di Gianni Lattanzio

Ogni anno, il 9 maggio, si celebra l’anniversario della Dichiarazione Schuman (dal nome dell’allora ministro degli esteri francese) che ha segnato l’avvio del processo di integrazione europea. Si tratta di una data storica che è bene ricordare perché è importante ravvivare lo spirito che ha animato il progetto di creare “una solidarietà di interessi” tra gli Stati membri, mediante la politica “dei piccoli passi”, al fine di raggiungere traguardi sempre più ambiziosi.
Non è questo il momento di ripercorrere le tappe che hanno portato all’attuale fase di sviluppo dell’Unione europea. In alcune occasioni c’è stato modo di fare il punto: nel 2017 abbiamo festeggiato i 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma e nel 2020 sono stati ricordati i 70 anni della Dichiarazione Schuman. Occorre guardare avanti con la consapevolezza dei numerosi passi avanti compiuti nel processo di creazione di “un’Unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa” (preambolo del Trattato di Maastricht).

In questo processo, non sono mancate le battute d’arresto e i momenti di crisi (sono stati numerosi e talvolta piuttosto seri) ma la spinta ideale degli inizi e gli sforzi comuni degli Stati membri e delle Istituzioni hanno sempre consentito di superare quei momenti con soluzioni innovative sia sul piano istituzionale che normativo. Per non parlare del ruolo della Corte giustizia, particolarmente creativa proprio nelle fasi di rallentamento del processo di integrazione, sia per immobilismo delle Istituzione sia per sfiducia e scarso attivismo degli Stati membri. 
Negli ultimi anni si è assistito a vari tentativi di riaffermazione dei poteri sovrani degli Stati membri e si è attraversata la difficile fase di negoziazione dell’accordo di recesso del Regno Unito dall’Unione europea (Brexit). Si è assistito, inoltre, ad un nuovo protagonismo delle Corti costituzionali, in particolare di quella tedesca, nella salvaguardia delle prerogative sovrane (già in fase di ratifica del Trattato di Lisbona). Se, da una parte, questa tendenza lascia talvolta con il fiato sospeso per il rischio di infliggere battute d’arresto o di vanificare gli sforzi compiuti con fatica nell’elaborazione di nuove soluzioni ai problemi emergenti, dall’altra, sembra il riflesso di una dinamica sempre presente nel processo di integrazione, ovvero di conciliare le aspettative del processo di integrazione con gli interessi e le prerogative nazionali.
L’esempio dei risultati raggiunti nella lotta ai cambiamenti climatici dimostra come l’Unione e gli Stati membri riescano a procedere all’unisono quando uniscono le forze e sono animati da uno spirito comune. Questo ambito mette in luce anche un ulteriore profilo nella proiezione esterna dell’Unione europea che può rivelarsi trainante anche nei confronti di altri Stati. La tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici sono un ambito in cui il protagonismo dell’Unione europea nel perseguire valori comuni e fondanti per l’Unione può creare le condizioni per raggiungere meglio e più rapidamente gli obiettivi stabiliti dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Lo slancio richiesto dalla situazione di emergenza sanitaria creata dalla pandemia richiede ora di unire le forze per assicurare una maggiore coesione tra gli Stati membri: è necessario che nessuno Stato membro si tiri indietro dal comune impegno finanziario per la ripresa! Il piano per la ripresa dell’Europa (Next generation EU), la decisione sulle risorse proprie dell’UE (in fase di ratifica da parte degli Stati membri, che aggiunge una forma di contribuzione rapportata al consumo della plastica) e una politica europea di bilancio sono strumenti decisivi per consentire all’UE di realizzare un’ulteriore tappa fondamentale per l’integrazione. La ripresa economica dovrà perseguire gli obiettivi già indicati nel programma dell’attuale Commissione europea (transizione ecologica e digitale) affrontando al contempo la crisi innescata dall’emergenza sanitaria. La dimensione economica e finanziaria dell’impegno comune dovrà avvenire in maniera inclusiva ed equa senza lasciare in secondo piano gli obiettivi sociali evidenziati nell’Agenda strategica dell’UE 2019-2024 e indicati in termini operativi nel piano d’azione del marzo 2021, c.d. pilastro europeo dei diritti sociali, che definisce precisi target da raggiungere entro il 2030 in termini di occupazione, formazione e competenze, nonché riduzione dei rischi di esclusione sociale e povertà.
In questa prospettiva, la Dichiarazione di Porto adottata all’esito del vertice informale dei capi di Stato o di governo del 7-8 maggio è un chiaro segnale della volontà politica di promuovere la dimensione sociale della ripresa europea, affinché possa realizzarsi un vero sviluppo sostenibile dell’Europa che risulti “armonioso ed equilibrato” nelle sue diverse componenti: economica, ambientale e sociale.
L’inaugurazione, oggi, della conferenza sul futuro dell’Europa al Parlamento europeo nella sede di Strasburgo è stata l’occasione per aprire un dibattito teso ad avvicinare tutti i cittadini alle questioni che riguardano le sfide attuali dell’Unione europea. La Presidente della Commissione europea conta molto sull’apporto dei giovani al dibattito e a tal proposito ha richiamato l’esigenza di una nuova forma di solidarietà tra le generazioni. Il Presidente del Parlamento europeo nel sottolineare le sfide globali alle quali l’UE è confrontata ha richiamato la necessità di “modernizzare l’UE” aprendo a possibili modifiche dei Trattati al fine di adeguare il quadro normativo e istituzionale alle esigenze del futuro.
Insieme dobbiamo avere la forza di innovare per costruire una Unione più forte e rispondente alle esigenze dei cittadini europei ed affrontare le sfide ineludibili che abbiamo di fronte.

09-05-2021
Autore: Gianni Lattanzio
Presidente Confassociazioni International
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