di Mario Sirimarco 

È veramente fuori dall’ordinario il continuo interesse per la figura di Aldo Moro che registriamo ogni anno nelle fatidiche date del 16 marzo e del 9 maggio, quando si moltiplicano gli eventi (non solo di circostanza), le uscite editoriali (non sempre pregevoli) e le occasioni di riflessioni (non solo di luoghi comuni). 

Mi sembra che la figura di Moro sia radicata nella storia di questo paese essenzialmente da tre punti di vista.

Certamente il suo triste destino, l’epilogo del caso Moro e i suoi misteri hanno determinato una richiesta di verità, di chiarificazione della nostra storia recente di contro a verità costruite o concordate. Non si tratta di essere dietrologi ma indubbiamente se guardiamo all’affaire Moro, per dirla con Sciascia, troppe cose non tornano, troppe cose non sono state dette, troppe sono state fatte passare nel dimenticatoio, troppi protagonisti dei fatti non hanno detto ciò che sapevano, troppi hanno depistato, troppi hanno giocato contro la verità. È storia. Sono atti processuali che lo dimostrano.

Purtroppo, lo scorrere del tempo non aiuterà a ricostruire la verità, solo un atto di responsabilità morale e storica dei protagonisti ancora viventi potrebbe aiutare. In attesa, comunque, non bisogna smettere di cercare perché fa parte del nostro essere l’aspirazione alla verità.

L’altro aspetto di notevole interesse che la personalità di Moro continua a suscitare riguarda, naturalmente la sua figura di politico e statista di primissimo piano. Sia nella sua veste di Costituente, sia nella sua azione di governo, sia nel delicato e forse ancora più complesso ruolo nella Democrazia Cristiana, Moro riesce ad essere sempre capace di cogliere il cuore delle questioni, di vedere in anticipo, di intravedere i tempi nuovi, di ammonire sulle aporie, di mettere in guardia sui rischi. È troppo inattuale il suo fare politica: i suoi tempi proverbialmente lunghi, le sue complesse riflessioni non sempre facili da cogliere, il suo linguaggio non immediato, la profondità di analisi, la determinazione degli obiettivi politici. Ma, forse, proprio di questa inattualità, che ci richiama al senso più alto e nobile del fare politica, avvertiamo un gran bisogno …  

Un terzo aspetto di interesse, seppur più specifico, è il Moro giurista, filosofo del diritto e docente universitario. Mai Moro ha smesso di essere giurista e docente da quando iniziò il suo percorso accademico da docente di Filosofia del diritto. La mattina del 16 marzo, una delle sue borse conteneva le tesi di laurea dei suoi studenti a dimostrazione di una passione mai sopita: le sue lezioni erano affollate; la sua presenza garantita anche quando assolveva agli impegni di governo; il suo rapporto con gli studenti straordinario. Il suo contributo alla storia della cultura giuridica italiano resta ancora da approfondire in modo adeguato.

A legare questi tre aspetti della sua complessa personalità, il suo essere uomo di fede, la sua religiosità intensa, laicamente vissuta e testimoniata, l’anelito all’amore eterno come antidoto al dolore terreno, la certezza del dopo che fa passare in secondo piano la finitezza e la incompiutezza delle cose umane, della politica, del diritto, della vita.

17-05-2022
Autore: Mario Sirimarco
Università di Teramo
meridianoitalia.tv

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