di Pietro Fiocchi
«Il “Sistema Italia” semplicemente non esiste! Lo si invoca da decenni e nulla abbiamo appreso dall’esperienza francese…»
Da italiano all’estero per qualche anno, bloccato sulla via di ritorno in Cina da questa pandemia, ho sempre pensato particolarmente arguti i proverbi popolari d’Oriente, uno in particolare è quello della rana in pentola che trova piacevole l’acqua tiepida, fino a che poi bolle e la uccide.
Da noi non saprei a quanti gradi sia arrivata l’acqua, in più ci è caduta addosso un’epocale disgrazia, però in questa mia parentesi romana ho avuto il privilegio di conoscere un italiano, uno di quegli italiani che a chi tocca la condizione di “italiano all’estero”, sempre ferma la gratitudine per il Paese ospitante, rendono ancora più amaro il non poter essere un “italiano in Italia” e allo stesso tempo tengono accesa una profonda voglia di mantenere il legame con “casa”, per quanto ormai quasi “inagibile” e pur vivendo dall’altra parte del mondo.
Questo ammirato connazionale è il Generale di Corpo d’Armata in congedo nel Ruolo d'Onore Gennaro Scala, 71 anni, napoletano, che, dopo averlo puntualmente presentato, ci offre una diagnosi sincera dei nostri mali e ci suggerisce alcuni rimedi, credo, efficaci.
Il Generale Gennaro Scala ha servito nelle fila dell’Arma dei Carabinieri per quasi un quarantennio. Ha retto, tra gli altri, i comandi del Nucleo Investigativo di Verona e Palermo, distinguendosi particolarmente nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, comune e mafiosa.
Capo Ufficio Addestramento della Scuola Allievi Carabinieri in Roma, è stato poi Direttore di Sezione presso la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga ed “Esperto” in America del Sud, acquisendo numerose benemerenze, nazionali e straniere, soprattutto in relazione a sequestri di ingentissimi quantitativi di cloridrato di cocaina, alla scoperta di multinazionali del crimine e alla liberazione di ostaggi, tra cui un minore figlio di connazionale. Ha partecipato a investigazioni di livello transnazionale unitamente alla DEA, al FBI, ai Customs ed alle Agenzie di Intelligence e polizie di numerosi Paesi, europei ed extra continentali.
Congedato nel 2001 per riforma a seguito di eventi traumatici in servizio, è stato dapprima Security Manager di consociata estera e al tempo stesso Coordinatore di Security del Gruppo Eni per le Americhe ed infine Security Operations Manager di Corporate. In tali incarichi internazionali, è stato, per più mandati, presidente della Comunidad de los Oficiales de Enlace Policial en Venezuela – C.O.D.E.V. e della Sezione Security dell’Asociación Venezolana de Hidrocarbúros – A.V.Hi. Ha fatto parte altresì del Direttivo dell’Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza Aziendale – A.I.P.S.A. ed è membro della International Crime Analysis Association – I.C.A.A. e di Comitati Scientifici di Istituti di Alta Formazione.
È internazionalmente accreditato come Senior Security Advisor ed esperto di questioni latino-americane. Collabora con riviste specializzate e di intelligence e con la spagnola Radix Intelligence Solutions di cui è docente e direttore di corsi. Tra i numerosi titoli di studio e accademici, vanta quello conseguito presso l’Istituto Alti Studi Difesa – IASD e quello della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale – SIOI – Scuola Superiore di Formazione alle Funzioni Internazionali.
Ha svolto attività di docente presso scuole e accademie militari e di polizia, in Italia ed all’estero, in particolare presso il Dipartimento di Studi Giuridici e Diritto dell'Università di Alicante (Spagna). A titolo gratuito, è stato consulente per la sicurezza del Sottosegretario al Lavoro. Nel 2013, con decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza è stato riconosciuto “Vittima del Dovere”.
Generale, da un punto di vista strategico, con il modo in cui l’emergenza pandemica nel suo insieme è stata gestita e comunicata nelle varie fasi, cosa abbiamo detto a chi ci osserva da vicino o da lontano in una prospettiva di competizione?
