Gli effetti del Covid sulla politica e la comunità
di Nicole Mendicino
Fase 1, tra Mameli e Cotugno
Nonostante l’isolamento, nonostante la preoccupazione e la paura diffuse in questa fase di isolamento l’Italia ha rispolverato valori e sentimenti finora seppelliti da un grosso strato di indifferenza. Sembra essere rinato un senso di unità e fratellanza che probabilmente mancava dai mondiali del 2006. Ci sentiamo tutti figli di quella “mamma Italia” che vediamo soffrente. Gli iniziali fantasiosi flash mob messi in atto sui balconi in cui si cantava, si ballava, ci si abbracciava, ci si emozionava sulle note dell’inno di Mameli e altre canzoni particolarmente patriottiche successivamente scemati per lasciar posto ad un incredibile senso di paura e inquietudine, ne sono una chiara dimostrazione.
Confinati e confinanti
Sono stati incredibilmente ridimensionati gli spazi in cui poterci muovere. Non si viaggia più, i confini sono diventati sempre più stringenti. Abbiamo così rivalutato i nostri familiari, i nostri conviventi, i momenti di familiarità e intimità che sembravano aver perso valore. Abbiamo riscoperto l’importanza dei vicini di casa che molte volte rimanevano del tutto sconosciuti nel contesto “normale”. Le relazioni sono cambiate, hanno trovato nuovi luoghi, più ristretti e più intimi, ma probabilmente più sinceri e saldi, dettati da un senso di appartenenza non più ideologico ma strettamente collegato alla spazialità e alla vicinanza fisica.
Per alcuni è stato stravolto il metodo di lavoro o di studio. Smart working e lezioni online hanno coinvolto lavoratori e studenti di tutta la penisola, con risultati, per quanto mi riguarda, profondamente deleteri. La mancanza di distinzione tra ambiente di lavoro e quello domestico è un peso psicologico non indifferente e disorientante: si confondono gli spazi, i tempi e i ruoli, riducendo di fatto la possibilità ordinare le idee e le azioni.
Ed è stato rivalutato anche un fattore fondamentale della cultura italiana: la cucina. La corsa ai supermercati e al lievito rimarrà un’immagine simbolo di questa epidemia. Tutti, in mancanza di alternative quali ristoranti e pub in cui poterci ritrovare, abbiamo riscoperto il fascino del preparare la cena insieme, di improvvisare un aperitivo fai da te magari condividendolo con gli amici sui social.
Ci siamo sentiti sempre più soli, privati delle relazioni sociali. Così i social ci hanno permesso di sentirci più vicini, di sconfiggere ed eliminare ogni confine
E per lo stesso motivo abbiamo iniziato a condividere le nostre esperienze e i nostri pensieri, per far sentire la nostra opinione ed eventualmente confrontarla con quella degli altri.
Contagio da Fake news
Questo però, non è stato accompagnato nella gran parte dei casi dalla prudenza nel verificare le fonti dalle quali si attingono informazioni prima di divulgarle. Così le notizie false riguardanti le origini o le evoluzioni del virus (e non solo) hanno trovato terreno fertile. C’è chi sostiene che questo sia stato creato appositamente in laboratorio, oppure che esiste una cura ma “qualcuno” vuole nascondercelo; chi cerca un colpevole creando confusione e odio, rigenerando vecchie fratture della società e creandone di nuove. Queste notizie, palesemente smentite, hanno alimentato un senso generale di frustrazione e insoddisfazione, accostandosi bene al sentimento di rabbia comune nella popolazione in un momento di particolare disagio sociale ed economico. Il rischio di “contagio” era e rimane altissimo.
Berlusconismo 2.0
Ma, cosa ben più grave, tali notizie prima di diventare virali sono state messe a disposizione dei cittadini da personaggi pubblici e con incarichi istituzionali o di governo che da questo senso di frustrazione, rabbia e insoddisfazione hanno tratto approvazione e consensi personali. Porto come esempio le campagne distruttive (e in alcuni casi anche autodistruttive) di Meloni e Salvini che, pur di ottenere consensi, hanno diffuso notizie diffamanti nei riguardi della Cina (ricordiamo il video del TG3 risalente al 2015 magistralmente rispolverato e reinterpretato ad arte) e hanno giocato ad un assurdo gioco al rilancio con il governo senza portare benefici al paese che professano di amare, ma giocando sull’ingenuità dei cittadini cui si presentano come paladini della giustizia.
Allo stesso tempo si è rilevato un incredibile aumento del consenso degli italiani nei confronti di Conte che in questo periodo ha dato l’impressione di avvicinarsi alla popolazione, “è entrato nelle case degli italiani” tramite le continue dirette in cui sembrava parlasse ai cittadini come un buon padre parla ai propri figli. Infatti, oltre alla quantità delle comunicazioni, un ruolo fondamentale è stato giocato proprio dalla modalità comunicativa utilizzata. Un personaggio politico così umanizzato, vicino al popolo, che si emoziona nel comunicare il numero di contagiati, che utilizza slogan quasi pubblicitari, ai limiti del sentimentalismo (“Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci più forte domani”), incide sicuramente sulla visione complessiva che la popolazione ha del governo in generale e della persona nello specifico. Questa “umanizzazione” della figura istituzionale ricorda la storica foto di Berlusconi che allatta un agnellino indifeso.
