Antonella Marzario
Nello scorso mese di gennaio 2020 hanno iniziato a circolare notizie su un misterioso virus influenzale che si stava diffondendo a Whuan, Cina.
L’entusiasmo per l’inizio del nuovo anno è stato così immediatamente minato dalla preoccupazione per la questione sinica, dove la strana influenza comportava gravi problemi respiratori e iniziava a mietere le prime vittime. È emerso che molti dei contagiati frequentavano il mercato Huanan Seafood Wholesale Market, a Whuan, chiuso in via precauzionale ad inizio gennaio. Si è iniziato a pensare che il virus potesse avere un’origine animale, anche in virtù delle usanze locali di consumare animali selvatici spesso crudi o vivi. Ipotesi confermata poi dagli scienziati.
Quella che sembrava essere “una semplice influenza” si è rivelato essere un ceppo della famiglia dei corona virus, simile a quelli responsabili di Mers, Sars, così come di raffreddori e influenze stagionali, ma molto più contagioso e totalmente nuovo rispetto ai precedenti. Gli ospedali infatti registravano casi di polmoniti anomale, di gravi complicanze respiratorie, oltre che febbre persistente, resistenti ai trattamenti farmacologici comuni.
Intanto i contagi hanno continuato ad aumentare, così come il numero delle vittime, costringendo il governo cinese a blindare il Paese chiudendo i confini, sopprimendo i collegamenti aerei con l’estero ed impedendo gli spostamenti interni. Whuan, città epicentro, è stata isolata, e così la Cina intera.
È stato imposto un lockdown totale, con la conseguente paralisi della Nazione, mentre Il resto del mondo guardava, incredulo e distaccato, quello che stava accadendo.
In Italia i media hanno dedicato molti spazi alle discussioni sul virus, e tutti guardavamo con riprovazione a quelle abitudini alimentari, ritenute causa dell’insorgere dell’epidemia, convinti però che sarebbe rimasto un problema circoscritto alla Cina. Alla fine di gennaio, con stupore e preoccupazione, abbiamo registrato i primi due casi di Covid-19: due turisti cinesi, immediatamente ricoverati all’ospedale Spallanzani di Roma.
Il nostro governo, non si è immediatamente allineato ai provvedimenti adottati dalla Cina, ha sottovalutato l’entità del problema, credendo si trattasse di un caso isolato. Con il passare dei giorni però si sono verificati nuovi casi, soprattutto nel nord del nostro Paese, probabilmente “importati” e dovuti a contatti che i nostri concittadini hanno avuto con persone rientrate dalla Cina. I nostri politici hanno continuato a monitorare la situazione, invitandoci tutti alla cautela, senza però intervenire attivamente per arginare la diffusione del virus sul nostro territorio. Questo fino alla scoperta dei focolai di Codogno e Vo, che ha portato prima all’isolamento dei singoli comuni, poi alla chiusura della regione Lombardia e, infine, con la crescita esponenziale dei casi sull’intero territorio, con misure sempre più stringenti.
A seguito dei numerosi casi registrati, aumentati a ritmo incredibilmente rapido, con un numero tristemente alto di decessi e di ricoveri in terapia intensiva, è stato dunque deciso di serrare l’Italia, dichiarata zona rossa il 10 marzo 2020.
Sono state chiuse le scuole, i parchi, bloccate le attività produttive e commerciali ritenute non essenziali, le città si sono svuotate e vietati gli spostamenti sul territorio nazionale, bloccato il traffico aereo; sono rimasti consentiti solo piccoli spostamenti e per comprovate, gravi ed inderogabili esigenze lavorative, sanitarie o per l’approvvigionamento alimentare del nucleo familiare.
Il nostro Paese ha reagito prontamente con forza e spirito di sacrificio all’avanzare dell’epidemia, proponendo tante iniziative per tenere alto l’umore – basti pensare, per esempio, ai flash mob organizzati dai balconi, dai quali si cantava e si suonava insieme - e per intrattenere, pur se da lontano, grandi e piccoli. Molte sono state anche le azioni di solidarietà attivate ad ogni livello, tanto dai singoli quanto da associazioni ed organizzazioni, finalizzate a sostenere ed aiutare in ogni modo possibile la popolazione, il personale medico e le strutture ospedaliere nella difficile battaglia contro il virus.
Se è vero che non tutti i mali vengono per nuocere, l’isolamento ha portato ad un abbattimento dell’inquinamento ed al drastico calo dei reati. Infatti, la “cristallizzazione” della società ha comportato una positiva diminuzione del trend delle azioni delittuose sull’intero territorio come emerge dall’analisi dei dati diffusi dal ministero dell’interno, nel periodo compreso tra il 1° ed il 22 marzo; si sono registrati 52.596 delitti nel 2020 a fronte dei 146.762 commessi nel 2019 - con una netta riduzione di quei reati che prevedono un contatto ravvicinato fra persone come lo sfruttamento della prostituzione (-77%), la violenza sessuale (-69%), i furti con destrezza (-75,8%) o i furti in appartamento (-72,5%). E' intuitivo che Il calo dei reati connessi agli stupefacenti e le rapine, abbia fatto registrare un decremento meno radicale, che si attesta comunque intorno al 50%.
