di Marco Capellini

L’economia circolare, da intendersi come uso “efficiente delle risorse” (Circular Economy), ha riscosso negli ultimi anni un’attenzione sempre più crescente fino ad arrivare oggi, ad essere quasi lo slogan simbolo per contestualizzare interventi a carattere ambientale apportati (o da apportare) ad un prodotto, servizio, territorio o ad un sistema industriale.

Il dibattito, avviato in sede Comunitaria, ha portato alla presentazione di un Action Plan da parte della Commissione UE nel 2020, a seguito del quale imprese, associazioni, consorzi e pubbliche amministrazioni europee ed extra-europee stanno ancora dibattendo sul tipo di approccio da seguire e sulle modalità più funzionali da applicare per raggiungere risultati utili al sistema.

Quello su cui tutti sono d’accordo, e dimostrato da recenti studi internazionali, è che un serio approccio a modelli di economia circolare può generare opportunità di lavoro e nuove opportunità di business.

Di fronte a questo acceso e aperto dibattito “politico”, resta comunque il fatto che esiste la necessità di dover contestualizzare le misure adottate con strumenti in grado di monitorare le azioni introdotte ed i successivi risultati raggiungibili e raggiunti.

E’ necessario perseguire azioni che prevedano l’impiego di strumenti e metodologie in grado di dare concretezza a modelli di economia circolare funzionali per il nostro paese. Se cosi non fosse, il rischio è di intraprendere azioni senza obiettivi precisi e senza la garanzia che la strada intrapresa sia efficace per la salvaguardia delle risorse naturali.

Se l’intenzione è quella di perseguire seriamente un piano nazionale di economia circolare, al fine di valorizzare e tutelare le risorse impiegate per la produzione di beni e servizi, è opportuno, da subito, chiarire una serie di aspetti che possano permettere, in modo particolare alla imprese del made in Italy, di perseguire corrette azioni di sviluppo dei nuovi prodotti e servizi. E’ necessario fare in modo che tutte le imprese, micro, piccole, medie e grandi, abbiano gli strumenti per cercare la migliore soluzione da pianificare e perseguire negli anni, per evitare di sviluppare progetti che poi si possono rivelare non idonei con perdita di tempo e denaro.

Dalla rinnovabilità alla circolarità dei materiali

La salvaguardia delle risorse naturali è sempre stata uno dei aspetti centrali nella legislazione nazionale e comunitaria, con l’obiettivo di tutelare e salvaguardare il patrimonio “naturale” ed evitare la dispersione delle stese.

Nello specifico, se parliamo di prodotti e quindi di materiali, la rinnovabilità è da intendersi come la capacità di un materiale di rigenerarsi col tempo (mesi o anni) per poi tornare a disposizione del sistema.

Una risorsa rinnovabile si dice anche "sostenibile", se il tasso di rigenerazione della medesima è uguale o superiore a quello di utilizzo. Tale concetto implica la necessità di un uso razionale delle risorse rinnovabili ed è particolarmente importante per quelle risorse - quali, ad esempio, le forestali - per le quali la disponibilità non è indefinita, rispetto ai tempi d'evoluzione della civiltà umana sulla Terra, quali invece, ad esempio, le fonti solari o eoliche.

L'aumento della popolazione mondiale, il continuo cambiamento degli stili di vita, il consumismo, i prodotti usa e getta stanno portando sempre più ad un elevato sfruttamento delle risorse naturali e questo è un aspetto che necessariamente va controllato per favorire appunto materiali e prodotti della rinnovabilità.

Il costante aumento della domanda di risorse, senza un adeguato controllo dei consumi, porta inevitabilmente ad un fallimento del sistema: fallimento che significherebbe una grossa sconfitta sia sul piano ambientale ma anche economico.

