di Dante Fasciolo e Gianni Lattanzio
Fin dalla metà degli anni ’70 si affacciò alla ribalta delle considerazioni ambientali la necessità di inserire nella Costituzione Italiana il Patrimonio Naturale, esigenza ribadita con più determinazione negli anni ’90 attraverso iniziative di associazioni ambientaliste e di difesa della natura via via istituite e riconosciute dallo Stato.
Dunque, lungo e difficile è stato il cammino, che solo oggi ha raggiunto un’importante tappa: il Parlamento Italiano ha dato via libera all’inserimento della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi nella Costituzione.
Una svolta, rispetto al precedente pronunciamento, ritenuta “storica per il Paese che sceglie la via della sostenibilità e della resilienza nell’interesse delle future generazioni” così come si legge nell’esplicitazione del provvedimento da parte del Governo.
Cosi suonano ora gli articoli 9 e 41 modificati (in neretto le modifiche apportate).
-Articolo 9 “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.
-Articolo 41 “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.
Parole nuove che introducono nei principi fondanti della nostra Repubblica la tutela dell’ambiente…ma tutto ora è compiuto?
Abbiamo accennato al cammino, al buon passo, alla tappa raggiunta, ma le parole vanno ora rese esplicite.
Ad esempio, non c’è dubbio che l’enunciato riferito alla tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi inviti a pensare a salvaguardare il paesaggio dalle rinnovabili selvagge; ma questa esortazione si riferisce alla tutela generica dell’ambiente, in contrasto con l’antico enunciato che lo precede laddove si parla con chiarezza della tutela del paesaggio. Questa discrasia lascia pensare che di fatto si possa continuare a distruggere il nostro irripetibile paesaggio con troppo sbrigative applicazioni di moderne quanto discutibili tecniche contro il clima, in virtù dell’ammodernamento costituzionale.
In questo senso, si spera che le parole “biodiversità” ed “ecosistemi” possano essere interpretati sulla scorta di autentici impegni politici, giuridici e legislativi rispettosi di ogni singola visione prospettica, pur nella complessa e diversificata realtà contemporanea.
E’ tempo che un nuovo equilibrio etico, ecologico ed economico prenda in considerazione l’opinione matura e diffusa delle nuove generazioni verso le quali questa prima, sostanziale riformulazione dell’enunciato costituzionale sembra tendere consapevolmente.