La pandemia da Sars-CoV-2 è un evento epocale e globale, ma, volutamente o inconsciamente, ne rigettiamo psicologicamente le conseguenze o facciamo fatica a rendercene conto, forsanche a ragione dei progressi delle scienze rispetto ad un secolo fa quando esplose la “spagnola”. Né il modello sociale, cui siamo abituati, ci sovviene nella comprensione, essendo sin qui stati inondati di messaggi che hanno cambiato la valorialità con l’avvento del consumismo e del globalismo.
Per quanto attiene alla gestione ed alla comunicazione dell’emergenza sanitaria, cui è connessa quella economica, le carenze e le criticità non sono state esclusive del nostro Paese. Giovi ricordare le gravi omissioni ed i ritardi comunicazionali della Cina e dell’OMS, nonché la “propaganda” e gli atteggiamenti di alcuni presidenti e capi di governo, talora dichiaratisi negazionisti o complottisti. In Italia, la successione degli eventi, delle diatribe, delle gaffe è nota.
Le passerelle di fine febbraio-inizio marzo di taluni nostri governanti hanno di fatto costituito il prodomo del disastro primaverile. Superficialità? Malafede? Incompetenza? Un misto, perché il vertice politico sapeva della pandemia, come dimostrano i documenti tuttora secretati e le azioni giudiziarie pendenti. Vertice politico consapevole dell’assoluta impreparazione sotto i profili della Prevenzione, della Pianificazione e della Programmazione (le 3P) sanitaria, economica, civile e sociale. I piani emergenziali sono risultati aggiornati nientemeno che al 2006 e taluni risalgono al 1997, nonostante il nostro paese sia ciclicamente colpito da calamità naturali e/o disastri provocati da incuria, abusi, corruzione, approfittamento e lassismo generalizzati.
Come i fatti hanno corroborato, il tanto vantato SSN è sembrato crollare, rivelando l’estrema fragilità del sistema nel suo complesso, per mancanza di strutture, infrastrutture, dispositivi, risorse umane e finanziarie, avendole, nel corso dei decenni, chiuse o comunque depauperate o, peggio, depredate. Basti qui accennare alla problematica dei posti letto in TI e SBI, alla mancanza dei più elementari dispositivi di igiene e sicurezza per il personale sanitario, alla disorganizzazione dei presidi ospedalieri e delle RSA e finanche alla indisponibilità di crematori cimiteriali.
Problematiche, peraltro, attuali non solo per le strutture Covid: la crisi si riverbera sulle aree mediche, al punto che in pronto soccorso non sono in grado di assistere pazienti colpiti da infarto, ictus ed altre patologie fra cui quelle che necessitano delle chirurgie e delle assistenze oncologiche. Il nostro governo ha dunque deciso di avvalersi di task force, di scienziati ed esperti, di commissari straordinari e di apparati che più che risolvere i problemi sul tappeto, sono stati capaci di incrementare le discrasie, evidenziate dai cd provvedimenti di ristoro, molti dei quali ancora oggi ingabbiati per il ritardo dei decreti attuativi o per l’inadeguatezza dell’Inps, peraltro caricato di nuove competenze che nulla hanno a che fare con la previdenza.
Processi decisionali che hanno indotto, ancora una volta, la polverizzazione delle responsabilità. Inoltre, la serie di bonus “a pioggia” e delle misure a favore dell’istruzione, hanno consentito di sollevare il velo su un apparato obsoleto, atteso che migliaia di infrastrutture scolastiche erano e sono vetuste, non adeguate agli standard di sicurezza, prive di impiantistica e di tecnologia (internet, tablet, smartphone) per la DAD. A tale complesso di situazioni, si sono aggiunte quelle della comunicazione istituzionale, para istituzionale e personale di scienziati, o presunti tali, che ancora oggi pontificano, in contraddizione tra loro e per ciò stesso generatori di panico, indifferenza o agnosticismo. L’ultimo caso è quello della polemica sulla validità e costi dei vaccini.
