“La Scuola è aperta a tutti”
di Mariarosa Madeo
Ho riletto, in questi mesi, l'art. 34 della Costituzione italiana, prezioso e tuttavia inanellante significati che, trascorso il primo minuto di quintessenziale autocompiacimento per la civiltà giuridica occidentale, genera il dubbio che, diritto all'apprendimento a parte, qualcosa si insinua a suggerirci che abbiamo operato una senescente sottovalutazione; non solo in quest'ultimo anno, s'intende, in quella “procedura di disimpegno” che si é via via imborghesita, nel tentativo (qualcuno considera progressista, altri rivoluzionario) di riportare in poche settimane la scuola post-Covid 19 alla sua egemonia (peggio leadership, addirittura invocando lo iato più rassicurante del lemma istruzione, sintomo di un'elefantiasi linguistico-grammaticale che è preoccupante, nel senso che adesso si comincia anche a giocare con le parole!); concetti inequivocabili solo all'apparenza, per chi non abbia l'iride allenato, salvo poi che servirà a settembre a rivelarsi come il modo migliore per dimenticare un programma mai realizzato.
Dicevo articolo denso di valori autentici e, dunque, non convenzionali, indifferibili ed universalistici, perchè carne viva della democrazia, carico testardamente o ciecamente di una forza autodistruttiva non appena si giri l'angolo, posto che la crisi pandemica ci abbia restituito, forse ad interim, la paura della querimonia: - Quale rientro in sicurezza?
Quanto diritto alla salute? Quanto egualitarismo ? Quale nuovo Umanesimo? Quale benessere lavorativo? Quale “esposizione universale“ di figure di sistema?
Ossimoro numero uno: obbligo di quarantena e diritti. Partenze scaglionate per la riapertura. Spazi mancanti nelle grandi città, mancanza di ventimila aule. Nuovo Patto di Corresponsabilità (questo punto meriterebbe un capitolo a parte, per quanti si occupino di legislazione scolastica, ma non a giorni alterni …).
Tutti si proclamano tutori, autoincensandosi garanti del diritto all'istruzione.
Noi no: lasciateci essere operai della formazione.
Gli scienziati poche ore fa ci hanno spiegato che “il mondo è in riserva”. La terra sta cercando in tutti i modi di sopravvivere, ribellandosi alla nostra esasperante e blindatissima manìa di annientarla e, come insegnava Bruno, potremmo salvarla, rispettandola. E non é un discorso valevole solo per le risorse naturali, visto che questo immane serbatoio è quasi a secco: nel caso della scuola la lezione dovrebbe essere ancora più esemplare!
E' bastato un virus a fermare le lancette dell'orologio, facendo saltare tutti i piani. Possiamo agitarci quanto vogliamo, piccoli o grandi pesci ammassati nelle strettissime maglie del pescatore, ma oggi é giunto il momento di fare i conti con la verità.
Per dare ordine ai miei pensieri vi parlerò di modelli pedagogici, ancorché di girasoli: il comune girasole è una pianta appartenente alla famiglia delle Asteracae; caratteristica basilare è quella di girare sempre il capo verso il sole, comportamento noto come eliotropismo. La mitologia greca narra della ninfa Clizia, innamorata del dio Apollo, la quale dopo nove giorni trascorsi ad osservare il sole venne trasformata in questo fiore. - Come dire, a seconda delle circostanze, il girasole può simboleggiare una vera e propria ossessione!
Arriviamo al dunque: nella storia romana possiamo indagare quanto l'istruzione dei ricchi sia stata sempre privata; i primi precettori delle grandi famiglie provenivano dall'Italia stessa, parlavano osco, greco, latino. Le legioni romane diffondevano il latino in ogni dove, mentre il greco diventava la regola madre nell'Urbe. Era chic per le pulzelle conversare in greco, o leggere Menandro, mentre gli intellettuali greci emigravano in questa città, orgogliosi e felici.
C'é di più: anche gli schiavi greci, maschi e femmine, insegnavano la loro lingua alla prole delle famiglie patrizie. I Romani, é noto, favorirono l'evoluzione della scuola pubblica, mettendoci i soldi di tasca propria, poiché lo Stato si sarebbe prodigato più tardi in tal senso, restio ad interferire con il potere del “pater familias”. La storia che va Da Cesare a Costantino ci insegna dei privilegi e compensi accordati al pubblico educatore, con l'emozionante partecipazione, alle lezioni, di custodi, nutrici, parenti, amici, genitori che affiancavano, non sempre s' intende, i discenti.
