Ritrovare la bussola tra guerra e censure, tra relativismo e fake news
di Gianni Lattanzio
Scricchiola l’architettura della pace mondiale in cui l’Occidente ha creduto e le democrazie sono chiamate a ricostruire un patto sociale all’altezza dei tempi, partendo dalla consapevolezza di non poter più ignorare l’impatto che la disintermediazione informativa della rete e dei social ha sull’opinione pubblica. Nel giorno in cui torna alla casa del Padre il Papa emerito Benedetto XVI, risuona più che mai profetico il suo invito a non lasciare che il falso mito del relativismo imperante continui a corrodere l’idea stessa di valori da difendere. In ballo ci sono libertà, responsabilità, lavoro come piena realizzazione della dignità umana, diritto al cibo e all’acqua potabile per tutti. Ed è urgente ragionare nella logica di famiglia umana: se si pensa solo all’interesse di una fetta sempre più esigua di persone, la prima notizia è che non si potranno risolvere i conflitti.
Dopo due anni di quella che l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito “infodemia”, l’invasione russa dell’Ucraina a febbraio 2022 ha fatto quasi dimenticare la disinformazione sulla pandemia. Centinaia di narrazioni false e fuorvianti sulla guerra, sul governo e sulla società ucraini o sui loro alleati, hanno inondato siti di notizie e feed dei social network. La verità da sempre è la prima vittima dei conflitti. Ma nell’epoca attuale non pensavamo di assistere a un ritorno in questi termini della censura ai danni di un popolo mandato a combattere per “un’operazione speciale”. E non si può pensare che il fenomeno interessi solo i Paesi in cui vige la censura di Stato.
Ad accompagnare i missili ci sono i bombardamenti mediatici nella rete che non ha confini e ci sono gli attacchi hacker a siti strategici occidentali. La chiamiamo cyber war, è guerra informatica.
Il punto è che questo accade mentre le nostre democrazie dell’informazione devono ancora imparare davvero a fare i conti con l’impatto della disintermediazione informativa nei processi di formazione dell’opinione pubblica. In questo momento il rapporto tra comunicazione e politica soffre di un sostanziale disallineamento tra il potere del web di formare l’opinione pubblica e la consapevolezza che il cittadino e lo stesso legislatore hanno di questo fenomeno. In mezzo, ci sono i giornalisti professionisti sempre più ostacolati nel loro lavoro dai tagli economici e dalla pressione a rincorrere ritmi e sensazionalismi social. E ci sono i partiti che rincorrono il fenomeno senza realmente governarlo, piuttosto contribuendo a quella che di fatto si percepisce come una asimmetria informativa.
Non è scontato il diritto dei cittadini ad essere informati. La preoccupazione è lecita e doverosa. In questa fase storica, in cui ad essere in gioco è la stessa pace mondiale, è fondamentale immaginare un’opinione pubblica all’altezza delle sfide, che significa consapevole delle priorità, in grado di fare pressione sui leader politici perché si impegnino per le vere priorità.
Sul piano mondiale, nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si sta minando il concetto di rispetto del diritto internazionale, perché alcuni Stati se ne fanno beffa ma anche perché si lavora affinche' l’opinione pubblica non ne riconosca il valore.
Sul piano interno delle varie nazioni, con tutte le debite differenze, si sta attentando ai diritti dei lavoratori e al welfare sociale.
Serve un nuovo patto sociale senza il quale ogni prospettiva di pace non può che perdere progressivamente di consistenza.
Ci sono tre elementi imprescindibili per costruire la pace: il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi; l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo; il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana. E poi chiarisce il punto fondamentale: si deve ragionare in termini di famiglia umana quando si ragiona di diritto al cibo e all’acqua potabile e alla salute. Pensare che altrimenti reggerà la pace in un mondo di insostenibili diseguaglianze è il più pesante e più grave messaggio di disinformazione. E’ falso pensare che mentre peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, mentre si aggrava il dramma della fame e della sete, si possa continuare a far dominare un modello economico basato sull’esasperato individualismo più che su una ragionevole condivisione solidale.
E nel giorno in cui ci ha lasciato il Papa emerito Benedetto XVI, è particolarmente importante ricordare la sua significativa ammonizione: “Il relativismo diffuso, secondo il quale tutto si equivale e non esiste alcuna verità, né alcun punto di riferimento assoluto, non genera la vera libertà, ma instabilità, smarrimento, conformismo alle mode del momento”. Con una consapevolezza: la disinformazione è la migliore alleata del relativismo. Insieme, a differenza dei valori che possono aggregare, producono disaggregazione e disaffezione, confusione e rancore. Tutti ingredienti utili alla conflittualità. L’augurio, quest’anno più che mai, è di ritrovare la sintesi più bella degli elementi che permettono ad ogni comunità di vivere in pace nella prospettiva di uno sviluppo umano integrale.