si trova sempre tra una tradizione millenaria e un pezzo di futuro in costruzione, che convivono quotidianamente. Difficile da afferrare senza una frequentazione assidua, sincera, in prima persona.
Eppure la Cina guarda a noi con profondo interesse: arte e cultura, ma anche formazione accademica, tanto che lo scorso anno in una prestigiosa università di Wuhan è stato inaugurato l’Istituto italo-cinese da una delegazione dell’Università La Sapienza di Roma, guidata dal suo rettore, insieme ai colleghi della Repubblica Popolare. L’Istituto, interamente finanziato dai cinesi, è stato realizzato come centro di eccellenza per offrire formazione in Studi europei e Diritto privato comparato. Un successo ed un riconoscimento notevoli per l’Italia, considerato che nei paesi normali, parlando di innovazione, si investe, miratamente, moltissimo nell’università.
Del resto l’input è partito dall’alto: il presidente cinese Xi Jinping ha osservato che per continuare a crescere, a migliorare, serve anche imparare dagli altri, da quello che gli altri sanno fare meglio, tenuto fermo l’obiettivo del “rinnovamento nazionale” e facendo attenzione a restare al passo con i tempi, in un mondo che cambia velocissimamente.
Il presidente Xi propone di volta in volta nei suoi discorsi una strategia onnicomprensiva per puntare ad eliminare la povertà e per costruire una “comunità globale”, pacifica e collaborativa, senza lasciare nessuno indietro. Invita a più riprese alla cooperazione per produrre innovazione tecnologica, per sfruttare al massimo il potenziale del digitale. E non sono solo esortazioni e speranze. In cantiere ci sono progetti ben strutturati e seriamente finanziati con provvidenziale lungimiranza. Chissà se in questo senso, in un prossimo futuro, l’Italia saprà avvalersi delle sue eccellenze, tra cui ora abbiamo anche la neonata ICO Valley di Ivrea, per partecipare da protagonista alle dinamiche che si profilano.
Il leader cinese, che prevede di poter mettere in atto un sistema di produzione industriale eco-sostenibile entro il 2035, ha annunciato una partecipazione attiva sempre maggiore della Cina nella governance ambientale globale, per contribuire a trovare soluzioni efficaci alla protezione dell’ecosistema. Un principio, quello dello sviluppo sostenibile a tutti i costi, che viene riproposto anche come idea fondamentale nel progetto di Xi Jinping della Belt and Road Initiative, la Nuova Via della Seta, un’iniziativa per la cooperazione economica, “a beneficio di tutti” i partecipanti. Anche qui “serve essere al passo con la quarta rivoluzione indiustriale e cogliere le opportunità create dal digitale”, tanto che la Cina è determinata ad andare avanti con l’attuazione del suo Belt and Road Science, Technology and Innovation Cooperation Action Plan, e non ci sono motivi per dubitare che lo farà, con successo.
Ma lungo la Via della Seta ci sono anche una miriade di buoni propositi e programmi rivolti agli scambi culturali, tra studenti, con borse di studio e campi estivi ad hoc, tra organizzazioni non governative, think tank, partiti politici, donne, giovani, persone con disabilità. La società nel suo intero, con tutte le possibili interazioni, come elemento complementare di questa Belt and Road.
Un posto particolare è dedicato agli stati arabi, indicati dal leader cinese come co-creatori dell’antica Via della Seta e oggi quali partner naturali dell’iniziativa presidenziale, con i quali il governo di Pechino si dice disposto a coordinare strategie di sviluppo e a partecipare nella costruzione delle infrastrutture logistiche per connettere l’Asia Centrale con l’Africa Orientale (tra il 2021 e il 2023 dovrebbe prendere forma un progetto degli anni ’60 con la costituzione della Federazione dell’Africa Orientale, quella che sarebbe una nuova e interessante realtà geopolitica) e l’Oceano Indiano con il Mediterraneo. Altra occasione d’oro per l’Italia, in un possibile riassetto degli attori nella regione mediterranea.
Il tutto accompagnato da investimenti, banche e linee di credito su misura, accordi di libero commercio.
Stesso discorso per quanto riguarda la cooperazione Cina-Africa, in relazione alla quale il leader cinese suggerisce la complementarietà tra la Belt and RoadInitiative, l’Agenda 2063 dell’Unione Africana e l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Un sostegno garantito al progetto “Silence the guns in Africa”, la disponibilità offerta per promuovere pace e stabilità nel continente, la volontà espressa a continuare la cooperazione con i paesi africani utilizando la valuta locale. E ancora decine di migliaia di borse di studio, progetti bilaterali indirizzati ad arte e cultura, sanità, commercio, agricoltura, ambiente, controllo e prevenzione della desertificazione, protezione della fauna selvatica.
Questi alcuni punti di riflessione. Il terzo volume di Xi Jinping: The Governance of China, pubblicato quest’anno dalla Foreign Languages Press Co. Ltd (per ora non ancora disponibile in italiano), ci illustra molto bene, attraverso i discorsi e gli interventi scritti degli ultimi tre anni, il “pensiero” del massimo leader cinese, ci dice quale traiettoria presumibilmente sta seguendo il gigante asiatico, nel caso qualcuno voglia seguirlo di pari passo.