di Graziella Catozza

Ecco il mio angolo di fede...dove mi nascondo per ore, il più possibile, dal "mondo".
San Paolo ho imparato a conoscerlo e forse se lo avessi conosciuto me ne sarei innamorata.
Contrariamente all’accusa di antifemminismo e misoginia legata alla traduzione postera "le donne devono tacere", le lettere di Paolo evidenziano la partecipazione attiva delle donne e il loro riconoscimento. Questa analisi sfida gli stereotipi e sottolinea l’importanza delle donne nella comunità cristiana fin dall’inizio.
l’apostolo delle genti, nei suoi testi, «dà assolutamente per scontato che le donne possano intervenire liberamente in pubblico, senza porre loro alcuna museruola, come denota l’uso del verbo profetèuein impiegato a loro riguardo esattamente come per l’uomo».


«le parole di Paolo possono valere come semplice e banale ammonizione alle donne corinzie a non parlottare durante l’assemblea liturgica. Alternativamente, visto che poco prima a proposito di chiunque parla come glossolalo, cioè senza farsi capire, Paolo ha stabilito che abbia un interprete (14, 28: “Ma se non ha un interprete, stia zitto nella chiesa”), si può pensare che l’apostolo proibisca alle donne di parlare soltanto come glossolale, dato che in 11, 5 egli dava per scontato che potessero parlare apertamente come profetesse, cioè in modo da farsi capire a edificazione della comunità».
Già, EDIFICAZIONE DELLA SOCIETA'...quanta attualità!
Paolo elogia sette donne (Prisca, Maria, Giunia, Trifena, Trifosa, Perside, Giulia) per il loro impegno evangelico, in confronto a cinque uomini (Aquila, Andronico, Urbano, Apelle, Rufo).

Lo stesso Paolo, inoltre, è famoso per aver affermato che tra i battezzati in Cristo «non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno solo in Cristo Gesù» (Gal 3, 27-28), annullando così «tutte le differenze o meglio le contrapposizioni: culturali, sociali, e persino sessuali» quindi parità di funzioni a livello comunitario...anche qui, quanta attualità!

La visione paolina della donna non è una teoria sociale, ma una visione teologica, che investe la problematica sociale del rapporto uomo-donna e la supera nella visione cristiana dell’amore. È un germe che progressivamente tende a trasformare la società fino ad abolire qualsiasi differenza: “Non c’è più né Giudeo né Greco, non c’è più né schiavo né libero; non c’è più maschio e femmina. Tutti voi siete uno nel Cristo Gesù” (Gal 3, 28).

Le donne, come gli uomini, sono chiamati a diffondere il Vangelo di Cristo nel mondo che li circonda. Esse hanno ricevuto il carisma di collaboratrici ministeriali, che le rendeva particolarmente utili per penetrare nei ginecei del mondo greco-romano e portarvi cosi il fermento rinnovatore dell’Evangelo di Cristo. esa, PriPaolo ricorda molte di queste donne impegnate totalmente nella diffusione del messaggio cristiano: Febe di Corinto, prima diaconessa della Chisca di Efeso, Lidia di Filippi, Damaride di Atene e tante altre, ricordate nelle lettere ai Romani e ai Filippesi che consacrarono tutta la loro vita alla causa di Cristo. Ma il carisma più alta che la donna abbia ricevuto nella Chiesa è per Paolo quello di pregare e di profetizzare pubblicamente.

La chiesa nasce essenzialmente come domus ecclesiae. I missionari del vangelo debbono molto a donne come Lidia, la ricca commerciante di porpora che insiste per accogliere Paolo e Barnaba (At 16,14). La casa di questa prima donna cristiana d’Europa diventa centro di evangelizzazione e luogo in cui nasce la chiesa di Filippi.15 Non a caso Paolo e Sila, appena vengono liberati dal carcere, “si recarono a casa di Lidia, dove incontrarono i fratelli” (At 16,40).

Ebbene in silenzio, in ascolto, in cammino verso l'altro/a siamo predisposte ad accogliere, supportare, amare, testimoniare, educare nella piena libertà che richiama al rispetto del carisma delle donne che NON DEVONO ESSERE LIMITATI o recisi dalla violenza.

Paolo, mi sarebbe piaciuto incontrarti!

30-06-2023
Autore: Graziella Catozza
Dott.ssa Commercialista
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