Dolore e sgomento, per le violenze - tutte - nel Vicino Oriente, reclamano allarmi. Un allarme deve levarsi dal mondo dell'informazione. Stiamo attenti a ricadere nelle spirali etnico-religiose. Difendiamo il concetto di cittadinanza
di Fausta Speranza
Nell'orrore che si consuma nel Vicino Oriente sono da condannare i governi incapaci o corrotti che hanno perso tante occasioni di pace, di pacificazione e di bene comune, da una parte e dall'altra. E da condannare sono i traffici di armi, che non hanno razza, etnia ne' conoscono confini.
La spinta a prevaricare tra esseri umani a volte si ammanta di un credo religioso, a volte nega la trascendenza. Anche senza un dio finisce per costruire una qualche "fede" ideologica piu' intransigente di qualunque religione. Lo abbiamo visto con l'ateo totalitarismo comunista e lo stiamo vedendo con gli pseudo laici devoti in modo intransigente all'esasperazione del politically correct. Senza un dio, non manca la devozione assoluta.
Cercare la pace vuol dire uscire dalle logiche cieche di odio etnico-religiose. Uscire una volta per tutte!
E' il bene delle popolazioni che vogliono pace e giustizia da rivendicare. Solo questo.
Ricordiamo Combatans for peace, associazione di palestinesi e israeliani insieme, che da anni si battono per la pace in modo non violento. Nessun politico o nessun media promuove abbastanza le loro logiche di non violenza e di pace. Ne' sul posto ne' sui media occidentali.
Il punto e' che chi non odia non porta voti alle classi politiche come quanto invece identificare un nemico smuova alla mobilitazione. Lo abbiamo visto anche per l'assalto a Capitol Hill, nel cuore del Paese ritenuto campione di democrazia.
Ma e' un gioco al massacro. Basta rincorrere sensazionalismi e istinti nell'informazione. Basta contrapposizioni tra buoni e cattivi, mentre ai buoni di una parte e dell'altra si toglie la voce. Strillano troppo tutti gli altri.
E sui nostri media che facciamo? Ospitiamo strilli e polemiche conditi di sensazionalismo, che oscurano la verita' tanto quanto.
Siamo nel 2023 e circolano piu' notizie e piu' audio e video, ma l'informazione non e' piu' ricca. Anzi.
Quello che fa ricca l'informazione e' l'onesta' di riconoscere che la realta' e' sempre complessa e in alcuni casi, come il Vicino Oriente, da 60 anni si e' complicata in modo esponenziale. L'hanno complicata ad esempio gli interessi intorno al petrolio, e non solo.
Non bastano le immagini dell'inviato di guerra o video scioccanti, ma serve la ricostruzione autentica di tutti i nodi e gli interessi che sono in ballo nel conflitto israelo-palestinese.
Serve capire che nel mondo si moltiplicano conflitti che sono giocati su terreni locali con pedine mosse altrove. Eppure, delle logiche delle cosiddette proxy war non si sente parlare.
Il terrorismo e' proprio questo: non ci sono eserciti ma nemici invisibili. Perche' invisibili sono le mani che li armano. Attenzione: ci sono tante mani e tante forme di terrorismo, nel significato etimologico di creare terrore.
E' invisibile anche l'origine dell'onda d'urto che si sta abbattendo sul sogno di un'Europa in pace, democratica, del welfare e del bene comune. E' un baluardo fatto da uomini e dunque imperfetto e fragile, ma e' importante cosa difende. Perche' se il mondo brucia - e sta bruciando dall'Ucraina all'Africa, dal Vicino e Medio Oriente all'America Latina schiavizzata dal narcotraffico - dovrebbe essere utile seminare divisione nel cuore della nostra Europa?
Basta considerazioni di etnia o religione, o di nazionalita' e nazionalismi. Ovunque si e' tolta o si vuole togliere la voce ai cittadini che vogliono convivenza di diversita' e pace. Anche in Europa.
Abbiamo dato vita al concetto di cittadinanza perche' i diritti di tutti i cittadini fossero un punto fermo comune per popoli fatti di etnie e credo diversi. Purtroppo alcune aree del mondo sono ancora troppo lontane dal muoversi in questa direzione, come aree del Vicino e Medio Oriente. Eppure c'e' chi ci prova, come la parte migliore del popolo libanese. Ma in questa lotta e' abbandonato da tutti, dai media in primis.
L'informazione occidentale avrebbe il dovere di non rincorrere pruriti e sensazionalismi ma di promuovere il concetto di cittadinanza ovunque. Rischiamo invece di metterlo in dubbio dove c'e', nella nostra Europa imperfetta ma forte del concetto di cittadinanza europea, oltre a quella italiana, tedesca, francese, lituana etc etc etc. Nel mondo globale - abitato da giganti come alcuni Paesi autocratici o alcune societa' multinazionali - le singole nazioni si perdono. Chi promuove il nazionalismo promuove in realta' l'adesione a qualche altro gigante, perche' da soli non si va da nessuna parte.
E' discutibile ovviamente la declinazione che facciamo della costruzione europea nelle nostre societa' ingiuste, ma sollevare critiche non dovrebbe significare distruggerla. E' una cassaforte per un futuro di pace.
Eppure mettiamo in dubbio il piano preziosissimo della cittadinanza con una narrativa - come si sente in questi giorni - che ripropone considerazioni etnico-religiose. E' drammatico.
Dobbiamo combattere le disuguaglianze e le ingiustizie senza promuovere logiche di odio razziali, senza promuovere odio.
Fa paura leggere articoli e post che sembrano usciti da inizio secolo scorso, dal 1923 piuttosto che dal 2023, da quell'humus creato dalla prima guerra mondiale, un humus di odio.
Basta un'informazione che odia la complessita' e dunque odia la parte migliore dell'uomo! Amare o odiare senza complessita' e senza dubbi - senza sconfinamenti nelle certezze altrui e rientri in zone diverse della riflessione - significa servire la parte peggiore dell'essere umano, quella che si attiva come un interruttore automatico su amore o su odio.
Quella che si riflette anche nel dilagante fenomeno dell'amore di partner che sfocia nell'odio del femminicidio. Anche quel sentire e' frutto della drammatica semplificazione a tanti livelli della dimensione umana, che purtroppo viviamo, innanzitutto sulla comunicazione social ma anche sui media che rincorrono i social, si nutrono di social.
Dobbiamo piuttosto restituire con l'informazione la complessita': quell'orizzonte interiore dove la sensazione di odio momentanea per l'amante che ci lascia resta una sensazione superabile da sentimenti piu' degni come il rispetto del valore della vita umana. Dove le ragioni si argomentano superando l'odio e non fomentandoli.
Questa e' la complessita': capire che ci sono sensazioni e valori, che non e' tutto piatto o bipolare come like o no like.
Alcuni post di questi giorni sui media, anche di giornalisti, fanno paura. Sembrano una disputa per decidere chi bisogna odiare di piu'. E' l'odio che bisogna odiare piu' di tutto, per difendere l'umano.
Certamente ci sono tante altre autorevoli considerazioni da fare, oltre questi pensieri da giornalista.