di Marco Scarzello
Come il mare in burrasca spazza l'arenile liberando le rocce dalla sabbia, così le tempeste della storia fanno emergere questioni etiche fondamentali; in questo tempo di pandemia accade per i principi cardine della convivenza civile, e accade per il giornalismo.
L'informazione è un bene essenziale nelle società democratiche perché consente ai cittadini di orientarsi, proprio come gli escursionisti utilizzano le mappe geografiche per raggiungere la meta; qui i luoghi costituiscono i punti di riferimento, là sono le notizie.
Per definizione, la notizia è il resoconto di un fatto che interessa al pubblico. Questa nozione implica due elementi: la presenza di un accadimento reale (e non di un'invenzione della fantasia) e la rilevanza della vicenda per le persone; ad esempio, un terremoto è una notizia se sconvolge il nostro paese, lo è meno se si verifica a migliaia di chilometri dalle nostre abitazioni.
Il mestiere di giornalista, dunque, consiste nel «dare le notizie». Tuttavia, con riguardo a questo concetto esistono due interpretazioni: da una parte coloro che ritengono che il giornalista abbia esclusivamente il dovere di verificare i fatti e attenersi strettamente ad essi, dall'altra chi pensa che l'informazione abbia la missione di plasmare le coscienze,valutando gli effetti della diffusione di una notizia e decidendo in quale modo pubblicarla. Chiamiamo il primo «giornalismo indipendente» e il secondo «giornalismo militante».
In realtà nessuno pensa che possa esistere un'informazione totalmente asettica, quasi meccanica. Vi è, infatti, un terzo elemento della definizione riportata in precedenza sul quale è utile soffermarsi, ed è il termine «resoconto». Il giornalista, cioè, vede i fatti attraverso i propri occhi e li descrive utilizzando i propri schemi mentali; non potrà mai, dunque, riportare una verità assoluta (posto che la mente umana abbia la capacità di coglierla).
Il giornalismo indipendente si basa, piuttosto, sul rispetto rigoroso della «verità sostanziale dei fatti» richiamata dal codice deontologico della professione, lasciando al pubblico la possibilità di formarsi liberamente un'opinione, qualunque essa sia. Al contrario, il giornalismo militante seleziona e diffonde le notizie anche sulla base di un convincimento ideale.
La cronaca sulla pandemia Covid-19 in Italia ha oscillato tra questi due modelli; in particolare, durante l'emergenza della primavera 2020 l'attenzione è stata focalizzata sui numeri (contagi, decessi) e sui provvedimenti del governo e delle Regioni; nei mesi successivi, in modo graduale, ha conquistato spazio il giornalismo militante, soprattutto con l'avvio della campagna vaccinale; molte testate giornalistiche hanno scelto di schierarsi, in particolare sull'obbligo vaccinale e sul "green pass", partecipando attivamente al dibattito pubblico, come accadde, ad esempio, tra interventisti e neutralisti alla vigilia della Prima guerra mondiale; le notizie si sono posizionate lungo il fronte negazionisti-vaccinisti, riducendo le opportunità di dialogo tra gli esponenti delle opposte fazioni e riproducendo dinamiche tipiche dei social network. Questa situazione ha minato una funzione peculiare del giornalismo: rafforzare la democrazia alimentando il dibattito tra i cittadini.
È urgente, dunque, ridare priorità al giornalismo indipendente per raccontare la crisi Covid-19, affinché il pubblico riponga fiducia nei mezzi d'informazione e non si lasci incantare da affabulatori alla ricerca di notorietà. La straordinaria crisi sanitaria che stiamo vivendo, infatti, rappresenta per i giornalisti l'occasione per distinguersi e dimostrare il valore sociale di questa professione oppure, al contrario, confondersi e annichilirsi nel panorama della comunicazione dominato dal rumore dei social network.