di Guido Lenzi

A trent’anni dalla caduta del Muro che aveva irrigidito i rapporti internazionali, contrariamente a quanto qualcuno aveva allora sostenuto, la Storia stenta a riprendere il suo corso. Le regole del gioco, i termini utilizzati, le stesse pubbliche percezioni si stanno alterando. Vi è chi, condonando il comportamento assertivo di Putin, Xi e, finora, di Trump, si rassegna all’apparente ritorno di un multipolarismo che contraddice l’auspicabile multilateralismo, ricostruendo macroscopicamente gli antichi, pericolosi e altrettanto precari, equilibri di potenza.

Al giorno d’oggi, in tempo di globalizzazione, la potenza non può consistere che nella rete di connessioni di cui si dispone, nella capacità di aggregare, di fissare l’agenda. Nella sopravvenuta distinzione fra poteri ‘hard’, ‘soft, ‘smart’ e ‘sharp’ (forte, soffice, sofisticato e insinuante). O, meglio, nella loro articolazione:

a) In America, dopo quattro anni di devastanti ‘tweet’, il ritorno del raziocinio si riproporrà, con la sua consistenza ‘forte’, in contrapposizione a coloro, come Russia e Turchia, che ritengono di poter continuare ad affidarsi ad atteggiamenti assertivi;

b) Auspicabilmente (necessariamente?) in rapporto con il potere ‘soffice’ del quale l’Europa, lei sola, intrinsecamente dispone; in quel rapporto fra Marte e Venere che la mitologia e gli artisti del Rinascimento hanno raffigurato;

c) Con il coinvolgimento di società civili diventate ovunque più esigenti e che, perché possano far valer il loro potere ‘sofisticato’, vanno meglio informate e coinvolte;

d) Ed infine, nel recupero di una Cina che si mette alla guida di un multilateralismo nel quale però tende a rendersi ‘insinuante’.

       Si dovrebbe ritenere che le esigenze e le aspirazioni di ognuno possano compensarsi in quel ‘internazionalismo liberale’, convergente, collaborativo - invece che antagonistico - previsto dalla Carta delle Nazioni Unite. Dovrebbe esserne la testimonianza il fatto che si denunci l’impotenza dell’ONU, così come dell’UE che dell’ONU è la clonazione continentale. A dimostrazione della necessità di recuperarne le funzioni.

       Più che evidente è come le perduranti crisi israelo-palestinese, in Siria, fra azeri e armeni nel Nagorno Karabakh, in Afghanistan, fra Nord e Sud Corea, non possano trovare sistemazione se non con il concorso dell’intera comunità internazionale, che ne accudisca e garantisca l’esito. E’ quel che era accaduto esemplarmente nei confronti dell’Iran, ad opera dei ‘Cinque più uno’, i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza più Germania e Unione europea, che Trump ha rinnegato e che Biden potrà ora recuperare.

       Sintomatico è constatare come, malgrado le tante rigidità, la situazione internazionale ‘eppur si muova’. Significativamente nella regione dell’Indo-Pacifico, verso la quale già Obama dichiarò di voler spostare la strategia di un’America che su quelle distese marittime si affaccia, distogliendola da un Mediterraneo patologicamente instabile, che per decenni la ha sterilmente impegnata. A fini di contenimento di una Cina che vorrebbe farvisi dominante, assertiva se non apertamente aggressiva.

       Una Cina che si è intestata l’avvio di un ‘Partenariato regionale economico complessivo’ (RCEP), che riproduce quel ‘Partenariato Trans-Pacifico’ (TPP) promosso da Obama, che Trump ha poi rinnegato. Nel quale, oltre ai paesi del Sud-est asiatico dell’ASEAN/APEC, si sono associati anche il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda (non, per ora, l’India), partner strategici dell’Occidente.

       Una regione a lungo trascurata, controllata a distanza dal raggruppamento detto ‘Five Eyes’ (Cinque occhi), comprendente i Servizi segreti di Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Canada (al quale si è poi associata anche la Francia), e del coordinamento strategico del ‘Quad’, fra Stati Uniti, Australia, Giappone e India. I quattro punti cardinali di una rete destinata a contenere e riassorbire l’assertività cinese, verso l’instaurazione di una quanto mai opportuna strategia regionale complessiva.

       Si staglia, per contrasto, la situazione patologicamente instabile attorno all’intero Mediterraneo. Dai Balcani a Cipro, al Mar Nero, alla Siria, ad Israele, fino alla Libia. Dove vanno confrontandosi le risorte ambizioni di Russia e Turchia. Sotto lo sguardo attonito della NATO, dell’Unione… e dell’Italia.

23-11-2020
Autore: Guido Lenzi
Ambasciatore d’Italia ( a.r. )
Professore Università di Bologna
meridianoitalia.tv