di Emanuela Locci
Lo scenario geopolitico globale sta cambiando velocemente, anche come conseguenza della pandemia che ha colpito in modo massiccio il mondo intero. Come effetto immediato gli attori internazionali stanno mutando o difendendo le proprie posizioni: uno di questi attori internazionali è la NATO (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico). In questo momento storico in cui il mondo sta entrando in un periodo instabilità geopolitica post-pandemia, è necessario considerare come la NATO si adatterà per affrontare sia l’incertezza relativa alla leadership degli Stati Uniti sia la crescente minaccia proveniente dalla politica estera della Cina. Per comprendere meglio come questa importante organizzazione potrebbe inserirsi nei futuri scenari geopolitici in cui potrebbe essere chiamata a svolgere le proprie funzioni, abbiamo intervistato il Generale Giuseppe Morabito, membro della Defence College Foundation.
D: Generale, vista la sua decennale esperienza rispetto a questi temi, come “legge” la situazione odierna e come inquadra la NATO in questo particolare
momento?R: Bisogna esaminare le sfide interne ed esterne che la NATO ha dovuto affrontare negli ultimi tre anni e mezzo, coincidenti con la presidenza di Trump, e la sempre crescente concorrenza strategica cinese.
Da parte americana il presidente Trump ha avvertito i partner internazionali di essere propenso a considerare un parziale ritiro degli Stati Uniti dalla NATO a meno che i paesi alleati non aumentino il proprio budget per la difesa. Negli ultimi giorni, ha anche dichiarato di voler ridurre significativamente (30%) le truppe statunitensi dalla Germania. Ad oggi questo intendimento non è stato attuato.
Nonostante la retorica di Trump, tuttavia, è degno di nota che l'impegno generale della difesa degli Stati Uniti verso l'Europa è aumentato solo durante la sua amministrazione. In effetti, la strategia di difesa nazionale del 2018 prevedeva il rafforzamento delle alleanze tra le principali priorità statunitensi.
D: quale è il ruolo della Cina in questo quadro geopolitico?
R: Man mano che crescono le tensioni con la Cina si è sottolineato il fatto che la NATO rimane ancora una volta cruciale per gli interessi strategici e i valori democratici dell’Occidente e quindi anche degli Stati Uniti.
Bisogna assolutamente tenere in considerazione che mentre una Russia sempre più attiva, rimarrà probabilmente la principale “occupazione di sicurezza” della NATO anche la rivalità globale molto più ampia tra Cina e Stati Uniti potrebbe essere al centro degli equilibri geostrategici.
Mentre la pandemia “spazzava” il globo, la Cina ha sfruttato la distrazione da COVID-19 per intraprendere un'azione aggressiva con Base Soft e Real Power. Le crescenti tensioni di confine tra militari cinesi e indiani, le notevoli e non previste problematiche a Hong Kong ,un aumento dell'attività militare vicino a Taiwan e gli Stati Uniti che hanno dovuto inviato diverse navi da guerra per scoraggiare le operazioni della Cina nel Mar Cinese Meridionale, sono la prova delle sfide alla sicurezza poste da Pechino.
I membri europei della NATO stanno anche loro affrontando sempre più le sfide alla sicurezza che derivano dall'ascesa globale della Cina. Dalla crescente dipendenza economica dell'Europa da Pechino, alle domande sul consentire a Huawei di accedere alle reti 5G del continente, alle vulnerabilità della catena di approvvigionamento esposte dalla pandemia di COVID-19 nei confronti della Cina, è evidente che Pechino pone seri rischi per i paesi NATO. Una potenziale alleanza o accorso strategico navale sino-russo nel teatro europeo potrebbe anche essere un ulteriore motivo di preoccupazione.
D: Quale potrebbe essere l’azione a cui potrebbe essere chiamata la NATO?
R: Alla base di una possibile via di azione dell’Alleanza per contrastare l'aggressione cinese ci sarebbero da tenere presente i seguenti punti:
- È improbabile che la NATO intervenga se non ritiene in pericolo i propri valori e interessi. Tuttavia, con la crescente possibilità di minacce nei mari della Cina orientale e meridionale, è probabile che questa situazione si verifichi.
- Tutte le decisioni della NATO vengono prese con il consenso di tutti i partner, questo modus operandi potrebbe rivelarsi un ostacolo all'intervento perché non tutti gli alleati hanno le stesse percezioni e priorità per contrastare le minacce. Tuttavia, come dimostrato dall'esempio della Libia, i membri potrebbero consentire che un paese membro, come è accaduto con la Turchia, intervenga.
