di Giuseppe Morabito
Nell'ultimo anno, le forze armate della Turchia sono state pioniere nell'utilizzo di nuove tecnologie militari come i droni; o nelle metodologie di ricognizione, con sistemi di difesa aerea e con l’ampio ricorso di mercenari. Sia in Libia sia in Nagorno-Karabakh, queste innovazioni hanno permesso a chi era sostenuto dalla Turchia di invertire la situazione iniziale della guerra.
La questione più preoccupante per l’Occidente è stata e rimane, l’impiego di mercenari da parte di un paese alleato e membro della NATO.
In Libia la battaglia per Bengasi combattuta dal 2014 al 2017 è stata una guerra interna di logoramento che si è conclusa dopo una sanguinosa battaglia quartiere per quartiere che ha determinato moltissime vittime civili e numerose violazioni dei diritti umani perpetrate da tutte le parti in causa. Dopo una prima vittoria, il generale “ribelle” Haftar e il suo Esercito di liberazione Nazionale (LNA) hanno condotto operazioni nella zona di Derna all'inizio del 2019 (questi scontri ancora una volta con violazioni dei diritti umani) ed ha poi iniziato un'offensiva nel sud della Libia che l'ha visto prima conquistare il più grande giacimento petrolifero del paese e poi occupare le aree logistiche che in seguito avrebbero facilitato e sostenuto il suo assalto a Tripoli.
Haftar era consapevole che il suo attacco sarebbe stato percepito in molti ambienti come una violazione del diritto internazionale ed equivalente a un attacco militare non provocato contro un governo riconosciuto a livello internazionale del Presidente Serraj (GNA: Governo di Accordo Nazionale).
Indipendentemente dall'animosità popolare che avrebbe creato tra i residenti di Tripoli, sperava in una rapida occupazione della capitale. Aveva bisogno che la sua azione fosse sia rapida sia relativamente incruenta per mantenere l'acquiescenza della sua base di appoggio tra le tribù orientali e per non alienarsi la popolazione di Tripoli che, sperava, avrebbe accettato il suo governo.
Per come sono andate le cose, l’azione è stata tutt'altro che celere; l'assalto a sorpresa iniziale non ha provocato le sperate defezioni di milizie maggiormente capaci e alleate con il GNA. Inoltre, l'assalto del LNA ha avuto una pessima percezione nazionale e internazionale a causa della scelta strategica di Hafter di farlo iniziare il 4 aprile 2019, subito prima della conferenza di Ghadames mediata dalle Nazioni Unite.
Quando Hafter ha iniziato la sua guerra a Tripoli, l'LNA ha dovuto affrontare un ambiente operativo difficile, caratterizzato da un'elevata densità di popolazione combinata con periferie urbane relativamente aperte e una caotica rete stradale interna che poteva facilmente portare a battaglie strada per strada e pesanti vittime civili se mai i combattimenti fossero arrivati al centro di Tripoli. Inoltre, a differenza delle forze islamiche disordinate, che aveva precedentemente affrontato a Bengasi o Derna, le forze anti-LNA nella regione occidentale erano relativamente meno ideologizzate, meglio organizzate, più numerose e, soprattutto, equipaggiate adeguatamente. Possedevano artiglieria, carri armati, consiglieri stranieri professionisti e sistemi di difesa aerea - elementi che gli oppositori del LNA avevano evidentemente mancanti a Bengasi e Derna.
È in questo momento storico che inizia il massiccio impiego di mercenari nella guerra di Libia. Da circa maggio 2019 con il coinvolgimento principalmente di Turchia e Russia nel conflitto, sono arrivati in Libia mercenari dal Ciad e alcuni ribelli del Darfur. Poi, non sono mancate le forze di supporto sudanesi, i combattenti libici Toubou e ciadiani nel sud per difendere campi e piste di atterraggio e combattenti russi per lavori più tecnici. In particolare, la Turchia aveva iniziato a rischierare i terroristi mercenari anti-Assad dalla Siria, come truppe di terra già nel 2019, subito dopo la firma degli accordi marittimi e militari intercorsi con il GNA. Come detto, la maggior parte di questi combattenti apparteneva all'esercito nazionale siriano “reclutato” da Erdogan per affrontare il governo di Assad sostenuto da Mosca. La maggioranza proveniva da due formazioni: la Brigata Sultan Murad (composta in parte da turkmeni dell'area di Aleppo e autoproclamata come un gruppo "islamista") e la Brigata al-Sham (principalmente da Idlib e designata come organizzazione terroristica dagli Stati Uniti). Molti altri provenivano dalla Brigata al-Mu'tasim (Aleppo) e da Jabhat al-Nusra (una parte di al-Qaeda).
