di Francesco Tufarelli
L’estate del 2020 e la fase post pandemia stanno regalando una incredibile notorietà ad un organo che, fino a pochissimi giorni fa, era conosciuto solo ai super tecnici delle “euro questioni”.
Il CIAE, questo sconosciuto, è divenuto improvvisamente il luogo centrale di elaborazione dei progetti per il “next generation plan”.
Infatti, esaurita la campagna di Bruxelles, trionfalmente condotta dal Presidente Conte e acquisiti i 209 mld di euro, fra prestiti e contributi, la questione su chi si dovesse occupare di tutto ciò è divenuta centrale.
Alla prima proposta, violentemente respinta anche dalla maggioranza, che prevedeva la costituzione dell’ennesima task force, si è affiancata un altrettanto poco credibile ipotesi parlamentare di Commissione bicamerale.
Davanti all’impasse è toccato al Presidente del Consiglio, assistito dal Ministro per gli affari europei Amendola, estrarre dal cilindro la soluzione: il piano lo elaborerà il Comitato Interministeriale per gli Affari Europei (in arte CIAE), e a chi si è permesso di far notare l’eccessiva carica politica e poco tecnica del suddetto, è stato risposto che all’interno del CIAE la fase istruttoria sarebbe stata curata dal CTV (Comitato Tecnico di Valutazione) in sostanza una sorta di pre consiglio tecnico dello stesso CIAE.
Solo in supporto a questa organizzazione sarà predisposta una cabina di regia di carattere maggiormente tecnico.
A questo punto, sulla stampa di ogni colore, si sono iniziati ad evocare improbabili scenari, ripercorrendo maldestramente le origini del CIAE e attribuendone la costituzione in maniera grossolana e evidentemente scorretta al governo Monti.
In questo contributo, con studiata leggerezza, cercheremo invece di raccontare la vera storia di questo Comitato, la cui origine risale ai primi anni 2000, in tempi di “Convenzione europea”, e la cui primogenitura si deve ad una chiacchierata fra il Prof. Giuliano Amato e il Ministro protempore per le politiche comunitarie Prof. Rocco Buttiglione.
Solo la fortuna di assistere al sopra citato informale colloquio, in qualità di neo nominato Capo di gabinetto del Ministro, mi consente di ripercorrere la vicenda.
In sostanza, nei giorni precedenti all’insediamento della Convenzione Europea, di cui il Professor Amato sarebbe stato nominato Vice presidente, si svolse a Roma una riunione interlocutoria, che avrebbe dato il via alla costituzione dell’osservatorio sulla “Convenzione europea”. Organo di raccordo e vera “cinghia di trasmissione”, fra la delegazione italiana e la società civile del Paese nelle sue diverse articolazioni, da me immeritatamente presieduto per scelta del Ministro.
Nel corso di quella riunione in cui il Presidente Amato non fece mistero di appoggiare totalmente la costituzione di un simile organo designando, da parte sua la Prof.ssa Marta Dassù, ci si trovò ad affrontare il problema della scarsa attenzione italiana alle tematiche europee e dall’altra parte la proliferazione delle formazioni del Consiglio europeo, che sicuramente non conciliavano la fluidità delle decisioni comunitarie.
Nacque così l’idea, da una parte di costituire un comitato interministeriale nazionale a cui affidare la trattazione delle tematiche europee, presieduto dal Presidente del Consiglio o per sua delega dal Ministro per le politiche comunitarie. Dall’altra si valutò di affidare alla convenzione di Bruxelles la proposta di costituire un unico consiglio affari europei, che comprendesse diverse formazioni consiliari ammesso che queste non richiedessero specifiche articolazioni (era dunque escluso dall’esercizio ad esempio l’Ecofin).
Si deve dunque a due Professori: Giuliano Amato e Rocco Buttiglione l’idea di costituire due organi atti: da una parte a sensibilizzare la politica italiana sulle vicende europee, dall’altra a semplificare le decisioni in sede comunitaria.
In realtà il percorso della felice intuizione fu piuttosto accidentato. Se da una parte il Ministro per le politiche comunitarie riuscì a costituire il CIACE quasi al termine del suo mandato, consacrandolo nella legge n° 11 del 4 febbraio 2005, la Convenzione europea invece relegò la proposta del “Consiglio omnibus” nella banca delle buone idee, mai tradotte in realtà né tantomeno presenti nell’accordo finale.
