Geopolitica

di Giuseppe Morabito

Nelle settimane precedenti all’azione terroristica di un tagliagole nord-africano, che ha compiuto una strage a Nizza dopo esservi arrivato attraversando, senza grossi impedimenti, il Mediterraneo, la Sicilia e tutta l’Italia, in ambito NATO si è accesa la discussione sul futuro dell'Alleanza, minata proprio in queste ore dalla contrapposizione di due Paesi membri di grande importanza: Francia e Turchia.

L’attentatore potrebbe essere un Lupo Solitario che ha preso spunto per la sua azione dalle “assolutamente discutibili” vignette di Charlie Hebdo.

La triste realtà è che sicuramente buona parte della sua rabbia assassina sia legata alla “spinta” antifrancese data ai giovani mussulmani in Francia dal presidente della repubblica di Turchia, Erdogan e ai suoi accoliti della Fratellanza Mussulmana.

01-11-2020
Autore: Giuseppe Morabito
Generale dell’Esercito Italiano
Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation

di Giuseppe Morabito

Il dilagare del Virus di Wuhan ha amplificato l'incertezza geopolitica. Ci ha fatto anche comprendere quanto siamo interdipendenti e vulnerabili di fronte alle minacce globali. In questo contesto la cooperazione internazionale risulta essere essenziale e per certi versi vitale. È anche palese che nessun paese dovrebbe essere isolato nell’impegno per affrontare la crisi. Per quanto possa sembrare un'affermazione elementare, per Taiwan, vittima del Soft Power di Pechino e, conseguentemente, isolata dalla Cina dal resto del mondo, una maggiore cooperazione internazionale rimane un obiettivo ancora lontano.

Da una parte Taipei, capitale di una moderna democrazia, economicamente avanzata e creata sullo stato di diritto; dall’altra un’autocrazia, in cui l’apparato del partito comunista decide sulla vita (e spesso la morte) di più di un miliardo e trecento milioni di cittadini.

Con gli Stati Uniti e la Cina che intensificano la reciproca rivalità per la gestione del potere è prevedibile un'ulteriore escalation della tensione nelle relazioni bilaterali nell'Indo-Pacifico.

27-10-2020
Autore: Giuseppe Morabito
Generale dell’Esercito Italiano
Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation

di Elena Toselli
Il 25 settembre 2020 - a quasi trenta anni dagli storici Accordi di Oslo tra Yitzhak Rabin, Bill Clinton e Yasser Arafat per il riconoscimento reciproco tra l’OLP e lo Stato di Israele - il Presidente USA Donald Trump, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e i Ministri degli esteri emiratino Abdullah bin Zayed Al Nahyan e bahreinita Khalid bin Ahmed bin Mohammed Al Khalifa hanno firmato la Dichiarazione degli Accordi di Abramo e compiuto uno straordinario passo verso la distensione delle tensioni nell’area medio-orientale.
La firma degli Accordi ha ufficializzato la stretta collaborazione esistente da decenni tra gli EAU e Israele, alleati strategici fin dagli anni ’90 nel campo militare e dell’intelligence, ha reso gli Emirati il terzo Paese islamico protagonista, dopo Egitto (1979) e Giordania (1994), di un percorso di pace con Israele e, soprattutto, ha impresso un radicale cambiamento nelle relazioni tra il mondo musulmano sunnita e Israele.

27-10-2020
Autore: Elena Toselli
Esperta di economia islamica ed ebraica e autrice dei libri "Le diversità convergenti" (2015), "Kosher, halal, bio - regole e mercati" (2018) e "Il piccolo galateo islamico" (2020).

di Giuseppe Morabito 

Il possibile quadro futuro.

La standardizzazione, l'interoperabilità e la mobilità sono i mezzi utilizzati dei paesi membri della NATO per una difesa credibile in un ambiente strategico come quello del 2020 in rapido mutamento e deterioramento. 

Queste tre “capacità” saranno al centro della strategia che definirà le possibilità della NATO per affrontare i conflitti attuali e futuri. Per raggiungere questo obiettivo, gli Alleati devono innanzitutto separare gli interessi politici da quelli strutturali.

03-10-2020
Autore: Giuseppe Morabito
Generale dell’Esercito Italiano
Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation

di Fausta Speranza

Non si vede l'orizzonte in Libano. La matassa politica è troppo aggrovigliata e il primo ministro designato, Mustapha Adib, rinuncia a formare il tanto atteso nuovo esecutivo che doveva traghettare il Paese fuori dall'emergenza dopo le esplosioni al porto di Beirut  e fuori dalla soffocante crisi economica e finanziaria. Adib, un diplomatico poco conosciuto in patria fino al mandato conferitogli il 31 agosto, ammette la sconfitta chiedendo “scusa al popolo libanese”.

Il punto è che, mentre la popolazione è allo stremo, la classe politica rischia di navigare a vista ancora per mesi prima che si sblocchi l'impasse che tiene in ostaggio il più piccolo Paese dell'Asia nella più strategica posizione del Vicino Oriente.

26-09-2020
Autore: Fausta Speranza
Giornalista e Scrittrice