di Serena Ciprietti

Le politiche attive sono un valido strumento a sostegno dell’occupazione ma in Italia rappresentano da sempre un punto di debolezza delle politiche del lavoro poiché il nostro Paese è caratterizzato da un welfare di tipo passivo e assistenziale; tutela i lavoratori in caso di disoccupazione, malattia e vecchiaia, ma supporta poco con strumenti che incidono direttamente sulla struttura del mercato del lavoro chi fa fatica a entrare nel mondo del lavoro, chi è intrappolato in lavori precari o atipici e chi si deve ricollocare dopo uno stop lavorativo.

Le debolezze delle politiche attive del lavoro sono ancora più evidenti quando si fa riferimento alle donne poiché le donne in Italia rimangono ancora, in gran parte, prigioniere di stereotipi culturali e sociali e di servizi che non sono sufficienti per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Ancora oggi in Italia la conduzione della casa e la cura di figli e famiglia gravano essenzialmente sulle donne. Lavorare e formare una famiglia rimangono per molte donne due binari paralleli, due percorsi incompatibili. Esse sono costrette a dover scegliere tra lavoro e famiglia o devono spesso ripiegare su un lavoro a tempo parziale, o venire impiegate solo in determinati settori lavorativi; hanno minori possibilità di carriera, poiché solo circa il 20% delle donne ricopre posizioni di vertice. La sintesi della condizione professionale delle donne nel mercato del lavoro, che tuttora persiste in Italia, si potrebbe riassumere nella frase “Le ultime ad entrare, le prime ad uscire”, come sottolineato dal CNEL.

Dal 2021, tuttavia, l’occupazione femminile è cresciuta costantemente. Secondo i dati Istat, nel secondo trimestre del 2023 il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e 64 anni è salito a 52,6% (+1,2 punti in un anno). C’è maggiore presenza delle donne in alcuni ambiti lavorativi in cui predomina la presenza maschile e in ruoli apicali, inclusi in consigli di amministrazione. Si riscontra una maggiore partecipazione delle donne nelle discipline STEM, vale a dire le discipline scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche che svolgono un ruolo cruciale nella società odierna. Il livello di istruzione risulta fondamentale per la partecipazione al mercato del lavoro delle donne in quanto il tasso di occupazione delle donne laureate è del 79,4%, rispetto al 30,4% di chi ha un basso titolo di studio. Inoltre, il divario di genere è minimo tra i laureati del Nord Italia (di 4,3 punti secondo i dati Istat del secondo trimestre 2023) e massimo tra chi ha al massimo la licenza media e vive al Sud Italia (30,5 punti).

Nonostante questi progressi, il livello di occupazione femminile in Italia è inferiore a quello di tutti gli altri Paesi dell’Unione europea (13,8 punti sotto la media europea), poiché ci sono gravi carenze nel welfare dei servizi e mancano strutture per l’infanzia e per la cura degli anziani utili all’organizzazione della vita familiare e lavorativa. I dati Istat del secondo trimestre 2023 lo confermano in quanto il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e 49 anni è pari all’81,3% se la donna vive da sola, scende al 76,2% se vive in coppia senza figli e al 60,2% se ha figli.

Se negli ultimi anni ci sono stati dei timidi interventi da parte dei governi e delle Istituzioni per le politiche attive volte al superamento delle disuguaglianze di genere e alla partecipazione femminile al mercato del lavoro, oggi una grande opportunità è rappresentata dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), varato nel 2021.

Il PNRR prevede una decisa azione di sostegno all’occupazione e all’imprenditorialità femminile attraverso la Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026, finalizzata ad aumentare di cinque punti, entro il 2026, la posizione dell’Italia nella classifica dell’Indice sull’uguaglianza di genere elaborato dall’European Institute for Gender Equality, che attualmente è al 14° posto (inferiore di 4,4 punti alla media UE) rispetto ai 27 Paesi membri dell’UE. La Strategia si concentra su cinque priorità strategiche: lavoro, reddito, competenze, tempo, potere.  Per assicurare l’attuazione della Strategia sono stati istituiti nel 2022 una Cabina di regia interistituzionale presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri con funzioni di raccordo sullo stato di attuazione delle misure tra le diverse Amministrazioni coinvolte a livello centrale e territoriale e un Osservatorio Nazionale per l’integrazione delle politiche di genere presso il Dipartimento per le pari opportunità con funzioni di monitoraggio. Inoltre, è stata prevista l’adozione di un Piano strategico nazionale per la parità di genere al fine di individuare buone pratiche per combattere gli stereotipi di genere; colmare il divario di genere retributivo e pensionistico; istituire un “Patto Culturale” tra le istituzioni pubbliche e la società civile per garantire un’azione collettiva di promozione della parità di genere; conseguire l’equilibrio di genere nel processo decisionale e nel mercato del lavoro.

