di Rosa Manzo
Mentre la cronaca politica di queste settimane si concentra sulle candidature per il Colle, si tocca con mano la mancanza di una riflessione puntuale sulle qualità che i candidati alla Presidenza dovrebbero possedere per poter ambire alla carica di capo dello Stato. Così di primo acchito appare che chiunque possa ricoprire tale carica purché si tratti di un italiano di alta moralità.
E se la moralità trova sempre difficoltà ad essere definita ben non si comprende se per ricoprire la carica di Presidente debba presentarsi un santo o un asceta o anche solo una "persona perbene" come sembrano testimoniare alcune delle proposte giunte in Aula in questi ultimi giorni.
Eppure, in una Italia di qualche anno fa meno antipolitica di oggi, sarebbe stato considerato lapalissiano affermare che il futuro capo dello Stato chiamato a rappresentare l’Italia in arene internazionionali e nazionali dovesse essere una figura politica. Perché è proprio nel contesto politico che tale alta moralità deve essere collocata: l'essere politico del futuro Presidente della Repubblica non si traduce nel mero svolgimento di una attività politica partitica, ma va oltre fino ad individuare colui che ha contribuito alla costruzione del nostro Paese tutto. Il che ci porta a riflettere sui valori che abbiamo posto alla base della nostra Italia. La Costituzione stessa ci viene in aiuto laddove nei principi fondamentali celebra la nascita dell’Italia come democrazia, riconosce i diritti fondamentali della persona ancora prima che gli stessi venissero riconosciuti nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, eleva la dignità umana a principio di rango costituzionale. Sempre al Presidente la Costituzione affida il compito di rappresentare l’unità della nazione, espressione che deve essere letta oltre la mera rappresentanza dei cittadini italiani in Italia e dei tanti italiani che vivono all'estero, ma anche e specialmente rappresentanza della unità. Così lungimiranti furono i nostri Padri costituenti da intuire che le diversità ideolgiche o partitiche avrebbero potutto mettere a repentaglio l’Italia e tanto previdenti furono ad affidare a un corpo diverso dal Parlamento e dal Governo la Presidenza della Repubblica di modo da garantire l’unità della nazione. Straordinaria perciò la qualità del Presidente che senza essere stato mai divisivo garantirà l’esistenza stessa dello Stato unito preservandolo dai bollori delle liti partitiche e ideologiche che potrebbero mettere in pericolo la democrazia.
E poi l’ultima qualità, quella su cui spesso si alzano gli occhi al cielo, aver lavorato per l’Italia, averla amata tutta, non una parte, non un gruppo e credere nell’Italia come Paese unito in tutte le sue espressioni.