di Giuseppe Morabito
Le proteste a favore della democrazia hanno scosso Hong Kong per più di un anno. Ora, la Cina ha imposto una severa legge di sicurezza nazionale che minerà l'autonomia del territorio e, quindi, la sua identità. La nuova legge è una grande tragedia per il popolo di Hong Kong, ma sfortunatamente, la comunità internazionale può fare ben poco per fermarne l'attuazione. L'amministrazione Trump ha fatto intendere che intende aumentare la pressione sul governo di Hong Kong, ma farlo rischia di danneggiarne l'economia più di quella di Pechino e accelerare “l'assorbimento” del territorio nella Cina.
Molti analisti consigliano moderazione agli Stati Uniti, sostenendo che un approccio più morbido potrebbe spingere Pechino a limitare le modalità di attuazione della legge ed evitare di peggiorare la situazione. Il governo USA deve comunque considerare la situazione futura di Hong Kong nel formulare la sua risposta a Pechino. Una tiepida reazione degli Stati Uniti potrebbe dare ai cinesi l'impressione di poter procedere con relativa impunità su altre questioni controverse in Asia.
L'ombra su Taiwan si profila minacciosa in questo quadro. Sempre che gli Stati Uniti non dimostrino la determinazione e la capacità di resistere all’aggressione cinese alla democrazia, i leader cinesi potrebbero eventualmente concludere che i rischi e i costi delle future azioni militari contro Taiwan siano bassi, o almeno tollerabili.
Ovviamente non esiste un collegamento diretto tra Hong Kong e Taiwan, un attacco cinese sull'isola non è né imminente né inevitabile. Ma le recenti azioni di Pechino a Hong Kong, e altrove in Asia, sollevano interrogativi preoccupanti sui suoi obiettivi in evoluzione e sulla crescente volontà di utilizzare tattiche coercitive per raggiungerli. In breve, gli Stati Uniti devono stare attenti a non giocare a Hong Kong quando Pechino si sta organizzando per una più ampia competizione per il futuro dell'Asia. Ultimamente la Cina è diventata molto più tollerante negli affari internazionali di quanto non fosse una volta e molto più audace nell'usare la coercizione per far avanzare gli interessi cinesi, spesso a spese degli Stati Uniti e di altre potenze, come Giappone e India. Negli ultimi mesi, la Cina ha aumentato la sua pressione militare e paramilitare sui paesi vicini con i quali ha dispute territoriali, tra cui India, Giappone, Vietnam, Malesia e Indonesia. Sia che queste manovre aggressive fossero intese a ricordare al mondo quanto è risoluta la Cina o a capitalizzare sulla distrazione internazionale causata dal Covid19, offrono una forte indicazione sulle aspettative del presidente Xi e le sue rivendicazioni territoriali. La storia recente rivela che il sistema internazionale è vulnerabile a questo tipo di atteggiamento. Quando il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di invadere l'Ucraina e annettere la Crimea nel 2014, ha fatto seguito a quanto appreso in occasione dell’invasione della Georgia nel 2008. L'invasione della Georgia è costata poco alla Russia e ha suscitato solo una debole condanna internazionale. Taiwan e Ucraina occupano aree geopolitiche molto diverse, ma proprio come Putin ha preso ben poco in considerazione la risposta degli Stati Uniti alle azioni russe in Georgia nella sua decisione di invadere l'Ucraina, i leader cinesi studieranno la risposta degli Stati Uniti alla legge sulla sicurezza di Hong Kong per attagliare le loro decisioni sulle future possibili “annessioni” in Asia. Dato quanto poco è costato finora il giro di vite di Pechino a Hong Kong, si può temere che Pechino trarrà conclusioni errate sui costi della futura coercizione contro Taiwan. Hong Kong e Taiwan hanno più cose in comune di quanto molti analisti evidenzino, sia nella visione di Pechino sia nei sentimenti dei loro cittadini. Le proteste che hanno imperversato a Hong Kong nell'ultimo anno hanno scosso profondamente il popolo e la leadership di Taiwan. Secondo i rapporti di notizie, il numero di residenti di Hong Kong che si sono trasferiti a Taiwan nei primi quattro mesi del 2020 è aumentato del 150% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Le manovre di Pechino hanno lo scopo di intimidire Taiwan dimostrando la disponibilità della Cina Popolare a usare la forza e insistere sulla pressione diplomatica. Per dissuadere Pechino da ulteriori aggressioni, gli Stati Uniti devono chiarire che ci saranno conseguenze per la legge sulla sicurezza nazionale, in particolare se Pechino la utilizzerà per giustificare l'arresto o la consegna di giornalisti, attivisti pacifici o candidati politici a Hong Kong.
Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato disposizioni che autorizzano l'amministrazione Trump a negare i visti e imporre altre sanzioni mirate contro di coloro che sono direttamente coinvolti nella repressione di Hong Kong. Sanzioni che non saranno esenti da costi per le relazioni tra Stati Uniti e Cina o per il popolo di Hong Kong, ma gli Stati Uniti possono limitare il danno collaterale attuandole in modo graduale.
L'amministrazione Trump dovrà iniziare migliorando il coordinamento con gli alleati europei e asiatici.
La presidenza tedesca del semestre europeo invece non dà segnali di sostegno ai taiwanesi.
In particolare, è notizia recente, che nella lista dei paesi i cui cittadini sono esentati dalle restrizioni e viaggiare nell'Unione Europea, pubblicata dal Consiglio dell'Unione Europea il 30 giugno e dall'Italia il 1° luglio, Taiwan non è inserita.
Quindi, l’Europa non ha considerato che Taiwan ha attentamente monitorato lo sviluppo della situazione dell'epidemia di Covid-19, condividendo in maniera trasparente le informazioni con l'Organizzazione Mondiale della Sanità, con la stessa Unione Europea allo scopo di combattere e controllare la pandemia globale come dovuto.
Inoltre, dall'esplosione dell'epidemia di Covid-19 non è stato riconosciuto che il governo di Taiwan ha approntato le corrette misure per contenere la diffusione del virus e, grazie all'elevato livello del sistema sanitario il numero di contagiati e di vittime è stato tenuto sotto controllo e bel sotto ai criteri stabiliti dall'Unione Europea.
Se non fosse palesemente per la “paura” di indispettire Pechino sarebbe quantomeno logico aspettarsi che Taiwan sia inserita in una seconda lista di paesi che possano godere della revoca delle restrizioni durante il prossimo meeting del Consiglio dell'Unione Europea.
In conclusione, la situazione a Hong Kong e le pressioni su Taiwan indicano quanto sia difficile fare deterrenza e garantire che Pechino veda la coalizione “occidentale” almeno come un problema se non come una minaccia, invece, di dare ai cinesi la possibilità di sfruttare le “paure di indispettire” europee per essere in grado di separare lentamente, ma inesorabilmente, gli Stati Uniti dai suoi alleati. Tutto questo con l’applicazione del moderno “sino soft power”.