di Annalisa Libbi
E’ la sera del 25 settembre, al Parco della Musica di Roma, Tananai canta “tango” e con un gesto ormai di rito, rivolge il microfono verso il pubblico con l’orgoglio e l’emozione di chi sa di aver fatto “la canzone”, le tribune illuminate di lucine, nel parterre le ragazze agitano un foglio A4 con una scritta semplice e immensa: Grazie.
Tango è la canzone presentata a Sanremo che racconta, accompagnata da una melodia struggente, dell’amore tra due Ucraini, lei costretta a fuggire dalla guerra e lui al fronte a combattere.
Dalla tribuna, sorrido pensando che alcuni di quei “grazie” li ho stampati anche io poiché nei giorni precedenti il concerto, le ragazze dei diversi fanclub hanno organizzato chat, gruppi, fan action affidando a ciascuno un compito per quella serata speciale.
“Ah ecco la Prof!” quando li raggiungo nel primo pomeriggio alla fila ai cancelli. Sulla chat avevamo chiacchierato un po’, avevo raccontato di come trovassi un po’ triste che nella narrazione di molti giovani artisti, la scuola rappresentasse quasi un incidente di percorso e che sarebbe bellissimo portare Tananai nelle scuole a raccontarsi. “Per fare la differenza” dice Marine.
Così alcuni nomi sono diventati volti. Come Annamaria, quasi mia coetanea, che con il lavoro delicato che svolge, di vite se ne vede passare tantissime, la bravissima Sara, una vocazione artistica a tutto tondo, che con Giusy e Vittoria gestisce la Tananai Fanpage, Alessia, sempre sul pezzo, di Tananai Supporter.
E poi i braccialetti, i pupazzi, i cartelloni, i disegni e gli sticker che le ragazze hanno realizzato per il loro beniamino che, indirettamente, diventa scopritore di talenti.
I miei parrozzini dall’Abruzzo consegnati letteralmente di corsa a Donald Renda che, invece, si ferma -“Ah ma sei tu?” - e parliamo di noi, di Alberto e della meraviglia che con lui sono capaci di generare sul palco.
Sul palco di Tananai si performa il suo amore viscerale per la musica, ma anche la sincera umanità di un ragazzo che non ha paura di mostrare il proprio animo gentile, attraverso canzoni i cui testi sono delle vere e proprie “letture dell’anima” che, condivise col pubblico, diventano terapia.
I musicisti che suonano con lui, quasi uno scudo a proteggerlo, fanno capire bene la differenza tra l’eseguire uno spartito ed emozionare chi li ascolta; sono affiatati, gli lasciano spazio e chi segue Tananai li percepisce come una cosa sola con lui.
Alberto, questo il suo vero nome, si fa volere bene e per i fan lui è “casa a dieci metri sotto il temporale” perché rappresenta la certezza di essere capiti, di far parte di un’esperienza emotiva. Quando gli cantano “sei bellissimo”, lui abbassa lo sguardo , sorride imbarazzato e confessa di aver creato Tananai perché non gli piaceva Alberto ma che poi, proprio attraverso Tananai, ha riscoperto Alberto.
E non è un caso che il suo nome d’arte, letteralmente “piccola peste”, sia il nomignolo con cui lo chiamava il nonno, segno che il suo percorso ha l’impronta, importante ma discreta, della famiglia.
Se la parabola artistica di questo giovane cantautore fosse un romanzo, il 25 settembre, la fine del tour “rave eclissi”, ne sarebbe sicuramente il climax.
Il punto più alto di un percorso di senso, umanità e intelligenza emotiva in una sorta di ecosistema dove ogni elemento sembra andare sempre al proprio posto.
E’ la sera del 25 settembre Tananai canta tango e ho la canzone che mi si ferma in gola mentre osservo quell’audience eterogenea farsi “comunità” nell’alchimia che si sta generando con il palco di quel giovane “talentuoso e gentile”.