BRUNO MANGHI

Sociologo del lavoro, saggista e dirigente sindacale

di Alessandro  Mauriello

Da qualche tempo sentiamo parlare sempre più del concetto multi disciplinare di sostenibilità, economica sociale ed ambientale nel contesto della Quarta Rivoluzione industriale e della crisi sanitaria mondiale.

L’avvento del digitale, la trasformazione tecnologica sono gli altri fattori che stanno cambiando i modelli organizzativi e i sistemi produttivi, rimettendo sul tavolo il ruolo della mediazione sociale del movimento sindacale, sul sistema mondo globale,  sui sistemi sociali, e sulle geografie del lavoro.

In questo dibattito si inserisce la figura importante del sociologo Bruno Manghi, con cui approfondiremo questi temi, già dirigente sindacale a fianco di giganti come Pierre Carniti nella Fim Cisl nazionale, già direttore del Centro Studi di Fiesole, già responsabile della formazione della Confederazione di Via Po.

 

Come sta il Sindacato oggi, dottor Manghi, anche dopo la sua recente lezione sul Sindacato di Pierre, tenutasi presso il Congresso dei Metalmeccanici?

Iniziamo con il dire che il sindacato è un cristallo che appartiene ad una storia gloriosa, con fasi e realtà multi formi nei vari paesi e modelli che poi scaturiranno, insomma ha due secoli di storia iniziando dal Cartismo, per poi arrivare alle prime rivoluzioni industriali europee.

 Poi nel dopoguerra il sindacato c’era e  veniva tenuto su dai santi minori tutti i giorni, ma era un figlio minore trascurato; invece il sindacato di Pierre e degli altri giganti voleva che si parlasse del sindacato, e che si parlasse bene del sindacato.

In quel contesto, vi erano alcuni fermenti di passione sindacale che si esprimevano nella fame di formazione, e di  avere una nuova classe dirigente che faceva il famoso corso lungo al Centro studi di Fiesole, diretto dal prof. Vincenzo Saba, e fondato da Mario Romani.

Da quel corso usciranno dirigenti come Carniti, Marini, Crea, Colombo, Franco Bentivogli  e molti altri protagonisti della storia della Cisl, e del movimento sindacale.

Andai per esempio in Francia a studiare il modello sindacale e organizzativo di quel paese, e conobbi il consulente per le politiche economiche e per le politiche del lavoro della Confederazione cristiana dei lavoratori francesi , un giovane studioso di ispirazione cristiano sociale che si chiamava Jacques Delors, che si legherà per amicizia e consonanza  all’intellettuale e sindacalista Bruno Trentin, collaborando precipuamente su temi come economia della conoscenza e occupazione.

Ricordiamo che Bruno era di cultura francese, e di impostazione francofona essendo nato a Pavie .

Le città come Milano , ma anche Torino ( la mia città) erano città operaie nel senso che le fabbriche stavano nelle città, e qui è il contesto che le dicevo di alcuni giovani che creavano spazi di mediazione sociale, di costruzione di rappresentanza sociale, di voglia di comunità e di studio della realtà per migliorare il mondo, e anche cambiare il movimento sindacale innovandolo.

Si faceva sindacato con la relazione sociale, con la qualità di queste, con la contaminazione,  con l’apertura  e con il motto che “il sapere non ha padroni”, non si apprende guardando il colore della cravatta.

 Su questo il rapporto di Pierre Carniti con il gesuita Padre Mario Reina fu illuminante, responsabile del Centro studi San Fedele di  Milano, fondatore della Rivista Aggiornamenti sociali, consulente degli imprenditori cattolici .

Altra contaminazione importante del movimento sindacale è quello con Don Lorenzo Milani sul tema della formazione e della scuola, con la creazione di scuole popolari dell’associazionismo, e di altre soggettività sociali, il Laboratorio fiorentino.

L’effetto della “Lettera ad una professoressa” sul movimento sindacale fu forte, creando grande interesse sui temi veicolati dal Priore di Barbiana, in particolare in figure straordinarie come Pippo Morelli, uno degli ideatori delle 150 ore insieme a Enzo Mattina, Tonino Lettieri, Renato Lattes, Pietro Marcenaro.

Questo fecondo incontro  si svolgeva non solo con la teoria, ma con le azioni che però non contrastavano con la cultura, si guardi in quel tempo al rapporto tra il sindacato e gli intellettuali, come Tarantelli economista geniale, non proveniente dal mondo cattolico, ma dalle migliori accademie universitarie e dalla Banca d’Italia, che dirigerà in via Po L’ISEL, Istituto per gli studi dell’economia del lavoro.

O lo stesso Federico Caffè che era un keynesiano, che insegnerà per molti anni come docente in molti corsi Cisl, pur non essendo uomo dell’organizzazione, e sovente non in accordo con il corpo dirigente di Via Po, come sulla scala mobile, maestro dello stesso Ezio Tarantelli, e di altri docenti importanti che diventeranno classe dirigente e di governo, come Mario Draghi, Claudio De Vincenti, Ignazio Visco.

Scomparso in tragiche circostanze, ancora non chiarite.

 

Ora passiamo  alla descrizione di un dirigente di primo piano Pierre Carniti. Che tipo di figura è stata nel movimento sindacale, come lo descrive nell’ultimo libro della sorella Flo Carniti dal titolo “Tentare L’impossibile per fare il possibile”?

Per me parlare di Pierre Carniti, è parlare della persona che mi ha cambiato la vita; e ha cambiato la vita a molte persone.

Un uomo amato, rispettato da tutti, certo non era un tipo facile per il carattere forte e determinato, ma contemporaneamente aperto alla riflessione continua sul sindacato, sulla politica, sul lavoro, sull’unità sindacale come sostiene nella sua ultima lettera pubblica, sulla giustizia sociale.

Un uomo che  non ha mai smesso di studiare, per questo è stato istituito dalla famiglia il Premio Pierre Carniti, già Astrolabio per giovani laureati,  sulle migliori tesi di laurea  inerenti il lavoro.

 

09-08-2022
Autore: Alessandro  Mauriello
Associazione Koine’
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