di Margherita Kosa
“I pubblici ministeri che valutano professionalmente i giudici, sulla base del fatto che abbiamo dato torto alla grande operazione del momento e arresti a raffica. È un problema preoccupante e la riforma non è stata coraggiosa sul punto”.
Da mesi si discute della riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) ed ora il maxiemendamento Cartabia è all’esame del Parlamento.
La riforma prevede la riorganizzazione dell’organo di autogoverno della magistratura, nel tentativo di limitare il peso delle “correnti” politiche al suo interno, soprattutto a seguito dei grossi scandali che hanno coinvolto la magistratura italiana negli ultimi anni ed interviene sulle carriere dei magistrati che entrano in politica.
Bisogna accelerare, la riforma dovrebbe essere approvata dall’Aula entro questo mese.
Tra luglio e settembre ci sarà infatti il rinnovo del CSM e quindi occorre concedergli il giusto tempo al fine di organizzarsi internamente, anche alla luce di una probabilissima nuova legge elettorale.
Il maxiemendamento Cartabia è in grado di ristabilire gli equilibri costituzionali o è semplicemente un far finta di cambiare, al fine di potere accedere alla Recovery Fund?
Dott. Luca Marini, magistrato e Presidente della Sezione GIP del Tribunale di Venezia, risponde ad alcune domande sulle criticità della riforma.
- Che ne pensa della presenza attiva e diretta dell’Avvocatura nei Consigli giudiziali?
“...io non ho nulla in contrario alla partecipazione dell'Avvocatura ai Consigli giudiziari, anche alla partecipazione diretta alla valutazione della professionalità dei magistrati, non vedo perché ce ne dovremmo preoccupare.
Ciò di cui i magistrati si preoccupano di più nella valutazione dei Consigli giudiziari, francamente, sta nella sperequazione tra il peso dei pubblici ministeri, rispetto al peso dei magistrati giudicanti. Questo è vissuto con molta maggiore preoccupazione della presenza qualificata dei rappresentanti dell'Avvocatura nei Consigli rappresentanti che, in genere, almeno io parlo per il Veneto, partecipano poi a tutto, ovviamente non hanno diritto di voto sulle valutazioni di professionalità, ma partecipano, ascoltano e quindi poi possono anche riferire in maniera giustamente critica, sia in positiva che negativa.
Io mi preoccupo di più del peso che hanno i pubblici ministeri che valutano professionalmente i giudici, sulla base del fatto che abbiamo dato torto alla grande operazione del momento, arresti a raffica, della presenza incombente delle Direzioni distrettuali antimafia ovunque, anche in Regioni in cui la presenza della criminalità ha delle peculiarità del tutto differente, rispetto a quelle storiche di partenza e che costruiscono carriere più sugli esiti delle misure cautelari di un'indagine e non sul giudizio successivo del primo, del secondo grado e della Corte Suprema.
Io lo sento da molti giovani colleghi che sono con me e prima ho fatto tantissimi anni di dibattimento e quindi sento forse di più dai colleghi che sono al tribunale del riesame, non dico che siano terrorizzati, ma sono spesso spaventati dal fatto che nei Consigli giudiziari e poi al Consiglio superiore le valutazioni dei pubblici ministeri sulla loro carriera professionale hanno un peso specifico, indubitabilmente superiore a quello dei colleghi del giudicante. Per cui francamente la riforma non è stata coraggiosa sul punto riforma delle valutazioni di professionalità.
- Come ritiene possibile risolvere il problema della valutazione di professionalità dei magistrati?
“Condivido pienamente quello che diceva l’autorevolissimo collega Picardi sul fatto che possono esserci tanti sistemi di valutazione di professionalità, ognuno ha i suoi aspetti positivi e negativi. Personalmente non ritenevo sbagliatissima la riforma che è intervenuta nel 2016 sulle valutazioni di professionalità, anche degli incarichi semidirettivi, direttivi, come quella precedente sulla valutazione periodica di professionalità dei magistrati, sulla molteplicità di parametri, però i parametri devono essere quantificati.
50 parametri come si diceva prima di avere la magistratura tedesca per valutare la professionalità. Vanno bene, possiamo introdurre anche noi, anche 60, anche 70, però non tutti uguali. Perché cosa è stato il grave vulnus all’effettività della riforma del nostro Consiglio superiore? Aver introdotto una molteplicità di parametri per valutare i direttivi, tutti uguali tra di loro, per cui, in ogni caso, è la maggioranza del Consiglio che decide in un caso o nell'altro a quale dare preponderanza e a quale no, dovrebbero essere valutati in maniera aprioristica rispetto a una valutazione concreta ed a posteriori.
Questo lo può fare solo il legislatore, dovrebbero essere introdotti a livello di ordinamento giudiziario, non lasciati alla normazione secondaria del Consiglio superiore, perché altrimenti non se ne esce da quello che è lo strapotere delle correnti”.
- Secondo Lei la proposta governativa è in grado di limitare lo strapotere del “correntismo”?
“Io non sono contrario, ve lo dico, al fatto che esistano le correnti della magistratura, come in tutte le realtà associative, avvocatura, ma anche la realtà politica italiana. Il Consiglio superiore è un organismo rappresentativo di autogoverno della magistratura, in cui sono rappresentati comunque i partiti politici, attraverso autorevolissime rappresentanti, in genere sono avvocati, oltre che professori universitari. Per cui è già un organismo di elevata amministrazione plurima e a partecipazione sicuramente variegata, non soltanto corporativa, che però ha un eccesso di potere nella autonormazione delle proprie procedure, che dovrebbe essere maggiormente temperata dal legislatore ordinario. Questo al momento, la riforma Cartabia non ha introdotto, non dubito che lo introdurrà livello parlamentare, speriamo di sì, visto che il Presidente del consiglio ci ha promesso che non verrà vulnerata da un voto di fiducia e quindi è una riforma migliorabile”.