Autonomie e confusioni
Ragionamento parallelo va fatto, poi, per l’eccessiva autonomia di cui si sono avvalsi i vari presidenti di regione per far valere le proprie posizioni divergenti, rendendosi protagonisti di una continua corsa a chi avrebbe aperto/chiuso tutto per primo e in maniera più ottimale. Il tutto, a volte, anche con scopi non troppo velatamente elettorali o comunque per quella ricerca sfrenata di consensi di cui parlavo prima.
Ogni regione ha cercato di imporre norme differenti da quelle dettate dal governo, basandosi sui dati relativi alle esigenze strettamente collegate al territorio, ognuno rivendicando un principio di autonomia a mio parere deleteria in un contesto di pandemia. Il risultato è stato infatti pessimo: regioni che hanno puntato i riflettori sull’importanza dell’economia hanno sacrificato in nome di questa moltissime vite umane, registrando livelli di contagio altissimi
Si è prospettato in questo modo un modello di dispersione del potere all’interno del paese che ha generato confusione e incomprensione.
Potere e abuso
Anche a causa di tali confusioni, si è creata una situazione quasi surreale. Ci hanno fatto credere che fosse giusto indignarsi per un ragazzo che sentiva l’esigenza di fare una corsa e non per le fabbriche che rimanevano ancora ostinatamente aperte, costringendo moltissimi a continuare a recarsi nei rispettivi posti di lavoro senza poter usufruire dei dispositivi di protezione o poter mantenere le distanze. In questo contesto le forze dell’ordine si sono sentite in dovere di attaccare chiunque passeggiasse o facesse una corsa, fino ad arrivare a prendersela con un anziano seduto su una panchina. Abbiamo quindi assistito ad un incredibile aumento del controllo sociale. Sono stati molti i casi di abuso di potere denunciati, soprattutto tramite social, in questo periodo. Si è avuta l’impressione che le autorità avessero potere su tutto, che stessero invadendo gli spazi che non erano più nostri, come strade o piazze.
Non si è arrivati al peggio, anche se il pericolo che le restrizioni alle nostre libertà potessero servire da pretesto per una presa di potere totale, come è avvenuto, per esempio, in Ungheria, era alto. È rimasta intatta la normalità, nonostante qualcuno abbia accusato il Presidente Conte di essersi attribuito poteri non di sua competenza, malgrado la richiesta di pieni poteri fosse già pervenuta qualche mese prima da luoghi poco adatti alle dichiarazioni istituzionali.
Quale normalità?
Col tempo abbiamo capito che no, non siamo tutti sulla stessa barca come spesso ci hanno ripetuto. Il Covid, come una lente d’ingrandimento, ha reso più evidenti le differenze e le falle della società in cui viviamo.
Diverse sono state le categorie particolarmente colpite: prime tra tutti le famiglie a reddito medio-basso che si sono trovate a dover fronteggiare una situazione economica al limite della povertà; i senza tetto che, non avendo la possibilità di proteggersi in casa e quindi esponendosi ad una probabilità di contagio elevatissima, sono stati additati come trasgressori; i medici e gli infermieri che recandosi negli ospedali per uno stipendio poco adeguato hanno rischiato di essere contagiati e di contagiare a loro volta i propri cari; i detenuti che sono stati esposti a una probabilità di contagio elevatissima e al contempo privati della possibilità di vedere i propri cari; i bambini che sono stati privati del contatto con i loro coetanei, ma anche degli affetti generali e della figura adulta esterna dell’insegnante, e i loro genitori che hanno dovuto ricoprire un ruolo a loro non dovuto; gli anziani che essendoisoggettipiùarischiohannosoffertolapauraelasolitudine; gliimmigrati che sono stati accusati di non attenersi alle norme, impossibili da rispettare nei contesti lavorativi in cui sono stati costretti a continuare a recarsi.
In una situazione di emergenza abbiamo avuto la possibilità di vederle più nitidamente le incoerenze e le disfunzioni già presenti nella normalità cui siamo abituati.
In passato, altre epidemie spinsero la società a migliorarsi. Resta quindi da chiederci se e come sia possibile migliorare oggi la nostra società. Potremmo riprendere la quotidianità con più consapevolezza, distruggendo a poco a poco le tante incongruenze che sono emerse dalla società. Avvalendoci degli aspetti positivi di questa e riformulando quelli negativi, dovremmo colmare le falle presenti e rimodellare il concetto stesso di comunità basandoci su quel senso di solidarietà e compattezza emersa in questo periodo.
Il Covid ha sconvolto le nostre vite e la nostra quotidianità ma ci ha fatto riscoprire i valori della solidarietà e della condivisione, ci ha fatto apprezzare luoghi e persone che consideravamo scontate, ci ha permesso di avvicinarci affettivamente l’un l’altro, di unirci realmente come comunità. Proprio da queste riscoperte dovremmo ripartire, anche se le premesse emerse nei primi giorni di sblocco del lock down sembrano rilevare una tendenza diametralmente opposta.