La Scuola era aperta a tutti. L'Età della ragione, o Età dei Lumi, ci ha portati a credere che il destino dell'umanità rimanga legato all'educazione, ossia a quel complesso di esperienze e situazioni storico-socio-ambientali in cui ogni essere umano sia inserito da che venga al mondo. In Francia le Istituzioni scolastiche tradizionali resistettero intatte sino al 1789: non possiamo dimenticare che, a differenza di altre Nazioni, la Francia, sino a quella data, non possedeva alcun sistema di istruzione pubblica. Sarà il riformismo napoleonico il tempo in cui l'insegnamento si fonderà nuovamente sullo studio delle lingue classiche, nonché sulla matematica, in una cornice di disciplina militaresca, in una prospettiva pedagogica modellatasi via via sulla base delle esigenze della borghesia nazionale. In breve: sono trascorsi secoli e ancora si tenta maldestramente di rievocare discorsi complessi, con la crisi pandemica alle porte, con gli ultimi tamponi che ci dicono senza mezzi termini che c'é in atto un nuovo contagio, ricordando che istruzione e cultura debbono essere strumenti decisivi di emancipazione e di libertà e, se ciò non fosse sufficiente, i protocolli delle ultime ore pretendono di accendere una spia anche sul diritto-dovere all'apprendimento, premessa per il raggiungimento dell'eguaglianza.
L'elenco di ciò che il Covid-19 ci ha insegnato sarebbe chilometrico, tuttavia vorrei provare a partire da un dato macroscopico: i morti, tanti, spero abbiamo dimostrato a chi governa che la scuola non é un'azienda, e che questa ventennale taylorizzazione e managerializzazione forzata non ha fatto bene ad uomini, cose, economia e, soprattutto sanità, poiché anche un bimbo di tre anni comprenderebbe che sarebbe un suicidio continuare ad applicare, in piena emergenza, teorie micro e macro, protocolli provenienti dai tavoli tecnici, mentre formare ed educare significano prendersi in consegna, e cura il soggetto discente, nella sua totalità di corpo, spirito, senso, ragione e sentimento.
Invece, no! Vedo nascere altra pedagogica, affiancata a progetti pluridimensionali, occasionali, che suggeriscono misure preventive e distanze di sicurezza, sollecitando l'acquisto di gel e guanti sanificanti costosissimi con l'auspicio che arriveranno nelle aule banchi dagli effetti miracolistici, con o senza rotelle, considerato che in alcune regioni italiane nei bagni non esiste ancora lo sciacquone funzionante sette giorni su sette, e che il “diritto ad una LIM per tutti” era argomento del primo Collegio settembrino in molti Istituti, sino allo scorso anno.
Risultato: economia, investimento e trading, se vogliamo salvarci, debbono tornare ad essere cosa diversa dalle idee e dai sani progetti educativi.
Una chiosa. Da docente di Storia e Filosofia, nell'ultimo trimestre, ho lavorato in dad, con i miei ragazzi, dalle 10 alle 13 ore quotidiane, con onore, con spirito di cooperazione e co-progettazione, in quella che ho definito “didattica di contrabbando”.
Intelligenza emotiva ed epistemologia delle discipline, flessibilità esistenziale da parte di alunni e docenti, nell'adattarsi a contesti emergenziali.
Non ci ha aiutato nessuno. Non ci ha remunerato adeguatamente nessuno.
Ma, abituati alle quotidiane crocifissioni e con stipendi da fame, facendo leva sulla nostra dignità, allievi e maestri, tutti sulla stessa barca, abbiamo costruito brillanti colloqui d'Esame di Stato 2020, abbiamo portato avanti Progetti di Cittadinanza attiva, con saggezza e competenza, con risultati eccellenti, che si possono leggere nei numeri.
Mi sarebbe piaciuto che nelle ultime sessioni di lavoro del Governo si parlasse anche di didattica.
La scuola non può scendere a compromessi con logiche oligopolistiche europee e non, perché non è un'azienda e le politiche di efficientismo (che sono state iniettate con la scusa dei bonus premiali) mal si coniugano con una visione soggettocentrica di formazione integrale della persona.
Paradossalmente, la pandemia ci ha illuminati.
Niente “on best way”, niente cronometro (tornando al taylorismo), in una società dell'informazione e della iperdigitalizzazione, che non deve farci paura, né inebbriarci di una narcisistica autocelebrazione nel pensare che nell'agorà mediatica c'è tutto e tutto si può fare.
Una cosa é certa: in queste fasi concitate non trovereste un solo professore pronto a sparare a zero sul Governo di turno: gli educatori lavorano in silenzio, e sono da secoli ( lo dicevo all' inizio) operai del diritto all'apprendimento, e se invece dell' art. 34 Cost. prendessimo in esame l'art.3, potremmo finalmente capire il rapporto che deve intercorrere tra principio di uguaglianza, la materiale condizione del singolo e quanti dovrebbero intervenire affinché ci sia garanzia e concretizzazione di diritti in modo conforme ai principi costituzionali.
In una parola, assicurare un corretto funzionamento della democrazia.
E dico di più: sappiate che la scuola é l'unico posto dove non basta dire “ Qui c'é democrazia”, a che sorga per magia uno spazio comune; non é così che funziona: se si sbagliano modi e tempi, libertà di conoscenza e cittadinanza stridono, si fanno la guerra, i poveri diventano più poveri, e il Covid ci ha insegnato che il welfare si fa selettivo e se un cittadino può permettersi solo un'istruzione carente, avrà più probabilità di fallire.