Un’altra azione del PNRR è l’attivazione di un Sistema nazionale di certificazione della parità di genere, con l’obiettivo di incentivare le imprese ad adottare policy adeguate a ridurre il divario di genere in tutte le aree che presentano maggiori criticità, come le opportunità di carriera e la parità salariale a parità di mansioni. Il 3 dicembre 2021 è entrata in vigore la legge 162 in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo e la “certificazione della parità di genere” per le aziende con oltre 50 dipendenti. Le imprese che rispettano determinati parametri possono certificare la parità di genere e accedere a meccanismi premiali come, ad esempio, uno sgravio contributivo dell’1% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. Attualmente ci sono 37 organismi di valutazione che a loro volta hanno certificato 525 imprese, ma si riscontra un elemento di debolezza riguardo alla certificazione della parità di genere a causa dello squilibrio tra domanda e offerta di lavoro, a causa degli investimenti non attrattivi e dell’impreparazione del tessuto produttivo.

Nel PNRR è sostenuta anche la creazione di imprese femminili. Con la legge di bilancio 2021 è stato istituito il Fondo impresa donna per promuovere e sostenere l’avvio e il rafforzamento delle imprese femminili e la realizzazione di progetti innovativi, attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati, inclusi programmi di formazione e orientamento anche verso percorsi di studio STEM e verso professioni tipiche dell’economia digitale. La dotazione iniziale di 40 milioni di euro è stata successivamente integrata con altri 160 milioni di euro. Il fondo è stato esaurito ma Invitalia ha comunicato che potrebbe essere rifinanziato e le domande attualmente sospese per assenza di copertura finanziaria potrebbero rientrare nel processo di valutazione.

Inoltre, nel PNRR sono state inserite la cosiddetta misura NITO-ON, ossia il credito agevolato integrato da contribuzione a fondo perduto per le micro, piccole e medie femminili, finanziata anche nel 2023 dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, l’azione “Smart e Start Italia” per le startup innovative e la misura per il microcredito “Nuovo SELFIEmployment” che prevede finanziamenti fino a 25.000 dedicati a NEET, donne inattive e disoccupati di lungo termine.

Tra le misure di politica attiva e formazione inserite nel PNRR bisogna ricordare il Programma Garanzia per l’Occupabilità dei Lavoratori (GOL) che ha l’obiettivo di prendere in carico, profilare e coinvolgere in attività formative o lavorative circa tre milioni di “beneficiari” entro il 2025. Di questi, almeno il 75% devono essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30, lavoratori over 55.

Nel Piano ci sono anche azioni trasversali suscettibili d’impatto sulla riduzione dei divari di genere. Tra queste:

  • il potenziamento dei servizi di asili nido e delle strutture per il tempo pieno a scuola, per fornire sostegno alle madri con figli piccoli e contribuire così all’occupazione femminile. Inizialmente si prevedeva la costruzione di asili nido per circa 265 mila posti entro il 2025, ma la recente riformulazione del PNRR ha ridotto il numero dei posti a 150.480;
  • la previsione di nuovi meccanismi di reclutamento del personale nella Pubblica Amministrazione e la revisione delle opportunità di carriera verticale e di promozione alle posizioni dirigenziali di alto livello;
  • l’aumento delle ricercatrici a tempo indeterminato (fino al 40% delle assunzioni) e la creazione di banche dati di curricula femminili;
  • la promozione dell’accesso da parte delle donne all’acquisizione di competenze STEM, linguistiche e digitali;
  • obblighi per le stazioni appaltanti per investimenti del PNRR di inserimento nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti - come requisiti necessari e premiali – di criteri volti a promuovere l’inclusione lavorativa delle persone disabili, l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani con età inferiore a trentasei anni e di donne di qualsiasi età.

Anche per l’attuale legislatura una delle principali sfide è riformare le politiche attive del lavoro, favorire l’occupazione femminile, legare sempre più la formazione alle competenze richieste dalle imprese e diminuire il divario di genere nel mondo del lavoro.

Sono state introdotte varie misure come lo sgravio contributivo totale per assunzioni di donne svantaggiate, riconosciuto ai datori di lavoro per 12 mesi per le assunzioni a tempo determinato e per 18 mesi per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché per le trasformazioni a tempo indeterminato di donne:

  • con almeno 50 anni di età e disoccupate da oltre 12 mesi;
  • di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  • di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità di genere, con un tasso di disparità uomo-donna che superi di almeno il 25 per cento la disparità media uomo-donna, e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  • di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi.

