di Franco Danieli

Tutti (cancellerie, servizi, stati maggiori…) sono rimasti sorpresi dalla travolgente avanzata dei talebani e dalla fine ingloriosa e repentina del cosiddetto “governo legittimo”; lo scenario ha evidenziato effettivamente una gravissima incapacità di analisi e di previsione da parte delle agenzie di intelligence di mezzo mondo e conseguentemente da parte dei governi di riferimento.

Si è adottata nel corso di questi lunghi anni, perlomeno negli ultimi quindici, una prassi astratta, codificata nelle direttive impartite alle forze sul campo che prescindeva da ogni tentativo di conoscenza della reale situazione del paese, delle condizioni sociali, culturali, economiche della popolazione, con la lodevole eccezione della presenza italiana e di qualche altro attore europeo.

La gestione degli Stati Uniti d’America del “dossier Afghanistan” è stata per la quasi totalità di natura militare; il resto era faccenda che non li riguardava, o li riguardava appena. La riprova è la strutturazione del loro impegno economico: 2.261 miliardi di dollari di cui: quasi 1000 miliardi per operazioni militari, 530 miliardi per gli interessi sui debiti contratti, 296 miliardi per le cure ai veterani rientrati, 443 miliardi di aumento del bilancio del dipartimento per la difesa per le attività connesse alla guerra. (fonte: Watson Institute - Brown University)

Il totale speso per la “Ricostruzione” dell’Afghanistan ammonta nel ventennio a 143.27 miliardi di dollari (fonte: Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction) e per l’esattezza così ripartito:

ASFF: Afghanistan Security Forces Fund: 82,90 miliardi di dollari (per l’esercito e la polizia afghana: 33 mld per stipendi, 18,3 mld per equipaggiamento, 9,2 per infrastrutture, 8,3 addestramento…) 

CERP: Commanders’ Emergency Response Program: 3,71 miliardi di dollari

DICDA: Drug Interdiction and Counter Drug Activities: 3,28 miliardi di dollari

ESF: Economic Support Fund: 21,10 miliardi di dollari

IDA: International Disaster Assistance: 1,15 miliardi di dollari

INCLE: International Narcotics Control and Law Enforcement: 5,42 miliardi di dollari

MRA: Migration and Refugee Assistance: 1,53 miliardi di dollari

NADR: Non-Proliferation, Antiterrorism, Demining, and Related Programs: 0,88 miliardi di dollari

Decodificando: quando si parla di ricostruzione si inserisce nel calderone un po' di tutto, dalle spese per l’esercito nazionale, alla lotta alla droga, all’antiterrorismo, e così via.

Sul versante umanitario vero e proprio: il Bureau of Humanitarian Assistance (BHA) dell'USAID, che gestisce i fondi di assistenza internazionale per i disastri (IDA), in stretta cooperazione con, tra gli altri, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF), il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP) e l’Organizzazione della Sanità (OMS) ha comunicato che sono stati stanziati più di 1,15 miliardi di dollari in Afghanistan dal 2002 al 31 dicembre 2020.

L’Ufficio per la popolazione, i rifugiati e le migrazioni del Dipartimento di Stato (PRM) gestore del fondo Migration and Refugee Assistance (MRA) che finanzia programmi per proteggere e assistere i rifugiati, le vittime di conflitti, gli sfollati interni, gli apolidi e i migranti vulnerabili, in cooperazione  con l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per Rifugiati (UNHCR), altre organizzazioni internazionali e varie organizzazioni non governative (ONG) ha comunicato che gli stanziamenti cumulativi dal 2002 fino al 31 dicembre 2020 ammontano a quasi 1,53 miliardi di dollari.

Su 2.261 miliardi di dollari di spese totali nei venti anni, 2,68 sono stati destinati ad interventi di natura umanitaria vera e propria; lo 0,11 per cento circa.