E di welfare selettivo si muore, prima che di Covid!
La malattia ci ha altresì insegnato la coincidentia oppositorum di spazio della vita individuale e responsabilità sociali, generosità o egotismo, solidarietà spicciola della convivenza, posto che parliamo oramai di globalismo, localismo, glocalismo (e la scuola non può certo esimersi dalle regole della Postmodernità), mentre alcuni giuristi riflettono e scrivono di un radicato esigenziale “costituzionalismo dei bisogni” che riporti al centro la persona.
Per questi e mille altri motivi non trovereste mai un professore pronto a scagliare la prima pietra: noi la scuola inclusiva l'abbiamo già costruita da tempo. Peccato che l'hanno capito in pochi!
-Come siamo sopravvissuti?Avevamo investito, in presenza, su valori autentici di rispetto, lealtà, coerenza, etica delle scelte e del rispetto delle regole, riconoscimento del ruolo, senso del sacrificio. Abbiamo rimediato, a costi zero e ben prima del Covid, al Digital device, senza attendere soluzioni salvifiche dall' alto.
- Nessuno se ne é accorto? Noi stiamo in trincea.
L'essere umano ha bisogno di ricordare, di pensare: la memoria è incessante, è processo, non un deposito di informazioni, come un ammasso di ruote dal meccanico sotto casa...- Come funziona il nostro cervello? E' una macchina, o no? Dai 30 ai 75 anni il cervello arriva a perdere fino al 10% del suo peso e sino al 20% del rifornimento di sangue; nel cervello , ci dice la Scienza, abbiamo neuroni cosiddetti “rallentati”, la cui funzione é posticipare di pochissimi millesimi di secondo la trasmissione neuronale da altre cellule nervose ; istanti miracolosi, perché ordinano il nostro apprendimento , consentendoci di sincronizzare, mentre nel mondo digitale questo interruttore infinitesimo del ritardo, é sovraccarico e brucia, secondo gli scienziati, quasi fosse un fusibile. Perché richiamo queste riflessioni? Per sottolineare che la conoscenza é personalizzazione continua e questo, se mi é consentito, nulla ha a che vedere con le criticità oggettive della crisi pandemica in atto e, soprattutto con le pseudo-soluzioni che si stanno profilando all'orizzonte. - La mia opinione'? Poca differenza farà tornare o no in dad. Anzi, poter entrare nelle case delle famiglie dei nostri discenti, pubblicizzare il mestiere che in solitidine facciamo da sempre, é diventato questo sì democratico!
Agognata trasparenza! - Ricordate i girasoli di cui si é parlato? Diciamo che i professori in Italia soffrono maniacalmente di “ eliotropismo professionale”, peraltro direbbe Freud in una società, che “ ha ucciso i padri”, senza regole o, come negli ultimi mesi, al contrario con troppe ferree regole. Il girasole cerca ostinatamente il suo sole: il continuo volgere del capolino dall'alba al tramonto , traducibile finanche in desiderio. Piccolo particolare: morti sono i miti e, temo anche tutti i desideri: settembre é alle porte, tutto tace, anzi no, follemente tutto dice che c'è allegria, solarità, vivacità nell'aria.....
I dottori della Scienza dicono, non dicono, ritrattano. - Perché stupirsi? La Scuola é e deve essere di tutti, ma negli ultimi anni abbiamo fatto i conti con la dispersione scolastica effettiva, con quella in presenza, con la povertà educativa. Noi no: noi perseveriamo! Lavoriamo con le Avanguardie educative e al tempo stesso pubblichiamo i dati acerbi dell'analfabetismo funzionale. Tra eliotropismo e sindrome di Cassandra: la condanna ad una vita infelice, poiché il governo oggi intende dimostrare il proprio valore ad ogni costo, per non sentirsi svalutato. Mette se stesso alla prova, cadendo, presto o tardi nella profezia che si autoavvera. “ La libertà ha vinto contro il Covid!”. Questo é delle ultime ore. -Cosa auspico, da docente? Che ci lascino fare in pace il nostro lavoro. Cassandra finisce per distruggere se stessa, mentre trova conferma della propria ideologia di salvezza, provocando, in conseguenza di ciò, una catastrofe collettiva annunciata.
Prima della chiusura dello scorso A.S. , in una classe terza, invitando a recuperare, con rigore e con garbo istituzionale un allievo poco incline all'impegno nelle discipline di indirizzo, gli ho detto: - “Cerchi di studiare, se vuole arrivare nella vita. Un anno di formazione in più vale – secondo gli esperti – mezzo punto di Pil“. Mi ha guardato, mi ha sorriso: - “Certo che lo so! L'ho capito!”.
Lasciateci lavorare in pace! Penso e temo che da oggi ( anzi no, da ieri), la nostra battaglia funzioni un po' come per la lotta alla mafia, non basta professare l'anti-mafia per vincere. Non basta. Ma se lo Stato c'é , vince sempre.
Se la Scuola c'é, vince. Sempre.