Grandi donne: scienziate che hanno fatto la storia.

di Sonia R. Marino

Genere e identità avrebbero dovuto penalizzarla, ma lei riuscì ad abbattere ogni barriera del suo tempo.

 Nasce nel 1892 a Seattle, l’anno in cui venne completato il Pioneer Building simbolo della rinascita di una città che era stata rasa al suolo nel Grande Incendio del 1889.

Vive i suoi primi anni in una città in rapida ricostruzione, giovane, vivace, e una delle porte d’ingresso per la strada che conduce al Klondike e ai sogni di ricchezza di tanti avventurieri nord-americani e di oltreoceano di fine XIX secolo.

La sua è una famiglia di intellettuali e artisti, con un nonno famoso fotografo, tra i primi a introdurre negli Stati Uniti l’uso dei dagherrotipi, e afroamericano nato libero all’inizio dell‘800.

 Alice Ball dopo la laurea in farmacia conseguita a Seattle si reca alle Hawaii a studiare chimica. Nel 1915 è la prima afroamericana, sia a conseguire foto 2 Alice BallAlice Ballun master in chimica, sia a essere nominata docente nel Dipartimento di chimica all’Università delle Hawaii.

Nello stesso anno sviluppa una tecnica per isolare i principi attivi dell’olio di Chaulmoogra che permise la realizzazione di un trattamento iniettabile contro la malattia di Hansen (la lebbra) e che sarà utilizzato fino al 1940.

Ha solo 23 anni.

Ma si ammala e gravemente minata nella salute rientra a Seattle.

A soli 24 anni, muore. È il 1916.

Muore, probabilmente, a causa di un avvelenamento da cloro, sostanza usata per impedire la crescita di batteri ma che se inghiottita o inalata è estremamente tossica.

Non ha avuto il tempo di pubblicare il suo lavoro e l’allora rettore dell'Università delle Hawaii, a sua volta chimico, si appropria dei risultati della ricerca di Alice Ball e li pubblica a proprio nome.

Alice Ball viene dimenticata.

Circa 90 anni dopo l’Università delle Hawaii riconosce e premia il suo lavoro e nello stesso periodo l’attuale senatrice Mazie Hirono proclama il 29 febbraio come l'Alice Ball Day, celebrato con cadenza quadriennale.

foto 3 grandi donne clubhouse locandina

Alice Ball col suo lavoro migliorò significativamente la qualità della vita per migliaia e migliaia di persone. La sua scoperta, infatti, permise di elaborare, dall’olio di Chaulmoogra, un trattamento efficace ma privo di effetti collaterali per trattare la malattia di Hansen. Secondo alcuni studiosi, l'olio di Chaulmoogra per il trattamento della malattia era già in uso in alcuni paesi orientali in epoca pre-cristiana ma di difficile utilizzo.

La malattia è altamente invalidante, e a dispetto della comune credenza è ancora diffusa nel mondo, ogni anno si registrano circa 210.000 nuovi malati.

 

Naturalmente, oggi, si usano altri trattamenti e almeno da noi i malati non sono più coercitivamente confinati in lazzaretti.

Nelle Hawaii dal 1866 il parlamento aveva istituito una colonia, a Kalaupapa, per l’isolamento delle persone affette dalla malattia, soppresso un secolo dopo. Il lazzaretto è citato anche in un romanzo di un premio Pulitzer, Hawaii di James A. Michener.

 

Come già accennato Alice Ball proveniva da una famiglia benestante di artisti, intellettuali e professionisti.

Il nonno, James Presley Ball, era un famoso fotografo e attivista per i diritti civili.

Era un abolizionista e nel 1855 riunì una squadra di artisti afroamericani per creare un murale costituito da pannelli con immagini che rappresentavano gli orrori della schiavitù.

Il murale è andato perduto, ma rimane un opuscolo con la descrizione.

All’epoca James Presley Ball viveva a Cincinnati, e in questa città venne esposto il murale. Gli spettatori pagavano dai 10 ai 30 centesimi, ma tenne proiezioni di beneficenza per quanti non potevano permetterselo.

 foto 4 logo integrati 1500x880Promotori Grandi Donne, progetto per la promozione delle pari opportunità

Era, dunque, la famiglia Ball, una famiglia colta e progressista, che probabilmente credeva fortemente nella giovane Alice, crescendola orgogliosa della sua identità culturale, di genere e delle sue capacità.

 

Alice Ball in quei primi anni del ‘900, in cui le donne sono una rara presenza nelle università, viene accetta da ben due prestigiose istituzioni universitarie, quella di Berkeley in California e quella delle Hawaii. Sceglie quest’ultima, forse anche per una certa familiarità con l’isola in cui aveva vissuto da bambina per un breve periodo e in cui era morto il famoso nonno.