Lo scontro tra governo e regioni è poi favorito dalle contraddizioni circa l’attribuzione delle competenze conseguenti alla riforma del Titolo V Cost. Con i DPCM la frattura istituzionale si è acuita dando luogo a impugnazioni di ordinanze emesse da taluni presidenti di regione e sindaci, cosicché a “legiferare” continuano ad essere i tribunali. Per simili atti, la comunicazione è talora servita a complicare la vicenda: non esprimo giudizi circa la visibilità cercata con scenografie ad hoc; sottolineo, però, i danni causati dalle “fughe di notizie” a mio modo di vedere artatamente create e riguardanti alcuni DPCM, con i quali si intendeva istituire il lockdown e quindi la chiusura dei confini regionali.
La “fuga” nottetempo dalla Lombardia verso le regioni del Sud è stata emblematica quanto devastante! In estate poi le “pressioni” provenienti da più parti, in uno alla caduta del PIL ed alla crisi delle attività turistiche, hanno indotto il governo a decretare il “liberi tutti”, mancando di preveggenza, pur essendo edotto di una prevedibile seconda ondata in autunno. In una prospettiva di competizione e del modo in cui siamo stati o veniamo visti e giudicati, fermo restando che nessun paese al mondo è in grado di imporre un modello universale, valgano le recenti osservazioni dell’OMS, che in parte smontano la vantata bontà del nostro SSN.
Discorso a parte merita la Cina: se ci meravigliamo dello stato attuale di quel grande Paese, da dove tutto sembra aver avuto inizio, è da tener presente che lì vige una ferrea dittatura, cui si accompagna un’altrettanta rigida disciplina di popolo che nei paesi occidentali, e non solo, manca.
Multipolarismo, multilateralismo o un’alternativa ibrida. Rispetto alle dinamiche di potere in corso, dove siamo e in che direzione stiamo andando?
È tradizione italiana ostentare una politica estera “banderuola”, capace di transitare dall’unipolarismo protezionistico trumpiano al multilateralismo prossimo venturo statunitense e finanche al multipolarismo e policentrismo, terminologia geopolitica che serve ad indicare la complessità e le dinamiche dei rapporti fra le grandi potenze (USA, Cina e Russia, in particolare) e rispettivi alleati.
Il Presidente del Consiglio dei ministri, all’inizio del suo mandato, si è schierato con Trump, ricevendo l’endorsement (“Giuseppi”!). Tardivamente, si è poi congratulato con Biden utilizzando una formula alquanto poco diplomatica. Ci penserà il Pd, con le sue vecchie volpi già obamiane, a ricucire le relazioni con il 46° Presidente degli Stati Uniti! Ma mentre si adulava Trump, si sottoscriveva un memorandum d’intesa con la Cina sulle Vie della Seta e sulla tecnologia 5G, salvo fare marcia indietro a seguito delle pressioni di USA, dell’UE e per i report dell’intelligence interna, che evidenziano tuttora i rischi, le vulnerabilità e le criticità (guerra cognitiva) cui si andrebbe incontro con la tecnologia Huawei e ZTE.
Ci sono poi i rapporti con la Russia di Putin, tuttora sotto sanzioni americane ed europee, che non disdegniamo affatto per ragioni di dipendenza (forniture di gas) ed economico-commerciali (valenza dell’import-export di € 27/30 miliardi), oltre che strategiche dovute alla nostra posizione nel Mediterraneo ed alle nuove aree di influenza russe in Medio Oriente ed in Africa Centro-Settentrionale. Questioni aperte e di diretto interesse come quelle della Siria e della Libia, connesse al fenomeno dei flussi migratori, che imporrebbero approcci, iniziative e dinamiche tutt’altro che passive, benché inquadrabili in ambito NATO, G8 e G20, di cui ci accingiamo ad assumere la presidenza.
