Grandi Donne: scienziate che hanno fatto la storia.

di Sonia R. Marino

“Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.”

Łucja Frey nacque nel 1889 in un’agiata famiglia di Leopoli, oggi Ucraina, allora terra polacca occupata dall’Austria.

Leopoli era una città con una vivace attività culturale, definita la ‘piccola Parigi dell’est’, crocevia di tante popolazioni diverse e importante centro scientifico della Polonia.

Nel 1853, proprio a Leopoli, per la prima volta una lampada a cherosene fu utilizzata per illuminare una sala operatoria durante un intervento chirurgico; e questo grazie a Ignacy Łukasiewicz, pioniere nel settore del petrolio che realizzò nel 1856 la prima raffineria al mondo. Tra i suoi successi vi fu per l’appunto la scoperta del procedimento per ricavare il cherosene dal petrolio.

foto 1 Łucja Frey GottesmanŁucja Frey In questa città, Frey, inizialmente intraprese gli studi di filosofia, poi optò per la matematica, e infine per gli studi di medicina. A causa della guerra polacco-ucraina dovette abbandonare gli studi per un anno accademico, riprese a Varsavia dopo la guerra. Conseguita la laurea in medicina nel 1923 pubblica, nello stesso anno, sulla sindrome auricolo-temporale nota nella letteratura medica come sindrome di Frey. Una pubblicazione in cui descrisse minuziosamente l’innesco dei sintomi a causa dell'assunzione di determinati tipi di cibo e con sue esplicative illustrazioni grafiche.

I suoi lavori ebbero grande influenza nella creazione dei fondamenti della neurologia polacca. Da un collega di fama della sua epoca venne sottolineata la sua ‘diligenza da formica’, la sua precisione e perseveranza nel trovare una spiegazione per il fenomeno esaminato. La sindrome di Frey anche se non mortale è, in taluni casi, invalidante per la vita sociale, e il suo interesse per una patologia che peggiora la qualità della vita ci restituisce una scienziata con una visione delle finalità del suo lavoro all’avanguardia rispetto ai tempi in cui visse.

Negli anni ’30 fece ritorno a Leopoli, dove si sposò, ebbe due figli, continuando a lavorare nel locale Ospedale della comunità ebraica. Dopo lo scoppio dellafoto 2 grandi donne clubhouse locandina seconda guerra mondiale, l'esercito sovietico occupò Leopoli e, nel settembre del 1939, il marito accusato di attività controrivoluzionaria venne arrestato e molto probabilmente assassinato. Nel giugno del 1941 Leopoli venne occupata dall'esercito tedesco, ed essendo ebrea dovrà vivere nel Ghetto continuando a prestare la sua opera nel II Policlinico.

1942, venne deportata con altre 15.000 persone al campo di sterminio.

E di lei non si seppe più nulla.

Muore tra il 1942 e il 1943, ma notizie certe sulle modalità e il luogo non se ne hanno, né di lei, né di Danuta e Jacob, i suoi due figli.foto 3 genitori addoloratiGenitori addolorati di Käthe Kollwitz

Antisemitismo, razzismo, discriminazione, un oscuro filo si dipana lungo l’arco dell’esistenza di Łucja Frey.

Nell’anno di nascita di Frey siamo in piena Belle Époque, un’epoca di invenzioni e di progressi. Era quello l’anno in cui si tenne a Parigi la seconda delle tre importanti Esposizioni Universali parigine di fine secolo. Quella del 1889 fu l’Esposizione che celebrava 100 anni di ‘libertà, uguaglianza e fraternità’ e in cui vide la luce la Torre Eiffel.

In questo clima di pace, di innovazioni tecnologiche e di speranza per un futuro di benessere per l’umanità, una delle attrazioni di maggior successo fu il villaggio africano. I villaggi africani o delle colonie erano dei veri e propri recinti per l’esposizione umana, in cui venivano esibiti i popoli cosiddetti esotici, dai senegalesi ai lapponi, dagli amerindi ai coreani, e tanti altri.

Furono la grande attrazione di tutte le manifestazioni espositive di questo tipo tra il 1870 e il 1940.

Nell’Esposizione internazionale a Bruxelles del 1897 si poteva leggere nei pressi del villaggio esotico un cartello con la scritta: “Non dare da mangiare ai congolesi. Sono stati nutriti."

Anche la Polonia dell’epoca era un paese attraversato dai progressi e dall’entusiasmo di quello scorcio di secolo, e proprio tra la Polonia e la Russia, degli anni in cui visse Frey, si forma Maria Gurwik-Górska, ossia Tamara De Lempicka.
La grande artista, di indole e vita molto diverse dalla Frey, si formò negli anni della Belle Époque e diventò famosa nel primo dopoguerra. Mentre Frey si occupava di comprendere e curare i mali fisici degli esseri umani, De Lempicka nei suoi freddi, raffinati, teatrali dipinti a modo suo indagava e restituiva il malessere dell’umanità di quel momento. Sfilano sotto i nostri occhi, attraverso i suoi ritratti, le algide e gli algidi rappresentanti di un mondo moderno di cui percepiamo un sottile disagio del vivere; una generazione schiacciata dagli orrori della prima guerra e che forse già presagiva l’imminente tragedia della seconda.

