di Annalisa Libbi

Quando lo scorso autunno Tananai ha annunciato l’album che ha dato il via al tour, dalle sue parole, dagli ospiti chiamati ai suoi live, si era intuito che le sorprese non erano finite.

Già dal 3 dicembre, ultima data del tour, l’inedito “martedì 3”, appunto, aveva sorpreso e commosso i suoi fan ai quali il pezzo era dedicato.

Poi, subito dopo, l’annuncio del tour estivo e, appena dopo Natale, quello europeo.

Nel fare questi annunci aveva lasciato capire che, da quel 26 settembre di quasi due anni fa, giorno successivo alla fine del “Rave eclissi tour”, aveva lavorato tanto, sulla musica, su sé stesso su quello che intendeva condividere con il pubblico.

E così, qualche giorno fa, non un giorno a caso ma, il 14 marzo, alla vigilia del compleanno di  “Veleno”, il primo singolo dell’album Calmocobra, Tananai annuncia l’uscita di “Alibi” che non è solo un singolo ma che, insieme a “Booster”, farà parte della colonna sonora di una commedia d’amore, “L’amore in teoria”, del prossimo 24 aprile.

Il pezzo è uscito solo ieri notte ed il primo pensiero, ascoltandolo, è stato che le canzoni di Tananai vanno sempre interpretate scindendo due piani, quello dell’ispirazione e quello del metodo.

Da un lato Alberto, in arte Tananai, vede nella verità e nella trasparenza di ciò che prova, l’unico oggetto possibile della sua produzione musicale; intervistato alla vigilia del tour europeo, racconta che per lui musica, testi, armonie hanno lo stesso valore e ad esse dedica tantissimo tempo, spendendosi in prima persona, poiché ha il solo scopo di far uscire “musica in cui credo”.

Dall’altro, con una disciplina non in contrasto con un’esigenza di autenticità, persegue in modo sensibile il metodo della condivisione, accettando il rischio naturale che potrebbe derivare dal feedback dei fan.

Con un incipit “frizzante”, simile a quello di “Booster”, “Alibi” è una ballad di un tema caro a Tananai ma che, in un modo sempre nuovo, ci racconta di un amore problematico, che, forse, sta finendo e,  proprio per il metodo con il quale gestisce la sua creatività, Tananai ci regala immagini che sembrano essere legate da un filo che attraversa tutta la sua produzione.

Creare legami tra le canzoni e con il pubblico è un po’ il suo tratto distintivo che, senza penalizzare la creatività, genera un immaginario di parole, suoni e simboli che ben spiegano la sua evoluzione.

Quando lei mette “un po’ di Sudamerica” torniamo indietro all’Argentina di “Saturnalia”, di un Tananai stanco e sfatto che non vuole nessuno intorno, lui che “nero come certe notti fredde”, spaventato dall’amore come per un veleno senza antidoto, riconosce in quella voce che “si fa strada nel frastuono”, quella persona per la quale “avvelenarsi” ovvero, mettersi in gioco.

E quel filo che lega tutte le sue canzoni non è un guardare indietro quanto, piuttosto, ritrovare il senso e le ragioni di una storia.

Come per la creazione poetica, possiamo osservare che le emozioni spontanee sono regolate da un testo non casuale, da tempi e modi verbali che nel loro cambiare dal condizionale “mi arresterebbero” al “mi hanno arrestato” tracciano un progresso da quelle estati in cui, i protagonisti, giovani, non immaginavano la fatica quotidiana del tenere in vita una relazione.

E’ in questo ultimo interessante passaggio che si ravvisa anche un’assunzione di responsabilità, una manifestazione di crescita che l’artista vuole condividere con il proprio pubblico che non manca di coinvolgere ben oltre la consuetudine, inserendo, nel singolo, alcuni cori registrati dal vivo durante il tour.

La canzone si chiama “Alibi” ma il Tananai che ce la canta, sembra proprio non volerne avere di alibi e, nel suo continuo mettersi in discussione nel cantare l’amore, utilizza una narrazione non allineata, non testosteronica, inclusiva e sensibile, poiché trova l’originalità e la sperimentazione proprio nel dare contorni di straordinarietà a ciò che è considerato ordinario e normale. 

Vedendo le reazioni di apprezzamento dei fan a questo suo nuovo lavoro, sarebbe da chiedersi qual è il suo segreto se non fosse che, conoscendolo un po’, sembra di capire che tutto risieda in quella sua semplice complessità, l’alternarsi del rave ed eclissi, del calmo e del cobra, dell’autoironia di un video girato appena sveglio, delle sue performance da artista vissuto che si alternano a momenti di vera e propria commozione ed empatia, di una musica che arriva universale a tutti e tocca il cuore di ciascuno.

Un po’ come quando si rivolge ai suoi fan chiamandoli “famiglia” dicendo che, in fondo, lui scrive canzonette non salva vite e, non sa, ma forse si, quanto la carezza gentile della sua musica possa lenire i cuori di chi lo ascolta.

23-03-2025
Autore: Annalisa Libbi
Insegnante, già Vicepresidente di Azione Cattolica dell’Arcidiocesi Metropolitana di Pescara-Penne
meridianoitalia.tv

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