Vedremo quale sarà l’apporto della Farnesina e del governo, poiché, allo stato attuale, la politica estera e di sicurezza appaiono inconoscibili, anche rispetto alle iniziative, politiche e militari, della Turchia, che abbiamo per ultimo beneficiato con il non-voto a proposito della spinosa questione armena. Peraltro, i grandi competitors sembrano essere in stand by in attesa delle mosse del neo eletto presidente USA.
L’attivismo della Cina a livello geopolitico, geoeconomico e geofinanziario (RCEP, mega accordo in Asia con 14 paesi che vale il 30% del PIL mondiale!) è al momento servito a preparare il terreno, da un punto di forza apparentemente dominante, in vista del prossimo, ineludibile confronto con il suo principale antagonista. Con Biden, con il Partito Democratico americano e con lo staff di vertice, che è ormai delineato dopo la resa del presidente uscente, che proprio in queste ore ha dato il via libera alle procedure per il passaggio di consegne, il bipolarismo e l’unipolarismo americani sono sulla via del tramonto.
Non credo che gli USA vogliano andare allo scontro diretto con la Cina, specie in questo momento di grave crisi economica globale: sarebbero perdenti, tenuto anche in debito conto la pronta ripresa del competitor. Né Washington propenderà per affermare una nuova politica di preminenza monocentrica, prediligendo verosimilmente il multilateralismo, in ciò affiancata dagli alleati storici.
L’Italia, gioco forza e per assenza totale di leadership e di visione strategica, andrà per ciò al traino, una volta che il sistema di relazioni tra USA e UE sarà, come preannunciato, restaurato e migliorato.
Il “sistema Italia” è pronto ad una coesistenza dignitosa con le realtà che si stanno delineando?
Il “Sistema Italia” semplicemente non esiste! Lo si invoca da decenni e nulla abbiamo appreso dall’esperienza francese, che, a partire dal 1992, ha elaborato e messo in pratica il contenuto di quello che poi è stato il famoso Rapporto Martre (1994), contenente il piano nazionale strategico e la previsione di istituire la Scuola di Guerra Economica, piattaforma formativa di un vero e proprio “Sistema-Paese” che coinvolge tutto l’apparato di intelligence, il management e la governance della grande industria, delle piccole e medie imprese, del commercio e delle rappresentanze diplomatiche e consolari all’estero.
Un circuito cognitivo, di circolazione delle informazioni, di input a sostegno delle multinazionali e di ogni attività produttiva, in grado di proiettarsi proattivamente all’interno del paese ed all’estero, favorendo così le intraprese nazionali.
In Italia, abbiamo avuto, sotto una serie di sigle, una quantità di istituti per il commercio estero, i cui risultati si possono facilmente enumerare data la pochezza. Ciascuno va per suo conto e neanche l’era digitale riesce a veder realizzata la tanto invocata “rete”. Non siamo competitivi e le ragioni sono molteplici: insicurezza giuridica, lentezza dei processi civili e penali, instabilità politica, mancanza di una politica industriale ed imprenditoriale a medio e lungo termine, complessità burocratica, costi energetici e del lavoro, elevata tassazione, etc.
Negli ultimi vent’anni abbiamo perso almeno due posizioni fra i paesi industrializzati europei, gravati come siamo da un debito pubblico monstre. Gli investimenti stranieri, per le ragioni anzidette, sono ridotti ai minimi termini e se non fosse per i cinesi saremmo totalmente fuori dagli interessi delle major. Siamo invece obiettivo di attività predatorie e di mire portate ai grandi marchi del made in Italy e anche quando qualche nostra multinazionale riesce a condurre in porto un’OPA non ostile a qualche competitor internazionale, siamo perdenti perché non supportati opportunamente dalle istituzioni.