Le Hawaii sono all’epoca già caratterizzate da una discreta multiculturalità e lei viene da una città come Seattle crocevia di flussi multiculturali sin dagli anni ’60 dell’800 e ancor di più con la scoperta dell’oro nel Klondike, nel 1897.

 

La storia della scoperta dell’oro nel Klondike nasconde, come spesso accade, un episodio di razzismo. Gli scopritori furono tre, due nativi americani e un californiano di origine europea, ma quando la notizia si diffuse, a causa del forte razzismo dell'epoca nei confronti dei nativi, i giornali attribuirono la scoperta solo al californiano Carmack, dimenticandosi di Skookum Jim Mason, della Nazione Tagish.

La terza persona ancora oggi è poco nominata, e forse per motivazioni sessiste.

Infatti Carmack e Skookum erano cognati e alla scoperta partecipò anche Shaaw Tláa, anche conosciuta come Kate Carmack. Qualcuno ipotizza che potrebbe essere lei la prima scopritrice, ma è difficile stabilirlo.

 

Un’altra storia intrisa di razzismo si nasconde nel nome della città di Seattle. La città prende il nome da Capo Seattle, un condottiero e capo del popolo Duwamish e Squamish, la cui morte nel 1866 segnò la distruzione della Old Man House, la tradizionale struttura abitativa collettiva del suo popolo.

La struttura venne rasa al suolo con il deprecabile obiettivo di “civilizzare” quel popolo.

Gli Squamish non avevano alcun interesse a modellare la propria vita intorno alle usanze dei bianchi, e per decenni, dopo l'incendio, continuarono ad accamparsi nei pressi delle rovine bruciate, sotto l'unica trave rimasta.

 

Un paese e un’epoca, quelli in cui ha vissuto Alice Ball, caratterizzati da mille contraddizioni e conflitti, ma lei fu capace di abbattere ogni ostacolo. E se non fosse morta così giovane, forse, avrebbe conseguito altri incredibili traguardi.

Per decenni il suo nome è caduto in un totale oblio a causa dell’indebita appropriazione del suo lavoro da parte dell’allora rettore della sua università, ma oggi finalmente le sono riconosciuti i giusti meriti e onorificenze.

 

E in onore di Alice Ball e di tutte le donne afroamericane concludiamo questo articolo come si è conclusa la serata da cui l’articolo è in parte tratto, attraverso le frasi finali recitate dalla ventiduenne poetessa afroamericana Amanda Gorman per l’insediamento di Biden e Harris:

Quando il giorno arriverà, faremo un passo fuori dall’ombra, in fiamme e senza paura.
Una nuova alba sboccerà, mentre noi la renderemo libera.
Perché ci sarà sempre luce,
Finché saremo coraggiosi abbastanza da vederla.
Finché saremo coraggiosi abbastanza da essere noi stessi luce.

 

La biografia di Alice Ball è tratta dal progetto per la promozione delle pari opportunità e il contrasto agli stereotipi di genere Grandi Donne di Integronomia con INBB Istituto Nazionale Biostrutture e Biosistemi ed Ergolab-Unitus.

 

Parte dell’articolo è la sintesi della conversazione ‘Grandi Donne, scienziate che hanno fatto la storia. 90 anni per riconoscerle il lavoro rubatole’ che ho organizzato lo scorso 3 maggio su Clubhouse ospitati da Culturaitalia, club fondato da Andrea Valeri, esperto di politiche culturali, con la collaborazione di Angela Celesia, media planner, e Angela Squarcia, graphic designer.

Relatori:

Sonia R. Marino – architetto, ergonomo europeo, presidente di Integronomia ricerca e progettazione in ergonomia e sostenibilità, ideatrice e curatrice di Grandi Donne, scienziate che hanno fatto la storia.

Leonardo Catalano – storico dell’arte, insegnante, consulente di servizi didattici e fondatore di Narcisodautore specializzata nella creazione di percorsi culturali in Italia e nel mondo.

Gaia Riposati – attrice, performer, regista, autrice e co-fondatrice di Riavviaitalia piattaforma che raccoglie idee per il riavvio del paese.

Eleonora Sandrelli – esperta in gestione di musei, reti culturali e turismo esperenziale, responsabile Maec-Museo dell’Accademia Etrusca a Cortona, coordinatore di MeMuNet (Mediterranean Museums Network)

Mehret Tewolde – già prima dirigente donna allo IOR, oggi coach, si occupa di cooperazione internazionale e relazioni tra Italia e paesi africani, impegnata per la diversity&inclusion.

 

 

 

01-06-2021
Autore: Sonia R. Marino
Sonia R. Marino, architetto, European ergonomist
Presidente Integronomia, ricerca e progettazione in ergonomia e sostenibilità
www.integronomia.it
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