di Veronica Arpaia

            Nelle more di un dibattito culturale spesso asfittico e sconfortante, verso la fine del 2022, la casa editrice Solferino ha opportunamente pubblicato l’ultimo saggio di Dino Messina, La Storia Cancellata degli Italiani.

L’autore è un giornalista di lungo corso appassionato delle vicende del passato, con particolare attenzione a quelle del secolo scorso, ma non solo. Chi si occupa di carta stampata con l`acribia dello studioso non può fare a meno di domandarsi come si intreccino i secoli, quali fatti e nuove fonti risveglino eventi lontani e lontanissimi con lo scopo di rileggere la storia, di approfondirne e affinarne la conoscenza.

            C’è chi, invece, tende a confondere passato e presente come fossero un paesaggio privo di prospettiva: le case lontane sono sempre grandi quanto quelle vicine, a dispetto degli occhiali e dei secoli. Si tratta della cosidetta «Cancel culture», la cancellazione di un passato considerato offensivo e pertanto meritevole di scomparire tramite abrasione di targhe, rimozione di statue, laddove non rovinate, da atti vandalici oramai frequenti, sino alla coeva manomissione di opere letterarie antiche, medievali e rinascimentali.

DinoMessina            Negli ultimi anni, a partire dagli Stati Uniti per poi giungere in Europa, sebbene con tinte meno accentuate, si è assistito a una serie di episodi di cronaca che hanno amplificato la reazione di alcune frange della popolazione sino a diventare vera e propria violenza. Nel 2020 il terribile omicidio di George Floyd a Minneapolis ha, ad esempio, portato la comunità degli afroamericani a pretendere l`abbattimento di una serie di statue, se non ad intervenire fisicamente distruggendole. Tra quelle che hanno fatto le spese di una siffatta ondata di indignazione c’è Cristoforo Colombo che era certamente ignaro di cosa sarebbe accaduto dopo il suo approdo nel Nuovo Mondo. Non si tratta certo di un caso isolato, Dino Messina cita anche la richiesta di rimozione della statua di Cecil Rhodes, protagonista dell`espansione coloniale britannica, dalla facciata dell`Oriel College di Oxford, nonché nell`Oregon quella di un monumento a George Washington, bruciato in quanto, il primo presidente degli Stati Uniti, fu anche proprietario di schiavi.

            Ma la mania della censura e dell`interpolazione, come accennato, ha riguardato e riguarda anche i classici: l’Odissea bandita da un liceo del Massachusetts perché considerata irrispettosa delle donne. E persino Dante Alighieri è entrato a far parte di questi dannati della memoria per aver inserito, secondo l’olandese Blossom Books, Maometto nella lista degli scismatici e seminatori di discordia; per tale motivo la casa editrice ha omesso il nome del Profeta nella nuova traduzione. Se l`omicidio di George Floyd, insieme al perpetrarsi di violenze analoghe, è da condannare senza se e senza ma, la reazione iconoclasta necessita di una presa di distanza.

            In Italia è toccato a Indro Montanelli subire lo stesso risentimento: in quel di Milano, sotto la statua a lui dedicata, alcuni membri del movimento   ̎Black Lives Matter  ̎ hanno lasciato la scritta «razzista e stupratore » a causa del rapporto di madamato con una bambina mentre era volontario durante la guerra d`Etiopia negli anni ’30 del secolo scorso. Sempre in Italia, Messina racconta di altre esemplari vicende di memoria controversa come quella di Italo Balbo (1896-1940), uno dei quadrumviri della marcia su Roma, nonché il caso del Museo Lombroso a Torino di cui nel 2018 venne richiesta la chiusura tramite interrogazione all`allora Ministro Dario Franceschini da parte del parlamentare 5 stelle, Saverio De Bonis. Persino le istituzioni giungono ad avallare paralogismi che, partendo da false premesse, conducono a conclusioni altrettanto ingannevoli.

