di Lucia Di Giambattista

L’evoluzione della Natura è senza dubbio un percorso costituito da una serie ordinata di eventi che si modificano lentamente nel tempo mentre ripetono il loro consueto ciclo di esistenza, questo perché le energie coinvolte negli eventi possono cambiare, evolvendoli nel tempo.   Tutti gli eventi generati dall’uomo, serie casuale, raccontano l’evoluzione umana e rappresentano “strutture” sovrapposte agli eventi della Natura dando luogo all’evoluzione dell’ecosistema Terra.

Viviamo in una continua evoluzione e quanto più gli eventi generati dall’uomo coinvolgono da vicino una moltitudine di persone, si vedano i casi recenti della guerra in Ucraina, della crisi pandemica Covid-19 o della scoperta di molecole organiche su Marte, tanto più il cambiamento viene “emotivamente” percepito, diventando più significativo non appena si abilitano nuovi percorsi di “equilibrio”.  Gli eventi generati dall’uomo nascono dalla combinazione di molteplici insiemi di equilibri che racchiudono al loro interno persone che vivono un loro equilibrio temporaneo, un rapporto alchemico combinato, principalmente ed anche inconsapevolmente, “dall’essere e dall’avere”.

L’evoluzione dell’ecosistema Terra è qualcosa di complesso e può essere studiato soltanto attraverso una visione sistemica che implica una buona capacità di comprensione, esperienza, condivisione e confronto, cioè servono competenze ed abilità per costruire il nostro “futuro”.  

A che punto sono le nostre competenze?

Per approfondire questo tema, ricordiamo un’indagine molto importante e promossa dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) mediante il programma internazionale, Programme for the International Assessment of Adult Competencies (PIACC) (fonte: https://www.oecd-ilibrary.org/education/oecd-skills-studies_23078731) che usa in modo intercambiabile i concetti di “competenza” ed “abilità”.

Il programma OCSE-PIACC è finalizzato alla valutazione delle competenze della popolazione adulta con età compresa tra 16 e 65 anni nei domini di “literacy, numeracy e problem solving in technology-rich enviroments” che rappresentano le “information processing skills”.

Il primo ciclo di indagine, realizzato ed organizzato su tre periodi differenti, 2011-2012, 2014-2015, 2017-2018, ha visto la partecipazione di diversi raggruppamenti di Paesi, nei quali è compresa anche l’Italia che ha solo partecipato ai test per i domini “literacy e numeracy” nel 2012 (fonte OCSE: https://www.oecd.org/skills/piaac/Skills%20volume%201%20(eng)--full%20v12--eBook%20(04%2011%202013).pdf.

Le competenze di “literacy, numeracy e problem solving in technology-rich enviroments” sono considerate essenziali per l’accesso, la comprensione, l’analisi e l’utilizzo delle informazioni cartacee e digitali basate sia su testi che su rappresentazioni per immagini o grafici. La valutazione delle competenze attraverso test cognitivi di literacy e numeracy risulta essere articolata in sei diversi livelli di proficiency, dove ciascun livello identifica un preciso indice di difficoltà. Le competenze relativamente al problem solving fanno invece riferimento all’utilizzo della tecnologia digitale, agli strumenti di comunicazione e alle reti per acquisire e valutare informazioni, comunicare con gli altri e svolgere compiti pratici.

Questo programma ha due obiettivi principali: il primo consiste di offrire delle stime relativamente alla distribuzione delle competenze essenziali in campioni rappresentativi di popolazioni nazionali; il secondo invece identifica le differenze nel livello di competenze tra sotto gruppi di popolazione definiti in funzione di diversi aspetti, come i livelli educativi, il grado di utilizzo delle competenze nelle proprie attività, etc.. .

I livelli proficiency analizzati sono caratterizzati da diversi range di punteggio definiti secondo specifiche procedure statistiche: per un livello inferiore a 1 si indica una modestissima competenza, al limite dell’analfabetismo primario e strumentale; per un livello 3 si indica un target minimo indispensabile per un inserimento positivo nelle dinamiche sociali, economiche ed occupazionali; per un livello 4 o 5 si rappresenta una quasi e completa padronanza del dominio di competenza. Volendo mostrare alcuni dati di questa indagine, si riporta un grafico di confronto internazionale riguardante la percentuale di adulti tra i 16 e i 65 anni che ha raggiunto uno dei sei livelli di competenza nel dominio literacy (fonte open data: dx.doi.org/10.1787/888932900365)

GRAFICO1 DILUCIA

La prima percentuale riportata a sinistra della figura mostra gli individui che non sono stati in grado di fornire abbastanza informazioni per imputare i punteggi di competenza a causa di difficoltà linguistiche, o disabilità di apprendimento o mentali; nel caso dell’Italia si un 0,7% della popolazione. Tutte le percentuali presenti sulla destra sono invece associate ai livelli di competenza che l’individuo può raggiungere con lo specifico test.