Sempre negli anni tra le due guerre operava una grande scultrice tedesca, Käthe Schmidt Kollwitz, che per tematiche trattate, dall’interesse verso i più umili fino alla denuncia degli orrori della guerra e di una maternità lacerata dalla morte della progenie, ci restituisce perfettamente l’Europa di quegli anni.

Una delle sue opere, Genitori addolorati, esposta nel 1932 è un manifesto contro le guerre e del grande dolore di un’intera generazione che ha visto svanire i propri figli nell’orrore della guerra.

Nel 1937, Ernst Toller, drammaturgo tedesco, disse di lei: “Noi tutti sappiamo che oggi Käthe Kollwitz vive a Berlino in miseria e nelle più grandi privazioni. Suo marito è deceduto. Gli artisti che si sono venduti a Hitler la evitano. Ma il popolo l’ama ancora come l’ha sempre amata. Lei sta in silenzio, ma il suo silenzio è eloquente. Esso accusa quegli uomini che fanno guerra al proprio popolo, quegli uomini che minacciano i popoli di altre nazioni, quegli uomini che spargono il seme dell’odio e dissacrano l’umanità”. 

Łucja Frey, come anticipato, verrà condotta nel campo di sterminio di Bełżec.

È bene ricordare che i campi di sterminio furono 6: Bełżec, Chełmno, Sobibór, Treblinka, Majdanek, e Auschwitz-Birkenau. Ben più numerosi i campi di concentramento che furono circa 57, e in quello di Mauthausen-Gusen verrà internato un altro concittadino di Frey, Simon Wiesenthal, uno dei più famosi sopravvissuti ebrei di Leopoli e futuro cacciatore di nazisti.

Accanto agli ebrei, centinaia di migliaia di persone disabili, rom e omosessuali vennero internate e trovarono la morte in questi campi.

Poco conosciuta è la presenza nei campi di concentramento di persone di origine africana.

Collocati al grado di bestia, perché neri, questi uomini e donne erano soggetti alle più degradanti e orribili umiliazioni.

Nella Germania degli anni ’20-’40 era presente una comunità di afro-tedeschi, definiti dai tedeschi con un termine dispregiativo e razzista, rheinlandbastard, e che furono deportati nei campi di concentramento ancor prima dello scoppio della guerra. Il lager, infatti, era una struttura già tristemente sperimentata dai tedeschi, e non solo dai tedeschi, i quali denominarono così i campi di concentramento che costruirono nel 1904 in Namibia per eliminare il popolo Herero contrario alla colonizzazione.

L’oscuro filo che collega la vita e la morte di Łucja Frey le trasforma in emblematiche finestre sull’epoca in cui visse. Conoscere la sua storia e quella della sua epoca è un dovere morale, non solo per restituire a lei il giusto ruolo che le spetta nella comunità scientifica, ma anche per strappare dall’oblio e dalle distorsioni di una certa strumentale disinformazione i tanti orrori perpetrati verso milioni di persone.

“Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.”

Primo Levi

 L’articolo è la sintesi della conversazione ‘Grandi Donne, scienziate che hanno fatto la storia. E di lei non si seppe più nulla’ che ho organizzato lo scorso 26 aprile su Clubhouse ospitati da Culturaitalia, club fondato da Andrea Valeri, esperto di politiche culturali, con la collaborazione di Angela Celesia, media planner, e Angela Squarcia, graphic designer.

Relatori:

Sonia R. Marino – architetto, ergonomo europeo, presidente di Integronomia ricerca e progettazione in ergonomia e sostenibilità, ideatrice e curatrice di Grandi Donne: scienziate che hanno fatto la storia.

Donatella Caione – esperta di comunicazione, attivista contro sessismo e violenza di genere, responsabile di Matilda editrice, specializzata in libri per l’infanzia.

Leonardo Catalano – storico dell’arte, insegnante, consulente di servizi didattici e fondatore di Narcisodautore specializzata nella creazione di percorsi culturali in Italia e nel mondo.

Simona Pinelli – vicepresidente Federeventi Confcommercio Ascom Bologna, assessore alla cultura e altre deleghe di Casalecchio di Reno, presidente di ComunicaMente che si occupa di eventi culturali, ufficio stampa e didattica per l’arte.

Gaia Riposati – attrice, performer, regista, autrice e co-fondatrice di Riavviaitalia piattaforma che raccoglie idee per il riavvio del paese.

Eleonora Sandrelli – esperta in gestione di musei, reti culturali e turismo esperenziale, responsabile Maec-Museo dell’Accademia Etrusca a Cortona, coordinatore di MeMuNet (Mediterranean Museums Network)

Mehret Tewolde – già prima dirigente donna allo IOR, oggi coach, si occupa di cooperazione internazionale e relazioni tra Italia e paesi africani, impegnata per la diversity&inclusion

Audio-video progetto Grandi Donne a cura di Sonia R. Marino in collaborazione con Integronomia, INBB, Ergolab-Unitus

Video Łucja Frey:

16-05-2021
Autore: Sonia R. Marino
Architetto European Ergonomist
Presiede Integronomia, ricerca in ergonomia e sostenibilità
meridianoitalia.tv