- Il sistema elettorale proposto, binominale maggioritario a grandi collegi, potrebbe essere una soluzione?
“Il sistema elettorale è un sistema elettorale maggioritario temperato, è un sistema che vale comunque qualunque altro. Certo questo spinge al bipolarismo, ma il bipolarismo è una scelta tattica delle correnti. Sinora erano 4 – 5, con il sistema bipolare si accorperanno e resteranno due orientamenti al massimo. Io personalmente preferirei il caro vecchio sistema proporzionale a liste contrapposte perché è quello che garantisce la rappresentatività ideologica un pò di tutti”.
- Il sorteggio avrebbe cambiato la situazione?
“Non mi scandalizzerebbe nemmeno il sorteggio, però dico ai colleghi, a cominciare dal mio amico Carlo Nordio di cui sono onorato di essere stato collaboratore, nei 5 anni della sua Commissione di riforma del codice penale ed è un grande fautore del sorteggio.
Non cambia le cose, se non in senso ingiustizia successiva, perché con buona pace di chi si sente cane sciolto, l'80% dei magistrati italiani è comunque iscritto in una corrente, ha un suo orientamento ideologico di pensiero e inevitabilmente il sorteggio temperato come si vuole porterà, a caso, una serie di magistrati a far parte del Consiglio superiore.
Questi magistrati apparterranno a qualche corrente e chi non appartiene a qualche corrente a quel punto farà la corrente dei non appartenenti, poi il sistema riprende normalmente il suo gioco con l'ingiustizia che è stato frutto di un caso, di un mero sorteggio. Quindi io preferisco allora il proporzionale, ognuno si voti i suoi e la rappresentanza è sicura, sennò questo maggioritario temperato per collegi territoriali garantisce un pò di corporativismo locale e un pò di coordinamento poi nazionale tra i corporativismi locali, per evitare eccessive discrasie tra una parte e l'altra del Paese. Non mi preoccupa la legge elettorale, vale come un'altra”.
- Il sistema elettorale, a seguito di inchieste giudiziarie che hanno messo in luce vere e proprie “spartizioni” nell’assegnazione di incarichi dirigenziali, è tornato di prepotente attualità. Cosa ne pensa dei criteri di nomina dei direttivi e semidirettivi?
“Io mi preoccupo, ripeto, della riforma delle valutazioni di professionalità e della riforma dei criteri per la nomina dei direttivi e dei semi direttivi. Qualcuno i semi direttivi li vuole anche abolire, dicendo che basta il magistrato più anziano di una sezione per coordinare, poi un presidente del tribunale manageriale per governare tutto. Si, una cosa che si può fare benissimo.
Tenete conto poi, oltretutto, che non c'è un incentivo economico per fare i direttivi in magistratura. A volte io sento in giro questa cosa che non la sanno gli addetti ai lavori. Ma un Presidente di tribunale non piglia 1 € di più del suo pari anziano che svolge funzioni prive di qualunque responsabilità ed è gravato da enormi responsabilità di coordinamento e di gestione dell'ufficio. Per cui in realtà non c'è tutta questa pressione nella carriera dei magistrati per andare a fare i direttivi e semidirettivi. Soltanto soddisfazione personale e rappresentatività, salva la carriera dei pubblici ministeri, dove invece la esposizione mediatica dei procuratori della Repubblica è diventata francamente eccessiva”.
- La separazione delle carriere potrebbe essere una soluzione alla garanzia dell’imparzialità ed indipendenza dei magistrati giudicanti?
“Io non la sostenevo fino a qualche anno fa, ma dopo si, quando ho visto i problemi sulla indipendenza interna dei magistrati giudicanti, rispetto ai pubblici ministeri. Non siamo in pochi a ritenere che una qualche forma di maggiore rigidità nella separazione delle funzioni sia necessaria, ci sono quelli che invocano la separazione delle carriere. Io il referendum l’ho sottoscritto, perché francamente ritengo che forse ai mali estremi, estremi rimedi, ma si può anche arrivare a una maggiore separazione delle funzioni, come in qualche modo la riforma Cartabia cerca di far fronte, limitando i passaggi dal giudicante al requirente e viceversa.
È una soluzione. Forse non risolve i problemi, dovrebbe separare, secondo me gli organismi di valutazione professionale, ripeto, tra i giudici e pubblici ministeri. Come? Lo lasciamo fare al legislatore, perché io faccio il magistrato, non voglio fare il legislatore, anche se, a suo tempo negli anni 90 collaborai con il segretario della Commissione giustizia, per proporre una riforma elettorale che lui mi chiese in senso maggioritario (ed è più o meno il testo della riforma Cartabia attuale) che redigevamo in quell'occasione poi non se ne fece nulla e si passò ai sistemi bizzarri successivi, alla fine ha sempre scontentato tutti”.
Alla luce delle suddette osservazioni si attende con estremo interesse e ansia la riforma. Ma la problematica principale dell’ordinamento giudiziario (oltre a quelle evidenziate dalla proposta governativa) è che la magistratura è diventata uno strapotere che distorce i rapporti fra i poteri, contrapponendosi alla politica, al Parlamento, al governo e all’informazione.
Molto probabilmente, al fine di ristabilire gli equilibri di una democrazia matura non sarà sufficiente una riforma dei criteri di elezione del CSM e la riforma Cartabia, così come ora formulata.