Tornando all’Italia, i dati ci mostrano che: il 42% della popolazione ha raggiunto un livello 2; questo risultato fa capire che gli italiani possono integrare due o più informazioni solo in base a criteri ben definiti, confrontare, contradire o ragionare facendo deduzioni di basso livello; il 27,9% degli italiani presenta competenze “low skilled”, cioè quelle comprese tra il livello 1 e minore di 1, per cui possono completare semplici moduli, comprendere il vocabolario di base, determinare il significato delle frasi e leggere testi continui con una certa scioltezza; solo il 3,3% della popolazione riesce a raggiungere le competenze cosiddette “high skilled”, associate ai livelli 4 e 5.

Con il grafico successivo, invece, si vuole mettere a confronto i dati di low skilled e high skilled italiani raggruppandoli su più regioni; le regioni del Sud sono evidentemente le più penalizzate (fonte INAPP “Focus PIAAC: i low skilled in literacy. Profilo degli adulti italiani a rischio di esclusione sociale” -https://oa.inapp.org/xmlui/bitstream/handle/123456789/121/INAPP_Mineo_Amendola_PIAAC_low_skilled_literacy_2018.pdf?sequence=1&isAllowed=y)  

GRAFICO2LUCIA

Dunque, analizzando i risultati dell’Italia, si delinea un “potenziale di sviluppo” del Paese non rassicurante, le criticità presenti sono derivate soprattutto da un diffuso analfabetismo funzionale dovuto ad una ridotta o assente capacità di comprendere e valutare in maniera idonea le informazioni che quotidianamente si elaborano: si è capaci di leggere e di scrivere ma si hanno ridotte capacità per comprendere ed usare le informazioni!

Una maggiore diffusione sia di internet che di piattaforme social sia in Italia (fonti: “Cittadini e ICT” - https://www.istat.it/it/archivio/236920 redatto da ISTAT ed “Internet@Italia 2018” - //www.istat.it/it/files/2018/06/Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.">https://www.istat.it/it/files/2018/06/Internet@Italia-2018.pdf – ISTAT e Fondazione Ugo Bordoni) che a livello internazionale, non aiuta a ridurre l’analfabetismo funzionale anzi può incrementarlo soprattutto se le informazioni reperibili in rete si presentano sottoforma di brevi testi (short message) che usano spesso un linguaggio trascurato, privo di tabelle e grafici, privo di fonti e di autori, e che fanno leva sulle emozioni dei propri interlocutori provocando allarmismo e confusione, come il caso delle fake news e dell’infodemia.  

Questa modalità di diffusione delle informazioni in parte voluta (minaccia ibrida) ed in parte caratteristica del web, provoca ed altera le capacità cognitive, la risposta agli stimoli, condiziona la volontà dell’individuo fino ad indurre comportamenti anomali e, quanto è più rilevante, a condizionare la vita pubblica.

Mancano gli anticorpi, si perdono gli strumenti di approfondimento, si riducono sia le competenze umanistiche che ancor di più quelle scientifiche.

E cosa accadrebbe se un individuo affetto da analfabetismo funzionale scegliesse di vivere una vita virtuale ben costruita dal WEB usando molteplici identità oppure ancor peggio una commistione di vita ottenuta dal mescolare virtuale e reale? Che impatto e quali conseguenze si potrebbero avere? Come si evolverebbe l’ecosistema Terra e su quali equilibri sarà possibile vivere?

Se pensiamo al processo di digitalizzazione come la nostra panacea con cui trovare nuovi percorsi di equilibrio, non siamo sulla buona strada, il digitale dovrebbe rappresentare uno strumento “etico” e di supporto per l’umanità.  La nostra complessità ha bisogno di una visione sistemica che si nutre delle classiche competenze che riusciamo con difficoltà a preservare.

02-03-2022
Autore: Lucia Di Giambattista
PhD, Fisico esperto in ICT ed innovazione
meridianoitalia.tv