di Nino Labate

1)La Dc di Centro

Se ne è parlato tempo fa anche su questa testata, in occasione della scomparsa di Ciriaco De Mita. Un  intellettuale ..."magno-greco" quanto si vuole, ma altrettanto e indubbiamente, un rappresentante indiscusso e di spicco di quel partito politico di Centro  della nostra Prima Repubblica che fu la Democrazia Cristiana, occupando quello spazio centrale solo formalmente. Un Centro dichiarato ed esibito più per ragioni storiche, geopolitiche e filo-atlantiche, nonché  per comodità elettorali, anziché sostanzialmente praticato e perseguito nella concreta testimonianza culturale, politica  e parlamentare italiana.

Ma De Mita non fu soltanto, anzi non fu per niente, un uomo politico di quel centro oggi ritornato in auge e agli onori della cronaca politica.

Un centro ri-battezzato moderato e antipopulista, se non del tutto conservatore. Un centro che secondo alcuni risponde oggi ad una vasta domanda elettorale che preferisce il non voto. Un centro che sta oggi in mezzo e fa da mediatore tra una sinistra comunista e stalinista, e una destra fascista e dannunziana.

Un nuovo centro politico 2.0, insomma,  invocato  a gran voce,  che  serva ad evitare i disastri e le  tragedie delle destra e della sinistra italiane dei nostri giorni. 

C'è ancora da dire che De Mita  non fu soltanto  un  rappresentante politico principale dell'ex centrismo Dc. Ma fu anche  un uomo politico  riconosciuto come indiscusso intellettuale... "magno-greco" , nonché protagonista di quel pezzo importante  di democrazia cristiana che è andata sotto il nome di cattolicesimo democratico, oggi, tocca dire con amarezza,  una valida cultura politica cattolica  scomparsa completamente,  assieme a  tutti i  suoi valori e la sua tradizione sturziana, dossettiana e morotea,  dall'orizzonte dell'attuale quadro politico italiano.

Infine, De Mita fu anche un uomo di partito che credeva e scommetteva fortemente sulla centralità e il ruolo insostituibile del partito politico nella democrazia rappresentativa, ma che quando parlava,  difficilmente parlava di centro scegliendo  sempre nei suoi discorsi la "...sinistra Dc", al posto del "...centro Dc".

2)La metamorfosi del partito politico.

Quel partito politico che amava De Mita, oggi, ahimè,  è scomparso. Quel partito delle sezioni aperte, delle scuole di formazione, dei congressi, dei convegni e dei comizi non c'è più. Si è trasformato in un partito del leader senza seguito. È diventato una associazione digitale. Tutta nelle mani del singolo leader, del singolo segretario, del singolo protagonista social-mediatico, che offre il suo volto e la sua faccia, i suoi twitter e le sue interviste, i suoi comportamenti e le sue dichiarazioni, in sostituzione della sua  segreteria, della direzione del suo partito, del Congresso del suo partito. In sostituzione dei suoi iscritti, e  soprattutto in sostituzione del suo concreto elettorato.

E nonostante tutto, riemerge paradossalmente nel dibattito pubblico il centro politico.

Anzi proprio di questo centro, a leggere la cronaca quotidiana,  si auspica al più presto un ritorno politico. Indispensabile e urgente.