A valle della citata chiacchierata fra Amato e Buttiglione, in qualità di testimone dell’accadimento, ma soprattutto nella qualità di Capo di gabinetto del Ministro, iniziai immediatamente la stesura dell’articolo di costituzione del neo comitato, potendomi avvalere dell’indispensabile aiuto del Capo dell’ufficio legislativo di allora Consigliere Federico Bona Galvagno.
A riguardo è indispensabile ricordare il decisivo contributo del Consigliere diplomatico di Buttiglione, l’Ambasciatore Paolo Foresti, che a preziosi e illuminanti consigli di tecnica diplomatica, alternava sorridendo sotto i baffi, la frase: “alla Farnesina non saranno per nulla contenti”, alludendo evidentemente alla gelosia che in quegli anni, e forse ancora oggi, il Ministero degli esteri nutre per chiunque si occupi di vicende europee.
Il CIACE dunque, privo dell’euro fratello maggiore, iniziò la sua attività nel 2006, grazie soprattutto al blitz con cui il Ministro filosofo riuscì a far approvare la sua legge in Parlamento, convincendo in extremis opposizione e maggioranza a ritirare tutti gli emendamenti e risparmiando dunque l’ennesimo procedimento di “navette” che avrebbe potuto essere fatale all’intera legge.
I tecnici e i politici di allora ricorderanno che quella sera gli stessi diplomatici presenti, colti di sorpresa, si stupirono della repentina approvazione della novella, che tutti accreditavano di un ulteriore passaggio parlamentare destinato inevitabilmente a depotenziarla.
La trasformazione da CIACE in CIAE avviene nel 2012, in pieno “governo Monti”, senza che però il Presidente del Consiglio si occupasse granché della vicenda. Infatti all’inizio della legislatura il Ministro Buttiglione, ritornato parlamentare, aveva presentato un disegno di legge contenente tutte quelle norme che non era riuscito a far approvare durante la sua esperienza ministeriale, e proprio da questo disegno di legge, insieme ad altri, presentati nella legislatura, e grazie ad un certosino lavoro del Ministro pro tempore per gli affari europei Enzo Moavero Milanesi, la legge n°11 del 4 febbraio 2005 fu adeguata alle mutate esigenze ed il CIACE perse la sua C di “comunitari” per divenire finalmente CIAE (legge n° 234 del 24 dicembre 2012).
Per onor di cronaca è importante ricordare, che oltre ad una decennale amicizia, i Ministri Buttiglione e Moavero, ebbero l’avventura di condividere il medesimo Capo di gabinetto e, nella seconda vita, il lavoro di adeguamento del CIAE fu possibile soprattutto grazie all’encomiabile lavoro dell’Ufficio legislativo del Ministero coordinato dall’Avvocato dello Stato Sergio Fiorentino e all’impegno di diversi deputati e senatori che sostennero in Parlamento la novella.
Dalla instancabile Senatrice Leghista Rossana Boldi, Presidente della Commissione per gli affari europei del Senato, attenta esaminatrice dei diversi emendamenti di maggioranza e opposizione, all’Onorevole Mario Pescante, Presidente della omologa Commissione della Camera dei deputati, senza dimenticare il prezioso lavoro di raccordo svolto dall’onorevole Sandro Gozi, che poi successe allo stesso Moavero nell’incarico di titolare per le politiche europee.
Nel successivo Governo gialloverde il Ministro Paolo Savona, che in passato aveva ricoperto l’incarico di Capo dipartimento per le politiche europee, riunì varie volte il Comitato e nel tentativo di restituirgli un forte ruolo politico, consigliò a Ministri e Sottosegretari di partecipare personalmente alle riunioni, senza farsi rappresentare, delegando al CTV il ruolo più meramente tecnico.
Questa, al netto delle annate più o meno fortunate, è la vera storia di un Comitato che 15 anni dopo la sua costituzione, incontra gli onori della stampa e viene chiamato ad affrontare una delle fasi più delicate della storia repubblicana.
Fu dunque la lucidità giuridica del Professor Amato e l’intuizione del filosofo amico del Papa, che in quegli anni contribuirono a disegnare lo scenario dell’Italia e dell’Europa del futuro, ancora oggi purtroppo in parte inattuato.
Spetta oggi al Ministro per gli affari europei, Vincenzo Amendola, calibrare correttamente e fornire adeguato carburante ad una macchina, sicuramente fuori serie, che per troppo tempo ha sostato negli ampi e popolati garage della Repubblica.