di Annalisa Libbi

Quando domenica scorsa Fabio Fazio, introducendo Tananai, ha parlato del suo ultimo album, CalmoCobra, ha detto non c’era una canzone che non avrebbe potuto essere un singolo, una hit, direbbero i suoi giovani fan.

Ad ascoltare ciascun brano dell’album, se c’è una cosa che non si può fare a meno di notare è che l’amore scorre lungo tutte le sue ballate.

Che si tratti di un amore sofferto, amato, litigato o per qualcuno che è andato via troppo presto, l’amore è la chiave interpretativa della sua arte ma anche il grimaldello che Alberto, in arte Tananai, utilizza per scardinare e destrutturare gli stereotipi e le comfort zone della sua vita.

tananai

Poiché nella sinora breve ma intensa carriera di questo giovane cantante, negli anni, si è potuto sempre individuare quel punto fermo della necessità di non condividere altro che non la sua vita con il proprio pubblico.

Se le ultime generazioni di cantanti si sono caratterizzate per quel saper “scendere dal palco”, certamente Tananai incarna in maniera fortissima questo paradigma poiché, sente che la sua musica non avrebbe senso di essere senza quella cifra di autenticità che è anche la sua peculiarità.

Sul vinile di CalmoCobra gira la vita e le stesse immagini dei visual, quelle impresse nel cd ci mostrano l’artista che è sceso da una moto, un po’ ciancicato, si è fermato, ha smesso di correre.

In CalmoCobra ritroviamo tutta la “poetry of wit” di Tananai, quell’ingegno di iperboli, giochi di parole e contrasti mescolati con passioni viscerali, così come passaggi molto romantici, citazioni e omaggi. L’album infatti ci offre la dolcezza della vaniglia e la ruvidità del fango quasi a voler comunicare che, in fondo, queste sono le dicotomie e i chiaro scuri della vita.

CalmoCobra è un album di parole cercate nell’anima e scritte con l’inchiostro virtuale dell’amore, delle gioie, e delle sofferenze, di ultimi baci, di guance rosse e sigarette ma anche di un lessico raffinato come il “pulviscolo” di quel fumo che, in “nessun confine”, Tananai vorrebbe essere per raggiungere chi non c’è più che gli dava gentilezza e normalità e che ora, dal “fondo di un barile”, cerca e vede nell’”indaco” e nelle “luci di NewYork”.

CalmoCobra è fatto di nuove immagini come la “danza poetica” e i “fiori in un ripostiglio” ma anche di richiami al passato, suo, delle macchinate, degli occhi rossi, delle autorità, dei bar, termosifoni e caloriferi attivi anche a giugno poiché lei lo fa tremare anche d’estate.

Ricorre fortissimo il tema femminile, non stereotipi di donne angelicate, ma presenze imprescindibili nella narrazione dell’artista, capaci di elevare il senso di reciprocità al punto che, nella canzone “Androne”, Tananai si sente di consolare quella lei che, con sofferenza, si sta allontanando da lui.

I pezzi di questo album hanno quel gusto un po’ retrò della “biro” usata per scrivere biglietti  e si muovono tra sonorità e immagini anni ottanta, quando lei dice “non voglio mica la luna” o ascoltiamo delle “briciole nel letto”, e l’immaginario anni novanta del telefono di casa con i tasti; nella musica ritroviamo Battiato, Cremonini e un po’ più concretamente Tiziano Ferro che scopriamo anche coautore del pezzo “Punk love storia”.

In CalmoCobra musica e testi si fondono al punto che quando finiscono le parole arrivano le note musicali, che mentre ascolti le chitarre distorte e le batterie, a volte quasi una marcia, tu immagini le mani abili dei suoi musicisti, che Tananai chiama i suoi fratelli, elevare a poesia pezzi di vita generosamente condivisi.

L’album si conclude con la canzone “radiohead” che è una sorta di recap degli anni che lo hanno portato sin qui e dell’album stesso; chiude il pezzo la domanda “Però che senso ha?” e la sensazione è che questa sia una domanda retorica, che quel punto interrogativo potrebbe essere sostituito da un esclamativo poiché, sembra proprio che Tananai il senso l’abbia trovato.

27-10-2024
Autore: Annalisa Libbi
Insegnante, già Vicepresidente di Azione Cattolica dell’Arcidiocesi Metropolitana di Pescara-Penne
meridianoitalia.tv

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