Infatti, per quanto riguarda questi reati è rimasta in piedi la filiera dello spaccio e si sono verificati furti e rapine nelle farmacie che hanno continuato l’attività.
Ma, come sempre accade, c’è un rovescio della medaglia, un lato oscuro della luna.
La convivenza forzata in casa, unita alla tensione psicologica dovuta al momento che stiamo vivendo, causa spesso contrasti interni alle mura domestiche, che sfociano in maltrattamenti o lesioni. Molti degli interventi delle forze dell’ordine sono diretti proprio a riportare l’equilibrio nei nuclei familiari costretti ad una vicinanza cui non si è abituati. Si moltiplicano gli annunci sui media per rassicurare e sollecitare le donne a denunciare situazioni problematiche perché, se il fenomeno della violenza di genere non si è placato, la quarantena in casa ha ridotto il numero delle denunce in modo preoccupante.
Così come è cambiata la vita dei cittadini, al tempo stesso è cambiata l’intera attività degli strati criminali della nostra società, che si sono rimodulati ed adattati alle nuove circostanze.
Infatti, proprio a causa del distanziamento sociale, della circolazione di pochissime persone e di denaro, e della conseguente impossibilità di delinquere secondo modus operandi più “tradizionali”, la criminalità ha trovato nuove opportunità. Il trend non è affatto positivo nell’ambito delle truffe. Approfittando della situazione emergenziale, vengono proposte sempre più frequentemente finte donazioni di materiali di protezione individuale, o raccolte fondi, piuttosto che rilievi epidemiologici porta a porta, consegne di dispositivi sanitari a domicilio, al fine appunto di introdursi nelle abitazioni o di raccogliere illecitamente denaro. Proprio per questo, le forze di polizia si sono attivate raccomandando prudenza, e invitando i cittadini a segnalare ogni attività sospetta. È sempre più evidente che la rete si presenta come terreno fertilissimo per la criminalità, ora utilizzata quale primaria fonte di guadagno.
Le forze dell’ordine registrano quindi da un lato una diminuzione nelle richieste di intervento per alcune fattispecie di reato, cosa che permette di incrementare la necessaria presenza sul territorio per il controllo del rispetto dei decreti e delle restrizioni imposte dal governo, dall’altro lato la polizia postale ha assistito ad un incremento massiccio del proprio lavoro nel monitorare il web. Quasi quotidianamente vengono rilevati e smascherati siti che propongono vendite di materiali non conformi alle direttive sanitarie o raccolte di fondi destinate ad associazioni di volontariato inesistenti.
Proliferano inoltre e-mail dei vari istituti bancari che richiedono la rettifica delle credenziali di accesso ai conti correnti al fine di forzare le password personali ed entrare nei computer degli utenti.
A fronte di questa realtà, la polizia postale ha predisposto numerosi vademecum, fornendo valide indicazioni per difendersi dalle truffe in rete.
Si consiglia innanzitutto di prestare attenzione alle e-mail ben strutturate e, quindi, molto credibili provenienti, ad esempio, da personale medico che fornisce indicazioni sull’emergenza sanitaria in atto e che offre servizi o prestazioni a pagamento.
Un altro fronte delicato su cui ci si è spesi, è quello delle possibili infezioni da virus informatici che potrebbero attaccare i nostri apparati tecnologici. Sempre più spesso infatti, nei messaggi che forniscono aggiornamenti sull’andamento della pandemia o chiarimenti circa le precauzioni o le regole di comportamento da tenere, sono contenuti link che aprono le porte a malware e virus che permettono agli hacker di ottenere il totale controllo dei nostri dispositivi.
Il danno è amplificato dal fatto che in questo momento non solo la comunicazione interpersonale, ma anche l’attività lavorativa di molti è svolta attraverso i canali del web. Numerosi siti, alcuni dei quali almeno apparentemente ben protetti, sono stati danneggiati dalle azioni di pirateria informatica, come accaduto al sito dell’INPS nei primi giorni in cui era possibile presentare online le domande di sostegno economico.
Potrebbe essere interessante, oltre che utile, indagare sui meccanismi psicologici che spingono a compiere certe azioni illecite in un momento in cui la crisi del sistema produttivo investe l’intera Nazione mettendo in ginocchio l’economia e la popolazione, causando l’acuirsi delle difficoltà e delle differenze fra i vari strati sociali, evidenziando nuove forme di povertà e di isolamento soprattutto della popolazione anziana, che vive una condizione di solitudine, vulnerabilità, incertezza sul futuro.
Come accade sempre in occasione di calamità, epidemie o catastrofi, puntuali escono allo scoperto gli sciacalli, pronti ad approfittare e trarre vantaggio dal disagio e dalla debolezza altrui.
Come saremo alla fine di questo incubo? La speranza è quella di poter trarre da un momento così doloroso e difficile qualcosa di positivo, riscoprendo valori come la solidarietà ed il rispetto reciproco, ritrovandoci più umani e diventando tutti, come individui e come cittadini, migliori e più responsabili. Questa è la vera sfida del coronavirus.