E’ il caso di Fincantieri-Stx France: l’operazione è ancora in piedi dopo due anni di alterne vicissitudini per l’intervento diretto del Presidente Macron, che ha impedito l’acquisizione di quel ramo della cantieristica francese, già coreana e da quella imprenditoria abbandonata perché sull’orlo del fallimento, intervenendo con una parziale nazionalizzazione nel silenzio dell’antitrust europeo. Quello francese sì che è “Sistema-Paese” mentre noi continuiamo a dissipare miliardi per mantenere in vita un’improduttiva Alitalia o a scontrarci, senza costrutto, con il colosso indiano dell’acciaio ArcelorMittal, in nome della de-carbonizzazione e della tutela della salute delle maestranze e delle popolazioni, irrealizzabili in tempi brevi.
Cosa ci dà un vantaggio competitivo?
Partendo dalla definizione delle competitività, che è “il grado con cui una nazione riesce, in condizioni di mercato libere ed eque, a produrre beni e servizi capaci di affrontare la concorrenza internazionale, allo stesso tempo mantenendo ed espandendo il reddito reale della propria popolazione nel lungo periodo” affermo che il vantaggio competitivo italiano può ancora essere racchiuso nelle 3-I: Intelligenza, Invenzione, Iniziativa.
Scelte, proposte e capacità concrete dell’attuale politica, governo e opposizione: è ottimista a proposito di ripartenza?
Sono pessimista. Se è vero che ad ogni periodo di crisi segue un rinascimento e una nuova prosperità, non credo, visti i presupposti, che ciò si avvererà del tutto per l’auspicata “ripartenza”. E ciò per la mancanza assoluta di classi dirigenti in grado di predisporre piani seri, fattibili, realizzabili e sostenibili per la modernizzazione del Paese, che, come è noto, è carente di infrastrutture, collegamenti ferroviari, viabilità, edilizia pubblica, tecnologia, misure di messa in sicurezza del territorio, etc. Quanti miliardi assegnatici dall’UE perdiamo ogni anno perché non sappiamo impiegarli e ben spenderli?
Temo per ciò che i finanziamenti, a fondo perduto ed in prestiti agevolati, promossi dall’UE con i fondi SURE, Recovery Fund e MES se mai lo acquisiremo, possano fare, anche se in parte, la stessa fine. Il governo, in questi ultimi due anni, ha sperperato ingenti risorse, che non hanno prodotto alcunché, non hanno risolto le circa 200 crisi aziendali aperte, non hanno creato nuovi posti di lavoro.
Di converso, abbiamo inventato i navigator, sono state favorite larghe platee di parassitismo e di opportunismo, è stato agevolato il lavoro nero e quindi l’evasione e l’elusione fiscale. Né si è ridotta la povertà o la disoccupazione giovanile. Si è riusciti invece a concepire “l’abusivismo di necessità”! Con la politica dei “bonus” (vacanze, monopattini elettrici, etc.) e con i redditi di cittadinanza non si risolvono le crisi. Con la distribuzione di miliardi “a pioggia” non si ristora nessuno perché la matematica non è un’opinione: se stanzio 2 miliardi e decreto che ristoro 2 milioni di categorizzati a ciascuno andranno 1.000 Euro!
Né si vedono all’orizzonte progetti tali da attirare investimenti privati. Qualche giorno addietro, i media hanno riportato la notizia della presunta irritazione della Presidente della Commissione Europea, la quale avrebbe lamentato il ritardo dell’Italia nella presentazione del Piano nazionale e dei progetti da far rientrare sotto la copertura finanziaria del Recovery Fund. Il Presidente del Consiglio dei ministri ha smentito, dichiarando che erano state presentate le “linee guida” e che per il piano ed i progetti c’era tempo sino al 31 gennaio 2021; data che, nel frattempo, per parte italiana, è slittata a dopo la prima settimana di febbraio.
Le “linee guida” non sono altro che parte di un libro dei sogni, perché quando si scrive di green e di tutela dell’ambiente, di sostenibilità, di tecnologia, di digitalizzazione del paese mi sovvengono le frasi delle miss Italia, Mondo e Universo che agognano la pace nel mondo, la sconfitta della povertà e della fame, un mondo senza guerre e senza violenza di genere.