- La NATO di solito cerca il sostegno di stati o organizzazioni regionali prima di avviare un'operazione di gestione delle crisi, il che significa che una richiesta di assistenza da parte dei partner della NATO nell’ Asia-Pacifico è un fattore importante.
- La decisione di intervenire si baserebbe sulla capacità di organizzare un'operazione militare efficace. Sarebbe utile incrementare la presenza marittima dei singoli alleati nella regione Asia-Pacifico, consentendo l'interoperabilità con molte nazioni partner ufficiali della NATO.
- La NATO prima di entrare in azione chiede che le sia riconosciuta la legittimità internazionale, in particolare un mandato delle Nazioni Unite per l'intervento in una crisi. Tuttavia, l'autorizzazione di intervento sarebbe improbabile a causa del veto di Pechino.
In questi giorni si sta sviluppando all'interno della NATO per una discussione politica matura sulla Cina. Lo sconvolgimento globale di COVID-19 non farà che aumentare le problematiche atteso che sarà difficile orientare l’opinione pubblica a maggiori spese militari a danno, forse, di quelle sanitarie.
D: questo è il quadro globale. C’è però un altro attore internazionale da considerare, l’Europa, quale è la sua posizione?
R: A Bruselles si inizia a parlare nei corridoi del “palazzo di Comando” di un nuovo concetto strategico entro 2030. Perché atteso quando indicato precedentemente la NATO deve essere in grado organizzarsi e quindi dissuadere un avversario potenziale in una guerra mondiale di alto livello. Sarebbe opportuno pensare di dover sostenere gli alleati di prima linea nel sud dell'Europa, affrontando le conseguenze di un crollo potenzialmente catastrofico in Medio Oriente e Nord Africa (MENA region). Nonostante i significativi ma modesti progressi nella difesa aerea e missilistica integrata e dichiarati miglioramenti della capacità di deterrenza convenzionale dell'Alleanza durante la riunione dei ministri della difesa della NATO della scorsa settimana, l'Alleanza è a un punto di svolta tra credibilità politica e incapacità militare. La causa della crisi, perché è quello che sta rapidamente diventando, è duplice: una crescente pressione sulle forze statunitensi in tutto il mondo e un rifiuto degli europei di assumersi la maggior parte dell'onere per la propria difesa. Dovrebbe da subito essere chiaro che la NATO è essenzialmente un'organizzazione europea per gli europei sostenuta da americani e canadesi, non un'organizzazione americana per gli europei occasionalmente sostenuta da europei.
Sulla scia della fine della guerra fredda il centro della gravità dell'Alleanza si era spostato verso il dialogo, ora, forse deve tornare alla difesa militare.
D: a suo parere quale è il messaggio che sta passando oggi a livello internazionale rispetto ai temi che abbiamo trattato?
R: Il mondo sta cambiando rapidamente sta passando il messaggio sia ad avversari sia partner secondo cui gli Alleati sono semplicemente troppo divisi, troppo deboli e convinti che i valori democratici da soli possono sostituire il potere militare.
Troppi leader politici occidentali sembrano curiosamente incapaci di capire la portata della minaccia emergente e le sue implicazioni per l'area euro-atlantica. Peggio ancora, la tendenza politica in molti paesi alleati , Italia compresa, è quella di mantenere la difesa fuori dall'agenda politica. L'ascesa militare della Cina, il pericoloso mix di instabilità economica e politica in Russia, l'avanzamento di una nuova era di tecnologie militari, il cambiamento demografico, il fondamentalismo e stati “fragili” in tutta la MENA e gli Stati Uniti sotto la crescente pressione interna e degli impegni esterni suggeriscono che la NATO ha tanto bisogno di adattarsi al nuovo mondo intorno a lei.
Poi c'è la “madre di tutte le domande” visto il Virus di Wuhan e la certezza che la strategia militare NATO del 2019 è stata gravemente compromessa dalla crisi, o almeno lo sarà. La domanda che bisogna porsi è la seguente.
L'Alleanza, o meglio i paesi membri, possono continuare a “riconoscere” le minacce che possono affrontare solo dal punto di vista politico e non intervenendo effettivamente? In realtà in questo modo non le affronta realmente e definitivamente.