di Annalisa Libbi,

Il quadro, a volte, desolante della vita pubblica italiana spinge ad una necessaria riflessione sul senso dell’agire politico, sul perché oggi è difficile impegnarsi e perché, la politica, nonostante gli sforzi anche profusi, spesso è distante dai cittadini.

Non è inusuale, in ogni campo di azione, rivolgere lo sguardo al passato individuando in esso una maggiore competenza. Ma cosa fa la competenza?

E’ indubbio che l’istruzione, come in ogni “mestiere”, racchiuda in se un valore imprescindibile ma, è altrettanto vero che questa, da sola, non basta.

Il cuore del problema, infatti, risiede nella difficoltà della politica, ma, forse, anche di altri settori, nell’affrontare la modernità che oggi più che mai è anche complessità.

L’agire politico è oggi collocato in tempi in cui tutto è fruito velocemente e, l’attualità perde di interesse senza che si riesca a stare al passo con essa.

A ben guardare, da un lato, si rileva ancora un forte attaccamento agli ideali politici, considerati non negoziabili, ma dall’altro è come se vi fosse una difficoltà ad inserire tali ideali in una cornice di senso che possa essere socializzata con i cittadini anch’essi destabilizzati dalla velocità con cui dibattiti, notizie, fake news si rincorrono.

In questo quadro, si inserisce il concetto autentico di competenza che è strettamente connesso a quello di formazione. Oggi più che mai, infatti, è necessaria, da parte di chi vuole mettersi al servizio del bene comune, una formazione che generi abilità, una sorta di “life skill”, che renda i politici capaci di affrontare i continui e repentini mutamenti che interessano una società sempre più globalizzata che rincorre un’economia che governa il mondo ma che, necessariamente, deve cambiare puntando ad una visione di sviluppo sostenibile.

C’è, però, una bussola capace di orientare la politica al servizio: l’irrinunciabile traguardo del bene comune che, insieme al primato della coscienza, dovrebbe guidare coloro che sono stati chiamati ad amministrare la cosa pubblica; per realizzare una società inclusiva in senso autentico dove nessuno è escluso o lasciato indietro. 

Imparare ad imparare la politica per fuggire le scorciatoie degli slogan, del dibattito polarizzato, della tentazione di tornare indietro pensando così di fare meglio il futuro.

Tornare ad assumersi la responsabilità, invece, di un passo indietro rispetto al sé cercando di comporre il bene, anche negoziando con le parti avverse sulle questioni vitali, tralasciando lo scontro ideologico.

Imparare ad assumersi la responsabilità di minori consensi in favore della socializzazione di una politica che sia responsabilità di tutti secondo le competenze.

Fare proprio il dovere, che è anche dell’informazione, di attenersi alla sostanzialità dei fatti; scegliere i valori universali del benessere, della pace, che non è solo assenza di conflitti, della libertà, soprattutto, come valore inalienabile che risponde alla coscienza di ciascuno.

Un percorso, che è anche di formazione, che non è né breve né facile, o di risultati immediati ma,  che è quantomai necessario ad invertire la rotta di un analfabetismo generalizzato che ormai sembra non risparmiare nessun campo sociale e istituzionale e i cui danni sono più evidenti di quanto si pensi.

09-09-2024
Autore: Annalisa Libbi
Insegnante, già Vicepresidente di Azione Cattolica dell’Arcidiocesi Metropolitana di Pescara-Penne
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