Forse no… ma meglio continuare a parlare della possibile crisi nell’Indo-Pacifico.
di Giuseppe Morabito
Per più di 70 anni, Taipei e Pechino hanno evitato di scontrarsi dopo che si erano separate
dal 1949, quando la guerra civile cinese, iniziata nel 1927, finì a seguito della vittoria dei comunisti e la conseguente ritirata dei nazionalisti a Taiwan.
Da quel momento lo Stretto di Taiwan, con una larghezza minima di 81 miglia, è divenuto un’area di contrapposizione continua ma mai di una guerra totale (sono state due ‘”crisi” nel 1954 e 1958 con bombardamenti di artiglieria). Negli anni che hanno preceduto la pandemia da “virus di Wuhan”, le relazioni nello Stretto sono state relativamente stabili e la contrapposizione raramente portata alla ribalta delle cronache internazionali se si esclude la crisi diplomatica del 1995 sulla teoria di “una sola Cina”. Nella speranza di persuadere i taiwanesi del buon esito di una eventuale unificazione, la Cina Popolare ha messo in piedi, negli anni, un’azione politica tesa alla "pacifica riunificazione", cercando di fortificare i rapporti economici, culturali e sociali con la Repubblica di Cina -Taiwan.
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di Giuseppe Morabito
Il Ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha annunciato che la Federazione Russa da novembre sospenderà le operazioni della missione diplomatica presso la NATO e, conseguentemente, chiuderà gli uffici di collegamento NATO a Mosca.
Lavrov ha dichiarato che quanto messo in atto è la risposta all’espulsione da parte della NATO di otto membri della missione di Mosca a Brussels. “In risposta alle azioni della NATO, sospendiamo l’attività della nostra missione permanente presso l’Alleanza Atlantica, compresa quella del rappresentante militare”.
Leggi tutto: La Nato, la Russia, la crisi e la "LEVA DEL GAS"
di Daniela Marrani
Il Vertice del Gruppo dei Venti, G20, a presidenza italiana del prossimo 30 e 31 ottobre si svolge in un momento decisivo per la governance mondiale della pandemia da COVID-19 e in un contesto delicato per mutati equilibri geo-strategici che si sono palesati a seguito del ritiro dei contingenti militari alleati dall’Afghanistan. L’Unione europea, in questo scenario, si prepara a svolgere un ruolo che si ritiene determinate nelle decisioni a livello globale.
L’Unione europea partecipa ab origine al G20 sin dal 1999 ed esprime nell’ambito delle riunioni ministeriali la sua posizione unitaria, definita dalle Istituzioni, in armonia con i valori che orientano la sua azione esterna delineati dal Trattato di Lisbona (art. 2 TUE). Le competenze attribuite dai Trattati nell’ambito di salute, mercato interno e cooperazione internazionale con i Paesi terzi, da un lato, e politica estera e di sicurezza comune (PESC), dall’altro, devono esercitarsi secondo un criterio di coerenza (artt. 13 e 21 TUE; art. 7 TFUE), e in linea con i valori propri dell’UE declinati sia all’interno dell’Unione sia nelle azioni perseguite sul piano internazionale. Lungo questa direttrice si sviluppano gli orientamenti espressi dall’UE in sede multilaterale e nell’ambito dei vertici informali G7 e G20.
Leggi tutto: Le sfide del G20 per il contrasto alla pandemia e il ruolo decisivo dell’Unione europea
di Giuseppe Morabito
“Il nostro unico interesse vitale nazionale in Afghanistan rimane oggi quello che è sempre stato: prevenire un attacco terroristico alla patria americana”.
Presidente Joe Biden, 16 agosto 2021
Il riferimento del presidente Biden agli interessi degli Stati Uniti è storicamente poco consono a un presidente democratico. Questo ha creato molta confusione, soprattutto in Italia, sia ai politologi pro-Biden a ogni costo sia agli auto dichiarati esperti di Afghanistan e terrorismo che però, entrambe le categorie, non sono mai sati in Afghanistan, non hanno mai preso parte ad una operazione antiterroristimo a livello NATO in quel paese e, forse , non sono neanche mai entrati nell’Ambasciata di Kabul a Roma.
Leggi tutto: Afghanistan: la realtà e il disastro…
di Franco Danieli
Tutti (cancellerie, servizi, stati maggiori…) sono rimasti sorpresi dalla travolgente avanzata dei talebani e dalla fine ingloriosa e repentina del cosiddetto “governo legittimo”; lo scenario ha evidenziato effettivamente una gravissima incapacità di analisi e di previsione da parte delle agenzie di intelligence di mezzo mondo e conseguentemente da parte dei governi di riferimento.
Si è adottata nel corso di questi lunghi anni, perlomeno negli ultimi quindici, una prassi astratta, codificata nelle direttive impartite alle forze sul campo che prescindeva da ogni tentativo di conoscenza della reale situazione del paese, delle condizioni sociali, culturali, economiche della popolazione, con la lodevole eccezione della presenza italiana e di qualche altro attore europeo.
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