Per quanto riguarda l’opposizione interna, credo che abbia perso ogni forza propulsiva dopo l’uscita della Lega (“cavallo di Troia”) dal Conte-1. D’altra parte, la battaglia sull’immigrazione, iniziative giudiziarie a parte, appare oggi stantia e velleitaria, non già perché irrilevante, quanto per le modalità con le quali è stata condotta. Salvini è stato ministro dell’interno e insediandosi aveva gridato ai quattro venti che avrebbe espulso e rimpatriato 650.000 clandestini. In un anno, ne sono stati rimpatriati 800!
Alla stessa stregua si può discutere dei decreti di espulsione: si somministra al soggetto un foglio prefettizio e gli si intima di lasciare il paese entro 7 giorni. Abbiamo visto, alla luce degli attentati islamisti in Austria, Germania e Francia, a che servono! Simili affermazioni propagandistiche dimostrano che quel politico non sapeva di cosa blaterasse, poiché i rimpatri sono operazioni complesse, non unilaterali. Presuppongono l’identificazione certa delle persone, spesso privo di qualsivoglia documento d’identità, il riconoscimento da parte del paese d’origine, dove talora non esistono anagrafe e schedari elettronici, per cui bisogna ricorrere ad una continua corrispondenza di polizia di sicurezza e diplomatico-consolare, con tempi di risposta lunghi e artificiosi.
E desta meraviglia che un uomo politico, perseguitato e perseguito per anni, venga oggi elevato, da parte di componenti della maggioranza al governo, a “salvatore della patria” perché offre l’appoggio del suo modesto partito nientemeno “per il bene del paese” essendo disposto a far votare, dalla propria sparuta rappresentanza parlamentare, gli scostamenti di bilancio! Una maggioranza che non sa di esserlo (vedasi i recenti “inviti” del ministro Di Maio al suo stesso governo) e un’opposizione con poche idee ma confuse (abolizione e/o riduzione dell’Iva, meno tasse per tutti, difesa strenua degli autonomi, etc.).
Anche la riforma della legge elettorale e dei regolamenti parlamentari, resisi necessari a seguito del referendum costituzionale, che ha dimezzato il numero degli eleggibili, sono fermi ai nastri di partenza, nonostante le promesse che tali provvedimenti sarebbero stati approvati in 15 giorni. E mentre l’opposizione è muta, si eleva un’unica voce che è quella di Italia viva del fu Matteo Renzi!
Criminalità, corruzione e attività ostili nei loro vari aspetti e livelli, come e quanto vanificano i tentativi di far risalire l’Italia in classifica?
È una domanda che riguarda un argomento estremamente serio e rilevante, così come quello della diffusione della corruzione. Non v’ha dubbio che le mafie, in periodo di crisi come quello che stiamo vivendo, abbiano vita facile. D’altra parte, già in tempi normali, esse sono in grado di permeare ed infiltrare il tessuto sociale, economico e finanziario del paese. In tempo di “guerra” se possibile le attività illegali trovano terreno ancora più fertile.
E non si tratta solo di acquisire attività ed imprese riciclando danaro proveniente dal traffico di stupefacenti e di armi, dalle estorsioni, dalla tratta di esseri umani, dal gioco d’azzardo, dalla prostituzione, dal contrabbando tornato in auge e da qualsivoglia altro fenomeno criminale. Gli “investimenti” usurai, alla stregua delle modalità originarie, consentono ad esse di subentrare nei settori finanziari, immobiliari, produttivi, commerciali e del terziario.
È una criminalità imprenditoriale, che ha abbandonato lo schema sanguinario e stragista di matrice corleonese. Si avvale perciò di professionisti e di società di intermediazione, condizionando la politica anche con attività di lobby, la società e l’imprenditoria sana, che non può disporre di adeguate fonti di finanziamento per sostenere la competizione, lo sviluppo e l’espansione delle iniziative. A tali dinamiche non si sottrae nessuna regione italiana. Non è quindi più solo un problema del Sud, così come la diffusione della corruzione ad ogni livello.
