di Stefano Milia
Questo 9 maggio si celebra una “Giornata dell'Europa” molto particolare. Non solo quest'anno ricorre il settantesimo anniversario della dichiarazione di Schuman, ma ci troviamo anche in una crisi globale che richiede la nostra cooperazione e solidarietà come mai prima d'ora.
Tra l’altro, proprio in questa data, solo qualche mese fa, si programmava di aprire solennemente, la “Conferenza sul Futuro dell’Europa” concepita proprio per aprire la strada ad un ampio percorso di riflessione e di riforma dell’UE, attraverso fasi di coinvolgimento e ascolto dei cittadini e della società civile organizzata, di tipo innovativo.
L’Unione intera si è invece trovata a doversi concentrare sull’affrontare nel modo più efficace possibile la sfida globale del COVID-19 che la richiama a pensare soluzioni nuove ed urgenti in un quadro di distribuzione di competenze tra istituzioni europee, nazionali, ma anche regionali, che sta dimostrando ancora la sua incompiutezza.
La Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950, ha posto le basi per qualcosa che molti europei non avrebbero osato sognare quando l'Europa si stava ancora riprendendo dalla guerra che aveva dilaniato il continente. 70 anni dopo, le parole di Robert Schuman sono più che mai attuali, in un momento in cui l'Europa e il resto del mondo stanno affrontando insieme la sfida più difficile dalla fine della seconda guerra mondiale.
La dichiarazione di Schuman, comunque non vi sarebbe mai stata senza quell’intuizione e successivo impegno che, partito da alcuni confinati di Ventotene, si è poi diffuso in diverse realtà del continente. Esso delineava un progetto di riconciliazione, cooperazione, solidarietà e unità europea al di là delle frontiere, che ci ha portato il più lungo periodo di convivenza pacifica in Europa e ha portato all'Unione Europea così come la conosciamo oggi, un luogo di libertà, benessere e sicurezza che, in questa forma, non conosce pari al mondo.
Per molti, il breve testo della dichiarazione rappresenta una pietra miliare del gradualismo funzionalista che ha dominato la costruzione delle prime Comunità. Esso è rappresentato da quel famoso passaggio del testo che recitava: L’’Europa non potrà farsi in una sola volta, ne sarà costruita tutta insieme, essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.” Mentre viene molto meno ricordato un altro passaggio della stessa dichiarazione che affermava però un altrettanto fondamentale elemento, cioè quello dell’aver molto chiaro l’obiettivo finale verso il quale si vuole tendere. Schuman affermava infatti anche che la nuova “Alta Autorità”, che avrebbe gestito in comune le produzioni di carbone e acciaio emettendo decisioni vincolanti per gli Stati partecipanti, avrebbe costituito “… il primo nucleo concreto di una Federazione europea”.
Oggi ci troviamo di fronte ad una nuova e immensa sfida, che non conosce confini né nazionalità e che causerà in molti di noi grande incertezza sul futuro. Ci costringerà a cambiare il modo in cui pensiamo l'uno all'altro e al mondo che condividiamo. Ci troviamo allora a dover nuovamente scegliere tra cercare punti fermi in quei valori fondamentali della democrazia, dell'unità, della solidarietà, dello stato di diritto, dei diritti umani, che sono state le fondamenta del progetto iniziato proprio nel 1950, oppure piuttosto rinchiuderci su noi stessi, credendo in chissà quale nuova ricetta salvifica di tipo illiberale o identitaria con tutti i rischi e drammi che il passato storico ha già spesso riservato a questo tipo di esperienze.
L’Unione europea di oggi però, non è nemmeno esattamente quello che i padri fondatori avevano immaginato e, conseguentemente, quel progetto non è fallito, come alcuni affermano. Esso è semplicemente ancora rimasto incompiuto, bloccato principalmente da dinamiche intergovernative che ne frenano la capacità di affrontare efficacemente i diversi problemi.
Per affrontare la gravità della crisi e guidate dai valori fondanti del progetto originario, ora le istituzioni comuni che abbiamo costruito negli ultimi 70 anni, si stanno confrontando su come mettere in atto una serie di misure economiche e finanziarie senza precedenti. Questi sforzi congiunti, se adeguatamente sostenuti dalla solidarietà degli Stati membri e il chiaro obiettivo di rafforzare la coesione politica generale, potranno dimostrare il valore della nostra Unione e potranno riavvicinarla ai cittadini.
Essi, se portati avanti con adeguata ambizione e determinazione, potranno rappresentare quell’elemento di svolta come 70 anni fa lo fu la messa in comune del carbone e dell’acciaio. Ora si tratta di costruire una ripresa economica sostenibile e meccanismi congiunti che possano migliorare la nostra capacità futura di resilienza alle nuove sfide.
Anche alla luce della crisi attuale, la Conferenza sul futuro dell'Europa continua a rappresentare un'occasione opportuna per fare un bilancio e riflettere ulteriormente sul tipo di Unione di cui abbiamo bisogno, a condizione che ad essa si riconosca un vero e proprio ruolo di inizio di un processo riformatore di tipo costituente.
Prima la conferenza inizierà, prima essa riuscirà a riunire le istituzioni europee, i capi di Stato e di governo, i parlamenti nazionali, le parti sociali, le parti interessate di tutta Europa e le organizzazioni della società civile, in modo che possano unire le loro energie e concentrarsi su come realizzare un'Unione europea più efficace, unita e democratica, che produca risultati per i propri cittadini.
La giornata dell'Europa di oggi non è, quindi, una semplice celebrazione delle nostre passate conquiste come europei. Guardiamo anche al futuro, ad un futuro che è pronto per essere plasmato da ciascuno di noi. Proprio come 70 anni fa, ci dobbiamo impegnare a muovere i prossimi passi insieme, a ritagliarci soluzioni europee per le nostre sfide comuni ed a ritrovarci uniti nelle nostre speranze ed ambizioni per il futuro.