di Gianni Lattanzio
L'8 agosto del 1956 l'incendio nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, provocò la morte di 262 minatori di cui 136 italiani. Una tragedia che ha colpito il cuore di tutti, un sacrificio di gente che era andata all'estero per cercare di guadagnare qualcosa per la propria famiglia sperando in un avvenire migliore; una speranza troncata dalla morte. Oggi quella giornata e' ricordata come "Giornata nazionale del sacrifício del lavoro italiano nel mondo".
In tale occasione abbiamo incontrato un italiano di Bruxelles, un maestro d'arte, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles dove insegna e dirige la Biennale dell’Abbaye de Forest: Lino Giuliani.
Il Maestro Giuliani, che proviene da un paesino del frosinate, uno dei tanti oggetto, ancora oggi, di partenze verso i luoghi delle opportunità, ha portato in Belgio anche il tratto artistico che ha contraddistinto la storia culturale italiana nella sua ricerca della verità, la ricerca del sublime e forse, permettetemi di dire, anche la ricerca di Dio attraverso la vicenda umana. Un fatto che si potrebbe benissimo rintracciare in quelle opere dove l’autore mostra come la perdita della dignità umana sia qualcosa che conduce alla disarmonia che caratterizza il bello.
Tra queste l’opera su Marcinelle, opera acquisita dal Museo Bois du Gazier, sito Unesco, che mette in evidenza la tragedia che è diventata poi la Giornata del sacrificio del lavoro italiano nel mondo.
Anche attraverso l'arte possiamo fare memoria e continuare a riflettere sul lavoro in Italia ed in Europa e guardare ad un futuro dove l'essere umano possa vivere in maniera sostenibile ed il lavoro possa essere strumento veramente in grado di contribuire alla realizzazione di ciascuno.
Maestro Giuliani ritiene che il tema di Marcinelle sia ancora attuale?
Assolutamente sì. Il tema dell’immigrazione è molto attuale. La povera gente si è mossa ieri, come si muove oggi, con tutte le implicazioni che questo comporta. Certo, nel tempo il fenomeno è cambiato: allora erano gli italiani che erano costretti ad emigrare all’estero, oggi l’Italia è invece la meta di tanti immigrati. Ma la questione rimane al centro del dibattito.
Oggi cambierebbe qualcosa del suo dipinto?
Nulla. Il quadro rappresenta una tragedia accaduta, anzi annunciata. Le condizioni di lavoro erano disumane e con scarsa attenzione alla sicurezza. Tutto lasciava presagire che prima o poi sarebbe accaduto una tale tragedia. Ed infatti, ho voluto rappresentare quei tre minatori nudi, ossia spogliati della loro dignità, ridotti a pura merce di scambio (uomo/carbone).
Perché ha voluto dipingere questa tragedia?
La memoria è un elemento che va coltivato costantemente, per non dimenticare. L’arte è un ottimo veicolo per colpire e scolpire la memoria collettiva. Attraverso la rappresentazione visiva, si ha una percezione immediata di ciò che viene narrato e il messaggio dell’autore rimane più facilmente impresso nella memoria. L’arte sprigiona energia capace anche di turbare e così incidere sulle prossime generazioni.
Questo dipinto è stato acquistato dal Museo Bois du Cazier, luogo della tragedia e ora sito Unesco. Può raccontarci come sia arrivato lì?
Sono il direttore artistico della Biennale dell’Abbaye de Forest a Bruxelles e durante una mostra, dove era esposto questo dipinto, una visitatrice che era rimasta particolarmente impressionata dal quadro, mi ha chiesto il permesso di scrivere al direttore del Museo. Una volta davanti l’opera, il Direttore ha detto di essere stato colpito da un “véritable coup de foudre artistique” (vero colpo di fulmine artistico) ed ha fatto di tutto per acquistare l’opera.