Fausta Speranza
“I governi stanno affrontando sfide senza precedenti, ma questa situazione non deve essere utilizzata per mettere a tacere o ostacolare i giornalisti”. L’appello viene dal Consiglio d’Europa, l’organismo a 47 Paesi deputato alla difesa dei diritti umani. Quest’anno leva la sua voce ancora più alta - in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa il 3 maggio - per mettere in guardia sui rischi per la libera informazione legati alla pandemia, o, meglio, legati alle misure fuori dall’ordinario messe in campo.
Il rischio è che diversi livelli della crisi segnino il futuro del giornalismo. Innanzitutto, si deve fare i conti con la crisi democratica e geopolitica, in considerazione dell’affermarsi di politiche repressive e della maggiore aggressività dei regimi autoritari. Poi c’è il piano tecnologico dove si rischia di avere sempre minori garanzie. Senza dimenticare la crisi economica, che peggiora la qualità del giornalismo. Basti pensare ad un fenomeno in crescita sotto la definizione di chilling effect, cioè la piaga delle azioni di diffamazione senza alcun fondamento: hanno il solo effetto di minacciare la stampa e impedire l’esercizio della libertà di espressione, provando a ridurre al silenzio i giornalisti visto il costo oneroso del solo avvio di una causa di difesa.