            Di particolare interesse risulta il capitolo dedicato al colonialismo italiano, sia perché si tratta di pagine meno battute nel discorso pubblico, sia perché l`autore, tracciando un quadro degli eventi più salienti dal 1882 al 1947, li osserva da prospettive diverse, come quella della sconfitta di Dogali poi narrata alla stregua di una vittoria da Michele Cammarano. Il pittore napoletano venne inviato in Eritrea per studiare i luoghi della battaglia, rimase affascinato dalla popolazione e dovette rimaneggiare l`opera dalla quale non emergevano le gesta eroiche degli italiani. Si tratta di una doppia cancellazione, nella prima si sovvertiva il piano dei fatti, nella seconda si richiedeva all`autore l`interpolazione di una sua opera per renderla conforme alla narrazione allora in voga.

            Cronologicamente più prossimo è il punto di vista della scrittrice italo-somala Igiaba Scego secondo cui le vittime del colonialismo non vengono rispettate attraverso il dovere della memoria. La Scego parla di figli di unioni miste spesso rappresentati da canzoni come la nota Faccetta Nera, ma anche la bruna venditrice di banane gialle. E` forse utile ricordare che le intenzioni della canzone in romanesco Faccetta Nera erano diverse dall`uso quotidiano che se ne è fatto in seguito. C`è poi chi ha ricevuto ingiusta attenzione, sempre secondo l`autrice, nella storia del colonialismo italiano, fra questi il Duca Amedeo d`Aosta (1898-1942) che sostituì Rodolfo Graziani in Africa orientale nel 1936 e a cui sono dedicati a Roma un ponte e relativa lapide commemorativa ad esaltarne il valore. Infine, viene chiamato in causa lo stesso Graziani condannato a 19 anni nel 1950 per i crimini commessi come ministro della guerra della RSI e a cui il “Dizionario biografico degli italiani” dedica pagine che Messina definisce “bonarie”, Graziani scontò solo quattro mesi di carcere. Si tratta quasi sempre di un passato che non passa.

            Oltre a parlare degli effetti del Giorno del Ricordo, oggi dedicato alla comunità istriano-dalmata ogni 11 febbraio, l`autore rammenta molti altri ambiti interessati (o colpiti) dalla censura e dal politicamente corretto come il cinema e l`opera lirica. L`analisi viene poi approfondita anche attraverso le quote rosa della toponomastica sino ad una disamina del linguaggio utilizzato durante la guerra fredda. Solcando i vari capitoli Dino Messina dimostra come si possa addivenire a criteri di ragionevolezza senza abradere il passato in un periodo storico, come quello attuale, in cui il dibattito sfiora il tifo calcistico, tanto che dopo la guerra russo-ucraina si voleva addirittura bandire la lettura di un gigante quale Fëdor Dostoevskij, autore di Delitto e Castigo, del Giocatore, dei Fratelli Karamazov e di molti altri capolavori, patrimonio, sino a poco tempo fa, indiscusso della letteratura mondiale. La Cancel culture non rappresenta un attentato alla storia e alla sua metodologia tout court (già di per sé sarebbe grave), ma investe molti altri ambiti, in primis l`esercizio del pensiero. Forse uno dei primi a farne le spese fu proprio Gesù che col suo crocifisso venne tolto dalla scuola pubblica perché considerato offensivo per laici ed etnie di diversa religione. Lo scrisse già nel 1988 Natalia Ginzburg su un giornale insospettabile come l`Unità : «…il crocifisso non genera nessuna discriminazione. Tace. E' l'immagine della rivoluzione cristiana, che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini fino allora assente.
La rivoluzione cristiana ha cambiato il mondo. Vogliamo forse negare che ha cambiato il mondo? Sono quasi duemila anni che diciamo "prima di Cristo" e "dopo Cristo" ». …E speriamo di continuare a poterlo dire.

17-04-2023
Autore: Veronica Arpaia
Docente lingua inglese alla Sapienza
meridianoitalia.tv