Poche risorse, quindi, sono state usate per accrescere il tenore di vita della popolazione e quel poco si è concentrato essenzialmente nelle grandi città; è qui infatti che è cresciuto il reddito pro-capite (in gran parte come corrispettivo per attività di supporto alle forze militari) e il grado di istruzione così come si è sviluppata la consapevolezza dei diritti fondamentali a partire dalla parità di genere. Sempre nelle aree più urbanizzate e popolate si sono realizzate alcune strutture di assistenza sanitaria ed un sistema di informazione indipendente. Nella gran parte delle aree rurali quasi nulla è cambiato dal 2002.

Poi ci sono delle vere e proprie situazioni paradossali: l’International Narcotics Control and Law Enforcement (INCLE) del Dipartimento di Stato USA che attraverso il Bureau of International Narcotics and Law Enforcement Affairs (INL) sviluppa politiche e gestisce programmi per combattere la produzione ed il traffico di stupefacenti, compresa la formazione di diverse forze nazionali antidroga ha comunicato che Il finanziamento cumulativo per l’Afghanistan erogato dal 2002 al 31 dicembre 2020 ammonta a 4,59 miliardi di dollari. Ebbene, durante il conflitto la produzione di oppio in Afghanistan è passata dalle circa 3000 tonnellate del 2002 alle circa 6.000 del 2020 e gli ettari coltivati dai 74.000 del 2002 ai 224.000 del 2020 (fonti: MCN/UNODC- NSIA/UNODC).

Guardando alle statistiche l’intervento militare in Afghanistan è stato il terzo più costoso conflitto della storia degli Stati Uniti, preceduto solo dalla Seconda Guerra Mondiale e dalla guerra in Iraq (fonte: howmuch.net su dati del congresso americano) ed è stato anche uno dei più lunghi della loro storia.

Alla spesa USA vanno poi sommate anche quelle degli altri paesi della coalizione che sono state valutate in circa 30 miliardi di dollari per il Regno Unito, 19 per la Germania e 8,5 per l’Italia, etc. (fonte MIlex e report parlamentari).

Ma come in ogni guerra alla fine si contano anche le perdite di vite umane: 84.191 talebani e loro alleati, 78.314 esercito a polizia afghana, 71.344 Civili, 3.936 Contractor Usa, 2.448 Esercito Usa, 1.144 Forze della Coalizione (e tra questi i 53 italiani), 685 Personale umanitario e giornalisti. (Fonte: Brown University).

Alla luce dei dati che sono stati elencati è incredibile che qualcuno sia rimasto sorpreso dalla repentina dissoluzione del sistema statuale afghano e dalla rapidissima affermazione dei talebani e continui a porsi domande sul perché sia stato possibile tutto ciò.

Un analista alle prime armi o ancora meglio un operatore umanitario sul campo avrebbe immediatamente spiegato che tutta la straordinaria strategia di capacity building dispiegata in venti anni si sarebbe sciolta come neve al sole. Ad aggravare lo scenario poi la corruzione endemica del simulacro di governo nazionale e dei potentati locali, la trattativa Trump/Talebani a Doha con la conseguente ulteriore delegittimazione del governo afghano, il ritiro ordinato da Biden sulle contraddittorie informazioni dell’intelligence USA che si è trasformato in un disastro geopolitico ed umanitario.

Adesso sarà necessario riordinare le idee e fare i conti con la nuova realtà medioevale che governerà il Paese, con le nuove strategie delle potenze globali e di quelle regionali che già si apprestano a colmare i “vuoti” lasciati (come è stato per l’Iraq, la Siria, la Libia…), con il dramma dei profughi, con lo spettro di una rinascita di fenomeni terroristici e così proseguendo.

In conclusione, qualcuno che è contento per come è andata c’è sempre in tutte le guerre: il sistema della industria bellica. Chissà forse è anche per questi interessi che le guerre moderne durano sempre di più.

20-08-2021
Autore: Franco Danieli
già Viceministro degli Affari Esteri
meridianoitalia.tv