di Maurizio Gentilini

Sarebbe importante una Camaldoli europea, con partecipanti da tutt’Europa, per parlare di democrazia e Europa

Ottanta anni fa, dal 18 al 24 luglio del 1943 - alla vigilia della caduta del fascismo e dell’inizio della Resistenza e della lotta di liberazione che avrebbe portato l’Italia alla democrazia e alla ricostruzione morale e materiale dopo la funesta esperienza del totalitarismo - nel Monastero benedettino di Camaldoli si ritrovò un gruppo di giovani intellettuali cattolici esperti nelle scienze sociali, sensibili alla dimensione socio-democratica della politica e coinvolti in una riflessione comune per il futuro del paese e della comunità internazionale. La riunione, promossa da Sergio Paronetto e Vittorino Veronese allo scopo di sviluppare e aggiornare le istanze del pensiero sociale cristiano, produsse un documento programmatico organizzato in 7 titoli, dedicati a definire un nuovo ordinamento sociale e giuridico per l’Italia del futuro.


Il progetto era quello di elaborare un testo di cultura sociale che aggiornasse il Codice di Malines, primo tentativo di dottrina sociale cattolica fatto dall’Unione internazionale di studi sociali di Malines, in Belgio, a partire appunto dai contributi emersi nella settimana del seminario. I fatti del 25 luglio e quanto accadde dopo modificarono il piano di lavoro, che prevedeva una ampia partecipazione; la stesura fu affidata a Sergio Paronetto, Pasquale Saraceno, Ezio Vanoni, Giuseppe Capograssi, che la completarono nel 1944.
Una riflessione – che prese il nome di Codice di Camaldoli – che rappresentava un programma estremamente lucido e concreto, dedicato alla riforma dell’ordinamento politico, dell’organizzazione sociale e degli assetti dell’economia, e che avrebbe trovato una fedele applicazione e rappresentazione nel percorso che – nell’immediato dopoguerra – diede vita alla Costituzione repubblicana.
Una delle caratteristiche essenziali del “Codice” consiste nel porre la giustizia sociale tra i fini primari dello Stato, così come la salvaguardia della libertà. Alla base tre grandi intuizioni: l’affermazione del valore della persona e della comunità e della loro anteriorità rispetto allo stato, la scelta del sistema democratico, il ruolo della comunità politica come garante e promotrice della solidarietà e dell’uguaglianza. Principi e proposte scaturiti da un filone di pensiero profondamente radicato nella tradizione del pensiero politico italiano ed europeo, ma fortemente avversato dalle grandi ideologie che si erano affermate nella prima metà del secolo, fino agli esiti più funesti. Un pensiero a servizio di tutta la collettività, ma anche di generare una proposta capace di colmare il vuoto dell’assenza dei cattolici nella vita politica e decisionale italiana e di creare rinnovate motivazioni all’impegno sociale dei cattolici. La proposta uscita da Camaldoli rappresentò una rottura e una cesura rispetto alle concezioni corporative e autarchiche dell’era fascista, codificando diritti e doveri di un moderno stato sociale: la dignità del lavoro, i limiti alla proprietà privata, le tutele sindacali, salariali, previdenziali, della salute, il diritto alla casa e all’istruzione, un concetto universale di bene comune, il ruolo della Chiesa nella società e nell’ordinamento.
 
 
Per celebrare l’ottantesimo anniversario di quella riunione presso il monastero sulle montagne del Casentino, dal 21 al 23 luglio, la Conferenza Episcopale Italiana e la Comunità di Camaldoli hanno organizzato l’evento “Il Codice di Camaldoli – Tra mito e storia una vicenda ricolma di futuro a ottant’anni dal convegno del luglio 1943”.
I lavori sono stati aperti alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella. La I sessione (Il Codice di Camaldoli e il cattolicesimo italiano del Novecento) ha visto la prolusione del card. Matteo Maria Zuppi, dal titolo “Vocazione di cristiani e coscienza di cittadini” e la relazione introduttiva di Tiziano Torresi. La II sessione (Il contesto storico, le fonti, le personalità) presieduta da Ugo De Siervo, presidente emerito della Corte costituzionale, ha avuto come centro la relazione di Marta Cartabia (Università Bocconi).
La III sessione (I temi del Codice: dalla Costituzione alla storia repubblicana. Un orientamento per l’impegno dei cattolici nella politica e nella società), è stata presieduta da Nicola Antonetti, presidente dell’Istituto Luigi Sturzo, con un intervento di Francesco Bonini, rettore dell’Università LUMSA dedicato al tema de “Lo Stato” come delineato dal Codice.
La IV sessione ha avuto come chair Marta Margotti, presidente ISACEM, seguita dalla c
celebrazione eucaristica presieduta dal Segretario di stato vaticano card. Pietro Parolin.
Le tre giornate hanno ripercorso le tappe e i temi di un convegno che fece convergere le varie sensibilità del pensiero sociale cristiano in un processo al servizio della ricostruzione dell’Italia e della edificazione di un’Europa unita in un contesto di pace, libertà e giustizia.
 
Nelle parole di Zuppi si possono condensare i significati dell’iniziativa: «La visione di Camaldoli aiutò a preparare quell’inchiostro con cui venne scritta la Costituzione, frutto di idealità ma anche di capacità di confronto, visione, consapevolezza dei valori della persona, giustizia, libertà, solidarietà». Ne segue una riflessione e un giudizio: «La presenza politica, che avrebbe segnato la ricostruzione e decenni successivi, rinasceva dal grembo della cultura. Uno dei problemi di oggi è invece proprio il divorzio tra cultura e politica, non solo per i cattolici, consumatosi negli ultimi decenni del Novecento, con il risultato di una politica epidermica, a volte ignorante, del giorno per giorno, con poche visioni, segnata da interessi modesti ma molto enfatizzati».
Un ripensamento e una rinascita della politica su basi nuove esige uno sforzo della cultura: «L’esperienza insegna che il lavoro culturale, anche indipendente dalla politica, è fondamentale. Oggi ce n’è un grande bisogno per sfidare la politica a guardare lontano con visioni e pensieri lunghi».
Ne consegue la proposta: «Sarebbe importante una Camaldoli europea, con partecipanti da tutt’Europa, per parlare di democrazia e Europa. I padri fondatori hanno avuto coraggio, rompendo con le consolidate logiche nazionalistiche e creando una realtà mai vista né in Europa né altrove. Nella pace e per preparare la pace bisognava rendere solidali le democrazie. Sarebbe importante che i cristiani europei tornassero a confrontarsi perché l’Europa cresca, ritrovi le sue radici e la sua anima, si doti di strumenti adeguati alle sfide».
 

02-08-2023
Autore: Maurizio Gentilini
Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
meridianoitalia.tv

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