di Amer Al Sabaileh
Recentemente si sono verificati vari episodi di scontro indiretto tra Iran e Israele. Questi semi-scontri mostrano il desiderio di entrambi di non avere uno scontro aperto, tuttavia il numero di incidenti e attacchi sta aumentando prendendo una nuova dimensione con l'incidente nella centrale nucleare iraniana di Natanz.
È interessante il tempismo di questo attacco che è avvenuto in primis contemporaneamente ai colloqui in corso a Vienna; i colloqui avevano l’obiettivo di ripristinare l'accordo nucleare del 2015, e in secundis subito dopo la visita del segretario alla Difesa degli Stati Uniti, incontro in cui il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che Israele e gli Stati Uniti sono d'accordo sul proibire all'Iran di ottenere armi nucleari.
Tornando indietro nel tempo, precedentemente fu attaccata una nave da carico iraniana ritenuta una base del Corpo paramilitare delle Guardie rivoluzionarie islamiche (IRGC) e ancorata per anni nel Mar Rosso al largo dello Yemen.
Come contro offensiva una nave commerciale di proprietà di una società israeliana è stata attaccata al largo delle coste degli Emirati Arabi Uniti nelle acque del Golfo.
Questo incidente e molti altri dimostrano che l'Iran ha costantemente incrementato la propria capacità di sfruttare la minaccia della guerra convenzionale e asimmetrica al traffico marittimo nel Golfo. Questo fatto non è sicuramente a favore dell'Iran in quanto conferma la richiesta di Israele e la posizione degli stati del Golfo in merito alla necessità di espandere i colloqui con l'Iran sia sulle sue capacità balistiche che sulle sue politiche regionali aggressive e non limitarsi ad accordi sul nucleare.
Dall'episodio dell’assassinio del generale Qassem Sulaimani gli iraniani non hanno risposto direttamente a nessun attacco, anzi hanno adottato una sorta di piano per procura utilizzando varie forme come milizie filo-iraniane in Iraq o minacce provenienti dallo Yemen; tuttavia le dinamiche interne iraniane suggeriscono che l'Iran potrebbe essere obbligata a rispondere, reagire e impegnarsi in modo più diretto.
In questo frangente non bisogna sottovalutare l’impatto, dal punto di vista interno delle elezioni presidenziali in programma per il 18 giugno 2021.
La lotta tra i due schieramenti, i riformisti da una parte e i conservatori dall’altra avrà il suo impatto sulla politica e sull'atteggiamento regionale dell'Iran anche nei confronti della comunità internazionale. Il campo conservatore, che è molto più influente oggi e che ricopre le posizioni chiave nella scena interna iraniana, non ripeterà mai l'errore dando al riformista la possibilità di aumentare le proprie possibilità di essere al potere usando le opzioni di rimozione delle sanzioni della comunità internazionale. In realtà i conservatori potrebbero adottare un atteggiamento più aggressivo in questo periodo e reagire a qualsiasi attacco all'Iran o ritardare l’eliminazione delle sanzioni.
Questa la situazione si sta verificando mentre sia Israele che Iran stanno attraversando un periodo di instabilità dal punto di vista interno, con Netanyahu che sta disperatamente cercando di formare il suo governo, e con le potenze conservatrici in Iran che cercano di escludere i riformisti dalla gestione del potere. Questa instabilità e la concorrenza trasformeranno sicuramente le politiche regionali in uno strumento per servire e rafforzare le proprie posizioni nei paesi, quindi un approccio escalatory potrebbe essere adottato da entrambe le parti. Ciò significa che i prossimi mesi potrebbero essere ricchi di tensione e quasi-confronto. Situazione che a secondo delle convergenze potrebbe sempre salire di livello evolvendosi in uno scontro diretto.
Non c'è dubbio che la situazione in Iran sia difficile a causa di anni di sanzioni, Israele sembrava essere in grado di prendere di mira l'Iran all'interno dello stesso paese, non solo in Siria, tuttavia, la posizione dell'Iran è strategica, soprattutto quando si tratta dello stretto di Hormuz, per ciò che riguarda, ad esempio, il commercio internazionale, gli stati del Golfo e le risorse petrolifere come nel caso dell’Arabia Saudita.
Questo significa che l'unica opzione percorribile dall'Iran potrebbe portarlo in tempi brevi ad adottare una politica che potrebbe produrre effetti negativi a livello internazionale, coinvolgendo il mercato petrolifero internazionale, marittimo o commerciale in generale.
Eppure, l'Iran ha fatto una mossa tattica importante firmando con la Cina un accordo di cooperazione di 25 anni sulle relazioni Iran-Cina il 27 marzo 2021, questo passo può sicuramente rafforzare la posizione iraniana e darle più opzioni. Rimane però costante il rischio che l'Iran perda la possibilità di tornare all'accordo sul nucleare e allo stesso tempo diventare un nemico di USA e UE. Se dovesse verificarsi questo scenario il confronto aperto con l'Iran potrebbe essere imminente.
Quindi, a meno che non ci sia una chiara visione internazionale su come trattare con l'Iran e un consenso regionale, sarà impossibile pensare a una soluzione che possa garantire stabilità o sicurezza regionale. Pertanto, questa situazione potrebbe portare a più incidenti e maggiori rischi di instabilità.