di Alessandro Mauriello e Sergio Negri
Nel susseguirsi di convegni , articoli, seminari qui e lì in giro per il paese, e nel mondo sindacale e accademico sullo Statuto e i suoi Cinquant’anni il 20 Maggio 2020.
Segnaliamo l’importante appuntamento “Dall’Autunno caldo allo Statuto dei lavoratori” Verso i cinquant’anni dello Statuto organizzato il 20 febbraio 2020 dalle Fondazioni G. DI Vittorio, B. Buozzi, e M.Pastore, congiuntamente al Comitato per gli anniversari di interesse nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri presso la Sala del Parlamentino del Cnel con Giorgio Benvenuto, Carlo Ghezzi e Raffale Morese con alcuni esperti in diritto del lavoro come i prof.ri Vincenzo Ferrante, Franco Liso, Luigi Mariucci .
Ad inizio cerimonia, viene trasmesso un filmato che narra l’amicizia tra Federico Mancini e Gino Giugni, che appena laureti in Legge su una nave chiamata Vulcania, verso gli Stati Uniti cementano la loro amicizia che poi sarà il volano dell’idea di innovare il diritto del lavoro, e il sistema di relazioni industriali italiano.
Post documentario gli autorevoli dirigenti delle tre rispettive organizzazioni sindacali interagiscono sul percorso dell’Autunno caldo e sulla formazione della grande sperimentazione dell’FLM,.
Periodo che portò alla stesura e alla successiva promulgazione dello Statuto (Legge n. 300) nel 1970 attraverso il concerto dei ministri Giacomo Brodolini, o Donat Cattin esponente di punta della Sinistra sociale della Dc.
Tracciando un profilo che non sia solo giuslavoristico, sindacale o da addetto ai lavori, lo Statuto non fu solo un raffinato intervento normativo, o meramente regolatorio.
Ma molto più nella realtà dei mutamenti di struttura sociale che il “sistema paese” stava vivendo, e le metamorfosi che il movimento progressista e socialista stava subendo nel suo “protagonismo politico” e di mediazione sociale, oltre le costituencies.
La legge 300 oltrepassava “l’obiettivo del buon quadro di equità e solidarietà sociale”(Ida Regalia, in Un Mondo del Lavoro senza dialogo tra generazioni pgg. 80 in ItalianiEuropei, 1 , 2013) essa diventa atto fondamentale dello sviluppo propulsivo del ruolo sindacale.
E vièpiù oggi in una epoca nella quale la deriva individualistica sui luoghi del lavoro, destruttura le piattaforme e la dimensione collettiva.
La rappresentanza del lavoro viene svilita; non legata alle esigenze dei lavoratori; il lavoro è de facto considerato un fattore debole di competitività del sistema economico, sottoposto a orientamenti di veduta corta e corto respiro nel quale la disintermediazione distrugge non solo le procedure democratiche, ma l’orizzonte di un “nuovo patto sociale” (M.Landini) che comprenda una vera “società della conoscenza” connesso ad un vero sviluppo sostenibile come afferma il prof. Leonello Tronti:
“In altri termini, siamo ormai entrati tutti (e da tempo) nell’Economia della conoscenza. Ma non è sufficiente vivere in un mondo caratterizzato da un certo livello di sviluppo tecnologico. La tecnologia è solo un enabler: rende possibile fare cose prima impossibili, ma non può garantire un vero progresso se l’uomo non sa come sfruttarne le potenzialità ai fini dello sviluppo umano, non per pochi ma per tutti. Per avere un solido aggancio all’Economia della conoscenzala tecnologia è condizione necessaria, ma assolutamente non sufficiente. Il Paese si deve dotare di un’istituzione particolare: un Sistema nazionale di innovazione. Non la semplice proliferazione di centri di ricerca pubblici e privati e di istituzioni che si occupano per statuto della conoscenza, ma un vero e proprio sistema. Capace di coinvolgere e far collaborare centri di ricerca, amministrazioni pubbliche e parti sociali su un progetto coerente di sviluppo (come ad esempio il Fraunhofer in Germania o l’Istituto per l’innovazione sociale in Olanda).Con il fine di assicurare la qualità dell’informazione e dirigere la produzione di conoscenza lungo un sentiero di vero progresso, la cui costruzione rechi benefici a tutte le forze in campo”.