Le politiche ambientali e gli accordi internazionali dei diversi paesi, sono orientati a cercare di salvaguardare le risorse ambientali anche attraverso strumenti e strategie che non sempre vengono percepite ed interpretate dal consumatore. Il dibattito spinto sull’economia circolare e la volontà della Commissione Europea di creare un circolo virtuoso di tutti i rifiuti è sicuramente un primo passo importante.

Un tema complesso che però necessita di essere portato direttamente all’attenzione del consumatore, per renderlo responsabile delle scelte di acquisto e permettergli di conoscere la “rinnovabilità” del prodotto.

Partendo da questo principio e dalla necessità di coinvolgere attivamente il consumatore nelle scelte di acquisto, abbiamo avviato da due anni un progetto per la costruzione di "indici di rinnovabilità", dove l'obiettivo è di mettere in relazione un prodotto industriale con il tempo di ricrescita dei materiali impiegati per realizzarlo e quindi delle risorse naturali necessarie. Il concetto è di arrivare a creare un rapporto di responsabilità dell’azienda per le scelte materiche di prodotto, dove il consumatore sarà poi in grado di valutare e decidere la “qualità di un prodotto” anche in relazione ai tempi di rigenerazione del materiale impiegato.

La capacità di progettare un nuovo prodotto in funzione della rinnovabilità dei materiali impiegati, va senza dubbio nella direzione di un’efficace strategia di economia circolare. Se poi questo prodotto può, e deve essere recuperato e riciclato, vuol dire che la risorsa continua ad essere a disposizione del sistema, innescando in questo modo un circolo virtuoso per cui il rapporto tra prelavato e consumato non può che essere positivo.

Misurare la circolarità dei prodotti

Oltre all’aspetto di valutare la rinnovabilità dei materiali impiegati, è altresì importante per le imprese, poter quantificare o misurare la circolarità di un prodotto.

Ci troviamo di fronte ad una tematica, per quanto delicata e complessa nello stesso contempo, che non può e non deve non tener conto di una serie di aspetti quali:

-             l’impiego di indicatori unici sul flusso di massa dei materiali per poter arrivare ad un risultato unico, misurabile e confrontabile tra tipologie di prodotti,

-             la differenziazione delle tipologie di risorse impiegate; materie prime da fonte rinnovabile e non rinnovabile, materiali riciclati,

-             la determinazione del limite temporale per cui un materiale può essere definito da fonte rinnovabile ,

-             gli aspetti sociali della filiera produttiva (supply chain),

-             la valutazione degli impatti ambientali che materiali e processi determinano lungo tutto il ciclo di vita con particolare attenzione alle emissioni di CO2, che sono al centro di obiettivi di riduzione comunitari ed internazionali,

-             la riduzione dei consumi energetici,

-             il coinvolgimento attivo del consumatore nelle scelte di acquisto di un prodotto virtuoso mediante una comunicazione semplice e comprensibile.

Seguendo i principi base espressi dall’economia circolare, e cioè la salvaguardia delle risorse naturali e la valorizzazione della materiali impiegati anche attraverso il riuso e riciclo, si tratta di a questo punto di decidere in che modo valutare e misurare azioni e risultati.

La redazione di un bilancio di circolarità basato sul principio input - output, deve essere effettuata seguendo diversi livelli di approfondimento che, a secondo degli obiettivi da raggiungere, può o meno tener conto di diversi parametri. A tale riguardo è importante lasciare spazio alle imprese di applicare personalizzazioni di bilancio, sulla base degli obiettivi da raggiungere o delle esigenza di settore.

E’ evidente che le maggiori criticità nel valutare la circolarità di un prodotto si manifestano per le aziende i cui prodotti non hanno una gestione di recupero del fine vita e che quindi non sono parte di un sistema di Responsabilità Estesa del Produttore (EPR). In questo caso per l’azienda si tratterà di capire quale strategia perseguire per evitare di avere prodotti con circolarità materica pari allo 0%.

Ad essere avvantaggiate sono le aziende i cui prodotti fanno già parte di un sistema di raccolta e recupero tramite consorzi di filiera oppure aziende che si sono organizzate tramite sistemi autonomi di recupero. Per i consorzi di filiera si apre in questo caso un’opportunità di rilancio, in quanto gestori e detentori dei dati di output dei prodotti.