Alle questioni endemiche si aggiunge ora il miraggio degli ingenti fondi europei, una manna che verrà verosimilmente spalmata su tutto il territorio nazionale, sempre e quando la progettualità dell’auspicata rinascita avrà approvazione ed attuazione. La “questione meridionale” e il gap esistente tra nord e sud sono problematiche attuali e dunque fortemente condizionate dall’operatività delle mafie nostrane – ‘ndrangheta in testa – in grado di permeare il tessuto politico, sociale ed economico ed inibire ogni sviluppo attraverso investimenti esterni, appropriati e produttivi.
Circa le “attività ostili”, se riferite a intelligenze straniere miranti a settori strategici, ritengo che la misura della golden power, che il governo ha messo in campo possa in qualche modo arginare eventuali attacchi a quel poco di strategico che è rimasto.
Un settore critico, perché attaccabile e scalabile, è quello bancario a ragione della fragilità strutturale ed intrinseca del sistema creditizio italiano.
I nostri popolo e istituzioni sono “schermati” contro possibili “PsyOps” volte a minare la nostra società?
Con il termine si definisce la “guerra psicologica” o più nel dettaglio le “operazioni” o “manovre psicologiche” di chiara matrice militare, condotte con attività di intelligence sul terreno (HUMINT) ed attraverso SIGINT, ELINT, COMINT e MASINT.
La terminologia è oggi in voga anche in ambito società civile e rimanda alle condotte messe in campo attraverso la comunicazione e la veicolazione, via web e social media, di messaggi finalizzati a influenzare e/o condizionare l’opinione pubblica o specifici target di utenze.
Gli strumenti a disposizione sono molteplici: la stessa profilazione e l’acquisizione di dati personali, anche sensibili, vengono utilizzati per inculcare, convincere, indirizzare, convogliare, far convergere utenti della rete su un determinato argomento, tesi e finanche sul voto (Russiagate, Obamagate, etc.). Metodologia che si alimenta di fake news, disinformazione, manipolazione, mistificazione e misinformation.
Ovunque sono sorte organizzazioni, ong e vere e proprie sette che propugnano e diffondono teorie complottiste, come quella di Quarto Millennio, i cui fondatori ed adepti affermano che i “poteri occulti” controllano l’umanità finanche a livello mentale, condizionandone e determinandone orientamenti, comportamenti e azioni. Da qui la definizione di “dittatura sanitaria” appannaggio dei negazionisti, riferita alle attuali limitazioni delle libertà personali decise nel tentativo di limitare e contenere la diffusione della pandemia. Si tratta comunque di minoranze (gilet arancioni, no-vax, no-covid, no-tav, no-tap). Credo per ciò che le istituzioni e gran parte della popolazione siano “schermati” contro possibili attacchi di tal fatta.
Gli apparati di intelligence e le unità specializzate (CERT) in cyber security previste dal GDPR europeo sono in grado di far fronte ad eventuali attacchi esterni e pronti ad individuare le fonti di provenienza di operazioni ostili, siano esse di matrice militare e politica, di organizzazioni privatistiche e di hacker, cracker, haters, troll e shitstorm.
Con ciò non escludo affatto rischi, vulnerabilità e criticità, fattori che, per quanto possibile, vanno identificati, verificati, validati, controllati e prevenuti con le modalità del Risk Management Process (identify risk, assess risk, control risk, rewiev controls) e delle molteplici attività connesse e conseguenti, basate sul Ciclo di Security e su quello dell’Intelligence Strategica.
Si tratta di metodologie e tecniche che fanno parte ormai delle funzioni strutturate interne alle imprese pubbliche e private, cosicché, in ambito strategico ed a difesa delle infrastrutture critiche, è inevitabile e sempre più auspicabile la sinergia tra le agenzie statali e le unità degli apparati produttivi.
Fondamentali sono le informazioni e le fonti (aperte, chiuse e grigie) da cui procedono, che, come diceva il fondatore del FBI, costituiscono il vero “potere” di una nazione!