di Elisabetta Biondi

Settanta anni fa Robert Schuman, il “padre dell’Europa”, diceva: «l'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto», per proseguire poi riferendosi non all’accezione “comune” di solidarietà, ma piuttosto ad una «solidarietà di produzione» che «in tal modo realizzata farà si che una qualsiasi guerra tra la Francia e la Germania diventi non solo impensabile, ma materialmente impossibile.

La creazione di questa potente unità di produzione, aperta a tutti i paesi che vorranno aderirvi e intesa a fornire a tutti i paesi in essa riuniti gli elementi di base della produzione industriale a condizioni uguali, getterà le fondamenta reali della loro unificazione economica». Questo è un momento cruciale in cui quella visione, che sembra oggi lontanissima, ed in effetti lo è, potrebbe realizzarsi in un’evoluzione di sé o, al contrario, involvere fino alla sua potenziale dissoluzione.

Durante questi decenni l’originaria impostazione delle Comunità Economiche europee è stata gradualmente sostituita da un’Unione che, pur evoluta rispetto al momento costitutivo, ha mantenuto alcuni dei limiti di fondo di quella visione d’origine. La matrice “prevalentemente di mercato” potrebbe essere uno di quei limiti, considerata la scarsa condivisione della solidarietà come valore comune tra i popoli europei e la scarsa fiducia tra Stati e tra Stati membri e la Commissione, che ha arginato notevolmente qualsiasi forma di cessione di sovranità e conseguentemente ostacolato un vero processo di federalizzazione.
Oggi cade l’anniversario di quella dichiarazione, che ha dato inizio ad un profondo cambiamento del Vecchio Continente, fino alla riunione tra popoli così diversi per cultura, religione, lingua e visione economico-sociale sotto l’egida addirittura di una comune cittadinanza europea, ancora non assimilata però dalla popolazione come tale.
Nonostante le forti spinte antieuropeiste, conseguenti anche probabilmente alla sostanziale incapacità dell’Unione in quanto tale di fronteggiare le ultime gravissime crisi economico-finanziarie, l’Unione è riuscita a mantenere la sua identità, riuscendo a fronteggiare, unita, anche lo schock più impensabile: l’utilizzo da parte della Gran Bretagna del meccanismo di fuoriuscita dall’Unione previsto dall’articolo 50 TUE. Questa vicenda storica, che avrebbe segnato definitivamente il futuro dell’Unione, che per sopravvivere agli inevitabili aneliti emulativi avrebbe comunque dovuto rivedere in modo approfondito equilibri politici, economici, sociali e anche culturali tra Stati membri e tra popoli, è stata comunque travolta, in ordine di importanza, dalla attuale crisi sanitaria che ci coglie a festeggiare l’anniversario della nostra Unione all’insegna del distanziamento sociale, interrogandoci sulle possibili strade per un maggior ravvicinamento e una più profonda coesione tra i nostri popoli e le nostre economie.
Diverse possono essere le strade da valutare per iniziare a perseguire tale scopo, una di queste potrebbe essere il ravvicinamento tra le legislazioni fiscali. Argomento davvero spinoso, ma gli ultimi venti anni hanno messo così tanto alla prova le nostre convinzioni europeiste, pur allargando da un lato il progetto ad un numero inizialmente impensabile di Paesi, riducendo dall’altro spesso le decisioni a bilance negoziali spesso molto lontane dalla o dalle realtà sulle quale avrebbero dovuto dispiegare i propri effetti.
L’Unione europea ha una legislazione di bilancio decisamente peculiare, spesso non del tutto comprensibile anche per gli addetti ai lavori, figuriamoci per i cittadini, che la vedono come entità lontana e non del tutto comprensibile. La contribuzione diretta dei cittadini a quella attività, invece, potrebbe essere uno dei passi verso una direzione davvero unitaria. Per “fare gli europei”, una volta fatta l’Europa, occorre la consapevolezza di essere parte di un insieme e una delle possibili soluzioni potrebbe essere quella di rendere tutti i cittadini direttamente e trasparentemente partecipi del bilancio dell’Unione. In questo modo i fondi, gli aiuti, e la circolazione di investimenti potrebbe non sembrare più qualcosa di “calato dall’alto”, quanto piuttosto un meccanismo fluido di gestione di un’unica economia.
Le legislazioni fiscali dei singoli Stati membri oggi sono infatti così lontane tra loro, anche quelle relative all’imposizione indiretta che sono teoricamente tra loro armonizzate, da contribuire non solo a vivere le Istituzioni unionali come entità distanti ed estranee agli ordinamenti giuridici nazionali, ma addirittura a creare distorsioni, diseguaglianze, squilibri e concorrenza sleale tra gli stessi ordinamenti. Senza stabilire delle regole chiare e davvero comuni, con una diretta confluenza delle entrate erariali nel bilancio dell’Unione questa continuerà a “girarsi dall’altra parte”, fingendo, tra l’altro, che l’accaparramento di contribuenti e la rimodulazione funzionale delle aliquote per favorire una sorta di “turismo fiscale” non siano un serio ostacolo all’evoluzione in una direzione unitaria.
Come diceva Schuman, la realtà europea comporta una certa graudalità, di conseguenza nessuno potrebbe aspettarsi che una materia estremamente delicata, e per questo demandata dai Trattati alla competenza assoluta degli Stati membri, possa essere oggetto di immediata rinuncia anche parziale da parte degli Stati membri. Un primo inizio potrebbe essere l’utilizzo della procedura di cooperazione rafforzata, disegnata proprio per porre rimedio alle inevitabili divergenze di volontà aggregativa in considerazione del notevole numero di Stati coinvolti e delle divergenze normative dalle quali si dovrebbe partire per disegnare una legislazione fiscale davvero comune anche per l’imposizione diretta.
Questo potrebbe essere il momento ideale; in questo momento è chiaro quale sia la forza e al tempo stesso la debolezza di un’Unione “monca” nata per prevenire conflitti, per unificare mercati, ma che ora sarebbe il momento di pensare come strumento per unificare i popoli!

08-05-2020
Autore: Elisabetta Biondi
Avvocato
meridianoitalia.tv