Per la maggior parte, questi gruppi erano ben addestrati ed esperti nella cooperazione con il supporto al combattimento con le forza armate turche. Fino a metà gennaio, solo circa 1.000 siriani erano stati schierati, ma quelle cifre sono aumentate rapidamente e hanno raggiunto 10.000-12.000 ad aprile inizio maggio.
Alcuni di essi sono considerati pericolosi jihadisti che la Turchia voleva inviare velocemente fuori dalla Siria e dal suo territorio. A causa dei propri interessi in Libia, i turchi non si sono limitati a introdurre i mercenari, alcuni di loro (ma non tutti) siano stati poi “reimpiegati” dalla Turchia in Nagorno Kabarakh a favore dell’Azerbaigian, ma anche le già citate armi tecnologiche di notevoli “capacità militari”. Poiché tuttora paese NATO e con anni di esperienza nell'addestramento e nell'organizzazione di milizie siriane e nel rifornimento di difese aeree contro il governo siriano di Assad sostenuto dalla Russia, Ankara già possedeva sia le capacità tecniche sia strategiche necessarie per l’uso dei letali droni nel combattimento. Questo ha dimostrato, se ce ne fosse stato ancora bisogno, che le norme internazionali e persino le risoluzioni delle Nazioni Unite non sono più in grado di impedire l'introduzione di sofisticati sistemi d'arma e operativi in guerre civili precedentemente a bassa intensità e bassa tecnologia. Il governo turco non ha, quindi, mostrato nessun rispetto delle regole imposte dalla propria appartenenza all’ONU e alla NATO.
Anche se è improbabile che le truppe di terra mercenarie vincano guerre civili in situazioni estreme, la guerra per Tripoli ha dimostrato sia che l'esito di un conflitto può cambiare radicalmente non appena i sostenitori di una parte sono disposti a contemplare un'escalation “non convenzionale e non rispettosa della Convenzione di Ginevra” sia che la “comunità internazionale” manca della determinazione e potere necessari per punire le escalation.
Nel caso libico, sebbene l'LNA ed i suoi sostenitori, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia e Russia, siano stati considerati da alcuni come gli aggressori, in seguito hanno mostrato una chiara mancanza di volontà per un'escalation indefinita. La Turchia, invece, possedeva le capacità, militari e non, necessarie per prevalere e poi è stata disposta ad impiegarle a seguito dei calcoli geopolitici entrati in gioco dalla fine del 2019. Tutti questi atti - dall'aggressione iniziale alle successive escalation - si sono verificati nello stesso momento in cui tutti, in aperta malafede, affermavano di rispettare esteriormente l'embargo sulle armi. Se uno delle principali attori a livello mondiale, come l'UE, non si interessa ad un conflitto che è alle sue porte - sia per ragioni legali che morali - deve in seguito essere disposto a convivere con qualunque risultato emerga. Sebbene molti paesi europei fossero parzialmente coinvolti militarmente e diplomaticamente nella guerra civile libica, in particolare Francia, Italia e Grecia, l'UE come istituzione non ha trovato un modo coerente o efficace per mettere fine alla crisi in Libia, forse perché’ i governi erano “distratti” dal necessario contrasto alla pandemia proveniente dalla Cina. In effetti, data la natura profonda degli interessi dell'UE in gioco e la vicinanza all'Europa, l'UE è stata notevolmente passiva durante la guerra libica e ora deve affrontare il problema di mitigare l'impatto negativo di una presenza turca e russa in Libia.
Infine, una domanda per i governanti europei: “Dove andranno i mercenari dopo le attività in Libia?”