I risultati raggiunti devono poi essere strumento di comunicazione verso il mercato ed in modo particolare verso il consumatore. L’applicazione della metodologia di calcolo ad una serie di aziende racchiuse in un territorio (come ad esempio i distretti), permetterebbe di aggregare ed ottenere risultati per scale dimensionali che possono andare da quella comunale a quella nazionale.

L’economia circolare può diventare strategia di azione utile per la salvaguardia delle risorse naturali, solo se gli strumenti applicativi sono in grado di misurare le reali performances di prodotto e tengono conto delle reali capacità aziendali di intraprendere azioni di monitoraggio e miglioramento. L’Italia, che è un paese fortemente caratterizzato da piccole e medie imprese, non può pensare di raggiungere risultati utili senza un coinvolgimento attivo di queste imprese. E’ quanto mai necessario un approccio graduale e in primis volontario.

Troppe aziende utilizzano la sostenibilità e la circolarità come strategia di marketing nascondendosi dietro spot e slogan che evidenziano la riciclabilità del prodotto senza espressamente dire chi è il soggetto che poi ricicla quel prodotto. Messaggi irresponsabili a discapito del sistema, del consumatore e di quelle aziende che invece seriamente sono in grado di gestire l’intero ciclo di vita di un prodotto e di salvaguardare le risorse.

L’importanza del coinvolgimento del consumatore

Oltre alla responsabilità delle imprese, è giusto e necessario sottolineare che ci deve essere una responsabilità da parte del consumatore. Il mancato recupero di una buona parte dei rifiuti generati a livello nazionale è da imputare al consumatore il quale non comprende ancora in pieno l’importanza della valorizzazione delle risorse e per tanto la mancanza di un corretto conferimento del rifiuto causa inevitabilmente la perdita di risorse. Per correttezza e per rispetto di quei consumatori che si cimentano da anni in un’attenta e peculiare azione di differenziazione dei rifiuti, va detto che il problema maggiore persiste prevalentemente nelle grandi città ed in alcune zone geografiche e che comunque negli anni c’è stato un lento ma costante miglioramento.

Per raggiungere risultati e obiettivi di significativo interesse nella salvaguardia delle risorse naturali, è necessario orientare le scelte del consumatore attraverso strumenti informativi/formativi chiari, trasparenti che permettano di mettere in relazione la scelta e l’acquisto di un prodotto con la quantità di risorse impiegate e il tempo necessario per rigenerarsi: in questo modo il consumatore è chiamato a rispondere direttamente delle proprie scelte di acquisto.

Un grosso sforzo deve essere fatto con la comunicazione e con il coinvolgimento diretto del consumatore per trasmettere messaggi chiari ed incisivi. Quello che molti consumatori non hanno ancora chiaramente capito è che una scorretta gestione del fine vita dei prodotti porta inevitabilmente ad un aumento dei costi di gestione che il consumatore stesso dovrà sostenere.

In conclusione è importante puntualizzare che il processo di riciclo rappresenta solo una delle fasi della circolarità. L’economia circolare identifica un modello industriale ancora prima che ambientale. A fronte della scarsità di risorse e ad un aumento della popolazione mondiale, ogni paese europeo per guadagnarsi la propria indipendenza e affrancarsi da esternalità economiche, deve recuperare e valorizzare le proprie risorse. Il rifiuto insomma deve diventare un business economico per gli aspetti di recupero e riciclo e non per quelli di destinazione in discarica.

È necessario pianificare una strategia con obiettivi concreti e misurabili. Da questo punto di vista è fondamentale affrontare il tema tenendo conto delle verticalità dei diversi comparti industriali e non guardare solo alle buone pratiche di sistema.

09-12-2021
Autore: Marco Capellini
CEO Matrec srl
meridianoitalia.tv

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