Conversazione con Franco Cioffi di Alessandro Mauriello
La pandemia e la crisi sanitaria, hanno messo in discussione molti item del pensiero economico prevalente, nelle istituzioni decisionali globali inerenti le grandi scelte sulle politiche di sviluppo.
Il Mercatismo del Washington Consensus, ove le imprese erano un mero agente di profitto e massimizzazione nella nuova dimensione di sostenibilità e di responsabilità sociale di impresa divengono attori fondamentale dei processi di transizione ad un economia civile e verde
Un ecosistema organizzato sull’etica della responsabilità civile, con un impatto importante sui territori, che ”come dimensione di luogo ricompone impresa e società” (P. Venturi, F. Zandonai)
Perciò oggi apriremo una riflessione con il dott. Francesco Cioffi, direttore della Scuola di Impresa Diffusa, consulente aziendale, formatore e manager di prossimità.
Gentile dott. Cioffi ci può esplicare la definizione della definizione del manager della prossimità e della complessità, descritte nel suo ultimo libro?
La ringrazio per il riferimento al mio libro, che come lei ha detto descrive la mia attività multiforme che da più di venticinque anni svolgo per le imprese sociali, le pmi, le cooperative di varie tipologie, in particolare del mezzogiorno.
Aziende inserite alla periferia del mondo economico, che caratterizzano però la maggioranza dei sistemi produttivi italiani.
Ma prima di rispondere alla sua domanda devo fare una premessa, cioè come sono arrivato fare ciò che faccio sui territori, e nelle attività suddette.
Il mio percorso parte come economista presso la Presidenza del Consiglio, allora mi occupavo di emersione del lavoro irregolare, facevo parte di un organismo insediato presso la Presidenza di contrasto a questo fenomeno, che ha sempre impedito al sistema paese di innovare.
Proprio da quella esperienza di alto livello, compresi attraverso anche lo studio dei sistemi produttivi che vi era un deficit di cultura di impresa e di managerialità tra la classe imprenditoriale che caratterizzava i sistemi locali.
E un deficit di impostazione, tra coloro che dovevano analizzare i fenomeni, e poi suggerire le policies di sviluppo che dessero qualità e innovazione.
Da qui mi rimisi in gioco, rinunciai in qualche maniera al mio cursus studiorum da civil servant, e iniziai ad accumulare attraverso lo studio delle pmi, le filiere, l’innovazione sociale, l’economia sostenibile, la cooperazione, le imprese sociali.
Una expertise che mi consentì di divenire consulente aziendale, formatore, esperto in amministrazione e processi aziendali, per rendere sostenibile e circolare le attività economiche delle imprese.
Così arriviamo alla definizione di complessità e prossimità, mi spiego manager della complessità poiché cerchiamo con le nostre attività di seguire con una visione sistemica e strategica i processi aziendali inerenti il profit, Il no profit, la Pa, con i suoi effetti coesivi (P. Venturi) e sostenibili in particolare sui sistemi territoriali, per ridare centralità alla parola prossimità.
La formazione, quale ruolo ha in questa metodologia di diffusione manageriale?
La ringrazio per la domanda perché mi consente di parlare della Scuola di Impresa Diffusa, una scuola liquida, itinerante che consente ai giovani startupper, ai piccoli imprenditori, ai cooperatori, alle imprese sociali di acquisire competenze generali, e non su cosa vuol dire gestire la complessità di una azienda, sui suoi ecosistemi, sulle sue filiere, sui suoi impatti sulla comunità.
Parliamo di un numero come più di 1000 persone, a cui abbiamo erogato formazione.
Gli strumenti usati sono laboratori, aule formative sui vari temi didattici che richiamano come le dicevo la gestione manageriale di una impresa, ma sempre connessa al territorio, come soggetto attivo che fa comunità.
In questo viaggio formiamo imprenditori e non, che poi daranno il loro contributo al capitale sociale territoriale, e formando le persone con la visione che un’azienda è una organizzazione sociale, una squadra in cui vi sono le varie fasi di gioco, con assi di trasformazione, funzioni stabilite, come Hr, Amministrazione, e Marketing.
Nello stesso viaggio i processi formativi sono centrali, direi dirimenti per gestire la competitività di una impresa, e farla stare in piedi, per darle innovazione di processo e di prodotto, per applicare creatività alle attività.
In questa visione strategica, come si declina il cambio di paradigma della sostenibilità, e lo sviluppo del mezzogiorno?
Come le dicevo dobbiamo guardare alla sostenibilità economica, ambientale e sociale, e lo strumento forte per entrare nella società della conoscenza, e percorrere le vie dello sviluppo umano sarò proprio la formazione.
Ma ancor prima di ciò dobbiamo analizzare in maniera sistemica la situazione del sistema paese, attraversato da profonde differenze nel quadro dei divari di cittadinanza, di coesione sociale ecc con un sistema produttivo composito, e composto da piccole e medie imprese che fanno fatica a stare sui mercati anche globali, per deficit di capacità di innovazione e di mancanza di cultura manageriale.
Ergo dobbiamo agire sulla leva delle politiche di sviluppo, in particolare al sud per rendere il sistema efficiente e produttivo, il sistema economico delle imprese che investono nel mezzogiorno, dalle infrastrutture, alle semplificazioni.
Abbiamo una grande occasione di sviluppo, con i fondi del Pnrr, ma come sempre quando vi sono grossi capitali abbiamo il rischio di una mala gestio, guardi per esempio alla nostra incapacità di progettazione sui fondi Ue, mentre altri paesi spendono bene le risorse.
Come daremo gambe ai progetti su digitale, e transizione ecologica?
Qui apriamo un altro tema importante, di cui mi sono occupato le competenze, le skill della pubblica amministrazione, in termini di programmazione, e verifica dei risultati.
Dobbiamo efficientare la macchina una vera cultura dei risultati alla dirigenza pubblica, usando come già detto i processi formativi innovativi.