L’attuale legislatura ha altresì rafforzato alcune misure che possono favorire indirettamente l’occupazione femminile.

In particolare, in materia di appalti, il nuovo Codice Appalti, D.lgs. 36/2023 prevede, meccanismi e strumenti premiali per realizzare le pari opportunità di genere; l’obbligo per le stazioni appaltanti di indicare nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, il maggior punteggio da attribuire alle imprese per l’adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso della certificazione di parità; una riduzione fino ad un massimo del 20% della garanzia provvisoria per gli operatori economici in possesso della medesima certificazione di genere.

In materia di lavoro agile, il Decreto-legge 48/2023 ha prorogato fino al 31 dicembre 2023 il diritto al lavoro agile in forma semplificata, ossia anche in assenza di accordi individuali, per i genitori lavoratori dipendenti privati con almeno un figlio minore di 14 anni.

In materia di congedi parentali, la legge di bilancio per il 2023 ha disposto un incremento dal 30% all’80% dell’indennità per le madri lavoratrici dipendenti e per i padri lavoratori dipendenti, in alternativa tra loro, nel limite massimo di un mese da usufruire entro il sesto anno di vita del figlio con riferimento alle lavoratrici e ai lavoratori che terminano il periodo di congedo di maternità o di paternità successivamente al 31 dicembre 2022.

Inoltre, nel corso del 2022 è stato approvato il Family Act per il sostegno e la valorizzazione della famiglia e l’occupazione femminile, che ridisegna le politiche a sostegno della famiglia introducendo l’Assegno unico e universale; congedi parentali anche ai lavoratori autonomi; congedi di paternità obbligatori non inferiore a dieci giorni lavorativi; lavoro flessibile; permesso retribuito di durata non inferiore alle cinque ore per anno, per consentire ai genitori lavoratori di partecipare ai colloqui scolastici; agevolazioni fiscali come detraibilità o la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per servizi domestici e assistenza di familiari per la conciliazione dei tempi vita e di lavoro o esenzioni per le spese per la crescita, per il mantenimento e per l’educazione formale e non formale dei figli; maggiori servizi socio-educativi; una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli.

Un’attenzione particolare va posta al “Programma nazionale giovani, donne e lavoro”, finanziato con 5 miliardi di euro, di cui 850 milioni di euro destinati ad interventi di politica attiva soprattutto per l’occupabilità delle donne inattive, inoccupate, disoccupate e in condizione di fragilità come vittime di violenza o con disabilità o immigrate. Il Programma offre percorsi per il rafforzamento delle competenze soprattutto digitali. Punta a modernizzare i servizi per il lavoro e le politiche attive e a sensibilizzare sulla violenza di genere in contesti educativi, lavorativi, urbani e rurali in condizioni di degrado; mira ad offrire servizi uniformi e di qualità, a creare reti territoriali tra centri per l’impiego, servizi sociali e imprese e ad eliminare le difficoltà connesse ai carichi di cura che limitano il tempo per il lavoro.

Nonostante tutti questi sforzi e queste misure, la strada da fare sul fronte donne e politiche attive nel nostro Paese è ancora lunga. Resta molto da fare per la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro, per il contrasto alla precarietà e all’involontarietà del part-time dell’occupazione femminile. I finanziamenti, le agevolazioni, i contributi a fondo perduto a disposizione delle aziende femminili sono un aiuto importante ma per ridurre significativamente la fragilità sul mercato del lavoro delle donne occorre fare molto di più.

Occorre soprattutto un profondo cambiamento culturale, che deve riguardare trasversalmente la società, la politica, l’economia.

Bisogna potenziare le politiche attive, migliorare le condizioni di lavoro con servizi efficienti di welfare, a partire da quelli socioeducativi per l’infanzia e di quelli di cura per gli anziani e incentivare la contrattazione aziendale in favore delle donne. È necessario avvicinare sempre più le donne alle esigenze del mercato del lavoro, favorire la promozione di percorsi formativi in settori tecnici, scientifici, linguistici e digitali e educare ad una cultura della parità.

Solo attraverso un profondo cambiamento culturale sarà possibile ridurre i divari di genere e supportare l’equilibrio tra lavoro e famiglia per le donne che ancora oggi in Italia continuano ad essere maggiormente penalizzate.

16-12-2023
Autore: Serena Ciprietti
Esperta di politiche sociali e del lavoro
meridianoitalia.tv

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