Conversazione con Carlo Anelli, responsabile Dipartimento Industria e Politiche industriali della Cisl nazionale
di Alessandro Mauriello
Mentre la Commissione europea stanzia per la crisi pandemica un programma di oltre 200 miliardi di euro non solo per far ripatire il paese, su tre assi di sistema: digitale, inclusione sociale, e transizione energetica, e per lasciare alle nuove generazioni un nuovo modello di sviluppo, un’economia sostenibile, mettendo a fuoco nel codice genetico della costruzione comunitaria il concetto di solidarietà .
La sfera pubblica europea si fa domande sulla geopolitica, sul posizionamento industriale del vecchio continente di fronte alle piattaforme Cina, e USA, rendendosi conto che non sarà più rinviabile una programmazione industriale di sviluppo in tal senso, come ben sottolinea nel suo saggio il direttore di Think Industry 4.0 Giuseppe Sabella,” Ripartenza Verde”, che sarà leva per il futuro sviluppo del paese.
Su questa linea ci faremo aiutare nell’orizzonte italiano/europeo dal dott. Carlo Anelli, responsabile Cisl nazionale del Dipartimento Industria e Politiche industriali a comporre una nuova visione di politica industriale, visto ciò che esplicano i prof.ri Fabrizio Onida e Gianfranco Viesti:
“la capacità di trasformazione industriale è stata negli anni scorsi la spina dorsale dello sviluppo dell’Italia; è difficile immaginare un mantenimento dei livelli di benessere senza di essa”.
Gentile dott. come ripartiremo come sistema paese, coniugando salute e sviluppo economico?
Prima di parlare di ripartenza analizziamo lo scenario odierno costellato da una crisi pandemica senza precedenti su tutti i settori produttivi, su tutto l’arcipelago industriale del paese e sui servizi poi connessi con le sue filiere, effetti sulle esportazioni vista l’enorme propensione delle nostra aziende esportare e ancor di più con l’elemento interdipendenza commerciale, contrazione dei consumi e crisi delle commesse per le piccole e medie imprese.
Agire in questo scenario era molto difficile, il governo ha fatto varie cose accogliendo anche le domande delle parti sociali con equilibrio e solidità, si vedano i ristori, blocco licenziamenti, protocollo nazionale anti covid. Ma non basta ora è il tempo fatta l’analisi di ripartire con una programmazione certa sul Recovery Fund, un approccio di confronto con le parti sociali e di dialogo continuo per ricostruire il tessuto non solo economico del paese; ma anche quello sociale cioè la nostra coesione territoriale, anche sulle scelte strategiche
Altro elemento della governance della ripartenza dovrà essere il piano vaccinale organizzato ed efficiente, integrato sui territori.
Ritornando al concetto di coesione mi sento di dire che come paese dovremo fare tutti un salto in avanti nella cultura civica e di cittadinanza, colmando i “divari territoriali” del paese come ben afferma il direttore dello Svimez nel suo saggio appunto con titolo” Divari di cittadinanza”.
E avendo come stella polare di questo cambio di paradigma delle parole di Papa Francesco che ha invitato tutti e tutte le classi dirigenti e cittadini a mettersi in gioco per il bene comune, attraverso l’amicizia sociale e l’ecologia integrale.
Quale ruolo per la formazione e il Capitale Umano?
In questo caso abbiamo la responsabilità di coinvolgere attivamente i lavoratori nei processi produttivi, e di cambiamento organizzativo come con il digitale, fare un ‘adeguata politica di riconversione industriale e attivazione di innovazione per le pmi che caratterizzano il nostro arcipelago industriale.
Tutto ciò avverrà anche con una seria politica industriale, tema mancante da molteplici anni sul tavolo del mise o degli esecutivi che si sono succeduti in questi anni, a parte il provvedimento di Impresa 4.0.
Ritorno sul cambiamento di cultura industriale e la partecipazione progettuale o cognitiva dei lavoratori ai processi, attraverso lo Smart working e la formazione continua si stanno introiettando nelle aziende questi nuovi modelli di responsabilità e di crescita sostenibile.
Quali relazioni industriali per il sistema italia?
La battaglia è ancora lunga, poiché le nostre aziende con i loto modelli gerarchici sono ancora troppo legati a comando e controllo dei processi organizzativi, tipizzati nei modelli di business.
Altro elemento ancorato a quelli descritti ai fini di una vera innovazione industriale e di democrazia economica, è prevedere all’interno dei comitati aziendali di controllo o dei consigli amministrativi la presenza o partecipazione dei lavoratori, scegliendo tra i vari modelli continentali come ” la cogestione alla tedesca”.
Quali asset strategici per una rigenerazione del sistema produttivo italiano?
Dobbiamo riattivare politiche industriali che creino le condizioni per, anche attraverso una gestione del
Recovery Fund:
- aumentare le dimensioni delle nostre pmi che fanno export
- implementare le politiche dell’export e il reshoring delle produzioni ad alta gamma,e della via alta dello sviluppo.
- Un coordinamento forte di assistenza e diplomazia economica per queste imprese
- Potenziamento del capitale umano tecnico delle pubblica amministrazione
- Strategia forte per la coesione sociale e di sistema territoriale, attraverso la costruzione di infrastrutture e reti che siano di attrazione per il sistema paese, per es. nel Mezzogiorno
- Scelte pubbliche certe ed efficaci sulle politiche industriali per es. sulle materie prime, sull’energia, e sui grandi campioni nazionali come Alitalia, Ilva ecc
Dobbiamo fare scelte, come ho detto forti come sistema paese, per dare il segno di che paese vogliamo essere per le future generazioni, è ora delle scelte e di agire insieme all’Europa, anche sulle politiche industriali.