3) Il dopo Draghi

Comunque siano andate le cose sulla frettolosa e politicamente improduttiva  rimozione di Draghi, non credevo per niente  possibile l'esplosione di un neo-centrismo come quello emerso sotto i nostri occhi dopo il suo  licenziamento. Le sue dimissioni hanno visto spuntare dal nulla una frittata di sigle e simboli cerchiati che si dichiarano tutte di centro, come non si era mai visto prima in Italia. Tutti nelle mani di singoli leader.  Ognuno con se stesso e con pochi amici fidati.  Un neo-centrismo senza una precisa cultura politica.  Un neo-centrismo spezzettato sino all'irrilevanza elettorale. Frammentato in decine di partiti fotocopie, singoli partitini, liste e  liste civiche, gruppi e movimenti.  Un neo-centrismo declinato a volte anche in senso moderato, con un termine ottocentesco da borghesia ricca e aristocrazia agiata, per fare presa su quella striscetta di ceto medio rimasta sulla scena sociale,  e su quel filetto di borghesia italiana ancora viva dal momento che la fetta più grossa è scomparsa da un pezzo, come hanno sostenuto anni fa,  De Rita, Bonomi e Cacciari. E in qualche caso, ma solo per comodità elettorale, un neo-centrismo attratto dai suoi due lati e autoproclamato di centro-sinistra e di centro-destra. Pur sapendo che oggi destra e sinistra – se proprio ci teniamo a usare ancora queste categorie del passato senza chiarire di volta in volta di cosa parliamo – indicano cose assai diverse. E non è finita. Perché il filo rosso che ha unito questi nuovi centristi riguarda l'attacco al populismo imperante. Tutti contro il populismo...degli altri. Con una reiterazione da brividi del termine, su cui si è sempre ignorato il fatto che la retorica populista, il rivolgersi cioè direttamente al popolo, appartiene sin da Pericle e assieme alla menzogna, alla fisiologia della democrazia politica, come ci ha ricordato Hannah Arendt. Retorica e menzogna, oggi, rinforzate sino all'inverosimile dai media vecchi e nuovi, e dai social bugiardi e manipolati. Un neo-centrismo infine – e questo dispiace – definito in alcuni casi anche cattolico, quando non cristiano. E con qualche leader fondatore di un nuovo centro, che si è avventurato a proclamare la sua nuova formazione addirittura come partito di centro cattolico-democratico, dimostrando con ciò d'ignorare il significato di questa particolare cultura politica cattolica di cui, come si diceva, De Mita è stato un valido rappresentante.  Ma tant'e'!

 4) "La democrazia del pubblico"                    

Stando così le cose non ci rimane che di augurare buone cose a questo neo-centrismo italiano 2.0, che, coalizzato o meno, viene tutto giocato sulle opinioni nascoste dei non votanti e astenuti, sulla attuale legge elettorale con una buona quota proporzionale, non escludendo alcune proposte particolari relative ai bonus, al costo del lavoro e agli stipendi, alle pensioni da rivalutare, e alle imprese,  sposate a ben vedere più  o meno da tutto l'arco costituzionale. Altro non c'è. O se c'è, è ben nascosto sotto l'insana e narcisa voglia di protagonismo dei singoli leader, confermando in questo modo la tesi di Bernard Manin sulla "Democrazia del pubblico" dei nostri giorni, che grazie al sistema dei media trasforma la rappresentanza in un rapporto diretto tra leader e opinione pubblica, senza partito dietro. Proprio quel partito su cui scommetteva De Mita. Trovare una specifica e originale identità culturale, oggi non serve. Non c'è infatti da offrire una specificità distinta di valori e principi e non c'è una qualche originale offerta di nuove regole democratiche. Serve solo uno che sappia parlare alle pance degli elettori di fronte a una telecamera o seduto col suo Pc davanti. Se proprio stanno così le cose, non si capisce bene allora quali sono e cosa sono la destra e la sinistra che si oppongono al neo-centrismo esploso in Italia. Tentiamo noi una risposta. Il neo-centrismo di oggi nasce perché ha  sui suoi lati, due forti e pericolosi rivali che bisogna combattere e che conviene ricordare sin dentro la cabina elettorale:  – da una parte la voglia dichiarata di  un progetto politico di statalizzazione di tutto il libero mercato, col blocco della proprietà privata e della libertà d'impresa attraverso una  pianificazione centrale nelle mani del segretario dell'unico partito esistente, rimanendo sempre in attesa di una rivoluzione proletaria mondiale; 

– dall'altra parte, di fare a meno dello Stato e di "lasciar fare" liberamente gli spiriti animali conservatori, nella gestione del mercato e di tutta la società, perché solo il singolo individuo senza vincoli, anche facendo leva sulla sua etica protestante, sa innovare e gestire il progresso.                          

Dunque, sia per l'una che per l'altra di queste paurose alternative presenti in Italia, è meglio stare nel mezzo, evitando tragedie.

09-08-2022
Autore: Nino Labate
Giornalista
meridianoitalia.tv